Mese: <span>Febbraio 2009</span>

Solo io e te / tutto il resto è superfluo / oggi più che mmmai!!!: scritta a grandi caratteri sull’asfalto di via degli Orti di Trastevere, davanti alla sede nazionale delle Acli. Piazzata in modo che la ragazza o il ragazzo (e con lei/lui tutto il condominio) la veda dalla finestra, affacciandosi la mattina. Mi è stata segnalata da un visitatore discreto del blog, Alessandro Iapino, che si dice incuriosito dalla finale “oggi più che mai”: che sarà successo? Hanno vinto alla lotteria? Lei è incinta? Hanno rotto con le due famiglie?

Si è appena affacciato nella Rete il blog di Giuseppe De Carli, responsabile di Rai Vaticano, che ha scelto la doppia testata “Rai Vaticano – Rai Religioni” e ha lanciato l’inchiesta Dite la vostra sull’informazione religiosa in tv e in radiohttp://raivaticano.blog.rai.it/. Invito i visitatori a visitarlo e intanto pongo una seconda domanda per la mia indagine sui blog (vedi post del 14 febbraio: Chiedo aiuto per una ricerca sui blog a ringhio): come si spiega che tra i visitatori dei blog a tematica cristiana gli amanti della tradizione sono più numerosi di quanto non lo siano tra i frequentatori delle conferenze e dei convegni che si tengono nelle associazioni, nelle parrocchie e nelle diocesi d’Italia? Parlo sulla base dell’esperienza: da più di trent’anni tengo incontri in tutta Italia – come si può vedere dagli appuntamenti che segnalo nella pagina “Conferenze e dibattiti” elencata sotto la mia foto – e stimo di aver avuto nell’insieme sì e no una “domanda” su dieci ispirata al tema della tradizione mentre esso è vivacemente presente tra i ” commenti” di questo blog, alla pari – direi – con il tema dell’aggiornamento. Perchè l’attaccamento alla vecchia liturgia si esprime di più nella Rete che nelle sale della comunità? Perchè nella realtà è dominante la sollecitazione a nuove forme di esercizio del Primato del Vescovo di Roma in modo che possa essere accettato da tutte le Chiese, mentre nella Rete domina la preoccupazione che nulla si perda delle modalità tradizionali di quell’esercizio? Perchè nelle parrocchie si domanda come accogliere gli omosessuali senza dimenticare la condanna biblica dell’omosessualita mentre nei blog questa è considerata una questione secondaria e prevale l’urgenza di riaffermare il monito biblico?

“Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi. Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate. Ho espresso alla televisione svedese solo un’opinione (…”Io penso”…”Io penso”…) di un non-storico, un’opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico. Gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata. Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto. Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l’umanità. +Richard Williamson, Londra 26 February 2009 – E’ inevitabile che gli scandali avvengano, l’importante è trarne – se possibile – un insegnamento. Stavolta a mio parere è stato possibile. Immagino che domani si possa avere un vantaggio anche dalla ritrattazione delle ripetute affermazioni dello stesso Williams e del confratello vescovo lefebvriano Tissier de Mallerais sul Concilio, sulla riforma liturgica di Paolo VI e sulle eresie di cui sarebbe responsabile il teologo Joseph Ratzinger. Vedi post dal 24 gennaio al 4 febbraio.

Ho preso le ceneri stamattina alle nove nella Cappella Giulia di Santa Maria Maggiore e le ho ricevute con la formula tradizionale: “Ricòrdati che sei polvere e in polvere tornerai”. Il prete ha raccomandato il digiuno e l’astinenza, ma subito dopo al market mentre compravo il pane ho visto l’abbondante offerta di “chiacchiere” e bignè e mi son detto che la medievale “contesa tra il carnevale e la quaresima” oggi è destinata a svolgersi tutta all’interno delle persone, dato che sulla scena pubblica il carnevale ha vinto su tutta la linea. Questo rientro in sé del resto non dovrebbe contristare il cristiano che in chiesa ha appena ascoltato dal Vangelo di Matteo il monito: “Quando digiunate non assumete aria malinconica”. Ho trovato una conferma a questi pensieri a fine mattinata, uscendo dalla metro a Lepanto e avviandomi per via Marcantonio Colonna, quando ho letto sulla sinistra tre scritte a simbolica contesa tra carnevale e quaresima: “La vita è bella” diceva la prima, “Ma purtroppo c’è la fine del mondo” contraddiceva la seconda, “Vaffanculo stronzo” protestava la terza.

Passarono due belle ragazze che erano venute al nostro convoglio. Io ero senza giacca per quel tepore serale e avevo la manica della camicia che lasciava quasi completamente scoperta la spalla per un grande strappo. Si fermarono di fronte a noi. Indicarono lo strappo della mia camicia e, sorridendo, chiesero di poterlo riparare. Così parlammo: erano due con cittadine (…) Salvatore disse che aveva lo stomaco vuoto. Io dissi che era una bella scoperta. E cominciai a parlare di pane bianco, di riso coi fegatini, di polli, di vitello arrosto, di frutta, di panettoni  magari. Tutti mi pregarono di tacere. La ragazza più alta si alzò e andò a portare la camicia – così disse – nella baracca. Quando si risedette tra noi, aveva una fetta di pane. Era la sua razione del giorno. Eravamo tutti silenziosi. La ragazza chiese se avevamo un temperino. Naturalmente non l’avevamo. Alle nostre obiezioni disse che quel giorno non aveva fame e spezzò il pane con le mani in cinque parti. Mangiammo in silenzio. ‘Perché siete silenziosi?’ Disse la ragazza più piccola”: E’ un brano del libro di Carla Liliana Martini di cui ho parlato al post precedente (pp. 62-64). Questo passo rappresenta a mio avviso il top cristiano del volumetto.  Siamo nel “Campo di smistamento n.39” di Linz, a venti chilometri da Mauthausen. La voce narrante è di Andrea, che sposerà Teresa, sorella di Carla Liliana, conosciuta nel lager: quella che indica come “la ragazza più piccola”. Siamo verso la fine dell’estate del 1944.

