Mese: <span>Ottobre 2010</span>

Ciarrapico sul partito delle kipà: grave.
Berlusconi e le barzellette: non grave.
Bossi sui romani “porci”: non grave.
Commissione di inchiesta sulla magistratura: grave.

L’opera d’arte più bella, il capolavoro dell’essere umano è ogni suo atto di amore autentico, dal più piccolo, nel martirio quotidiano, fino all’estremo sacrificio. Qui la vita stessa si fa canto: un anticipo di quella sinfonia che canteremo insieme in Paradiso“: parole di papa Benedetto  dette venerdì a conclusione del concerto offerto dall’Eni. Mi piace proporle ai visitatori – su suggerimento di una visitatrice che si firma Corinna – come antidoto, dice lei, a “questo clima di odio, di rivendicazioni, di parolacce e frasi irripetibili”; e “nella speranza di partecipare un giorno a quella sinfonia lasciando qui giù tutto questo assordante e disarmonico rumore”. – Sono a Jesi per una conferenza e da qui saluto e auguro buona domenica.

Avendo qui criticato Belpietro, qui lo difendo. Disapprovo i titoli di LIBERO ma difendo il suo diritto a farli. L’episodio mostra l’utilità delle scorte.

«I santi sono l’unico messaggio cristiano che “arriva” davvero, dopo il Vangelo. Ma noi cristiani non li sappiamo raccontare. Facciamo i moralisti e il mondo sbadiglia»: intervistato dalla rivista Città Nuova, così straparlo a proposito di Chiara Luce Badano (vedi post del 26 settembre). E ancora: «I responsabili dei media ritengono noioso il cristianesimo, che invece, quando è vero, è di fuoco. Si tratta di un pregiudizio laicista e di una pigrizia culturale. Sono i nostri media a essere noiosi». Approfitto del microfono per buttare là alcune idee strampalate: «Se fossi un regista di cinema, il personaggio di Maximilian Kolbe lo farei interpretare da Roberto Benigni. Per Raul Follereau vorrei Antonio Albanese e una canzone su Chiara Luce la proporrei a Paola Turci: “Non è così che si fa – non è così che si fa”. Il dono che ha avuto Chiara Luce di guardare in faccia “sorella morte” potrebbe risultare dirompente se proposto con immediatezza a una generazione che con la morte gioca inconsapevolmente».