“Un mattino, sarà l’8 o il 9 agosto [1944], ci fanno uscire dalla cella e ancora una volta siamo costrette a spogliarci. Ci fanno quindi entrare in un ambiente ampio, tutto piastrellato di bianco, dal cui soffitto pendono tanti soffioni per docce (così almeno sembrano).  Nude, aspettiamo con comprensibile ansia gli spruzzi ristoratori sui nostri corpi. Ma veniamo fatte uscire e a ognuna è consegnato il fagottino dei suoi stracci tolti all’entrata, allorchè ci hanno schedate. Solo in seguito abbiamo capito di essere entrate nella camera a gas, ma di esserne miracolosamente uscite vive: le uniche, penso, in tutta la vicenda concentrazionale del Terzo Reich. Perché un simile trattamento per noi? Una risposta plausibile ci è venuta da quanto ci sarà in seguito riservato”: è una briciola del racconto di Carla Liliana Martini, nel volumetto Catena di salvezza pubblicato nel 2005 dalle Edizioni Messaggero di Padova (vedi alle pp. 55-56). A me questo sembra un caso di uso delle camere a gas per disinfestazione: subito prima la Martini aveva narrato della maniacale preoccupazione igienica dei responsabili del campo di Mauthausen riguardo ai pidocchi. Chiedo aiuto a chi ne abbia la competenza per sapere se la discussione specialistica abbia chiarito qualcosa su un eventuale uso delle camere a gas per disinfestare chi era destinato ai lavori forzati, oltre che per eliminare chi non era più grado di lavorare o chi veniva condannato a morte. O dobbiamo spiegare la mancata esecuzione con un ripensamento avvenuto mentre le prigioniere era all’interno della camera? L’allusione a “quanto ci sarà in seguito riservato” è al lavoro cui saranno avviate. (Segue nel primo commento)

“No cultura – Sì alla vita – Fate la pace – La Patria è sacra e dono di Dio”: scritto con gessetto bianco su uno sportello di ferro nel muro di Palazzo Venezia a Roma, tra l’ingresso principale e quello della Cappella della Madonna. Le sedici parole sono tracciate dalla stessa mano e con lo stesso gesso. L’autore pare incline a fare suo ogni motto che risuoni nella grande piazza.

“Troppo facile amare chi ci fa del bene, la vera sfida è riuscire a perdonare chi ci perseguita. Lo dice nostro Signore, ama il tuo nemico. Se adesso che mi hanno tolto Giuseppe io non ne fossi capace, tradirei anche lui e tutto ciò per cui è andato in Iraq”: così parlò nei telegiornali dell’11 novembre 2003 Margherita Coletta, la vedova di Giuseppe, uno dei carabinieri morti a Nasiriyah. Margherita – di cui nel post del 7 febbraio abbiamo letto un parere su Eluana Englaro – non ha smentito negli anni quelle parole cristiane e così le conferma in un libro che ha scritto in dialogo con Lucia Bellaspiga, giornalista di Avvenire: “Lo diciamo tutti i giorni nel Padre nostro: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Lo stesso Gesù ci ha lasciato il comandamento di perdonare settanta volte sette, cioè sempre. Non vedo allora perché debba sembrare così eccezionale se un cristiano perdona chi gli ha fatto del male. Per un credente semmai dovrebbe essere strano il contrario”. (Segue nel primo commento)

“Le nostre città hanno bisogno di voi, non abbiate un’idea della fede troppo intimistica, Gesù parlava per le strade, entrava nelle case, non faceva differenze, sapeva meravigliare, era discreto e deciso. Al suo passaggio saliva la lode a Dio perché annunciava l’Evangelo. Non rinchiudetevi mai, la Chiesa è aperta al mondo”: è un brano dell’antologia di discorsi ai giovani tenuti negli anni milanesi dal cardinale Martini, raccolti – dall’editrice “In dialogo” – nel volume Liberi di credere. I giovani verso una fede consapevole (vedi la mia introduzione nella pagina “Prefazioni e capitoli” elencata sotto la mia foto) che è stato presentato questo pomeriggio alla Statale di Milano. Ero tra i presentatori e riporto queste parole che mi paiono adatte a dire un aspetto di ciò che intendo fare con questo blog (la citazione è alla pagina 140). Un altro spunto – sempre in funzione del blog – lo trovo a p. 158, nel paragrafo “Parlare lingue nuove”, dove le “lingue nuove” sono “tutti i linguaggi della cultura contemporanea”. Il cardinale lo propone come uno dei “cinque segreti del credente”: gli altri sono “Imporre le mani ai malati”, “Scacciare i demoni”, “Affrontare i serpenti”, “Bere il veleno”. E qui non spiego niente così qualcuno compra il libro. (Segue nel primo commento)

“Non siate motivo di scandalo nè ai Giudei, nè ai Greci, nè alla Chiesa di Dio, così come io mi sforzo di piacere a tutti in  tutto”: Paolo di Tarso, Prima lettera ai Corinti, capitolo 10.