Mese: <span>Agosto 2014</span>

«Starò in Africa finché sarà necessario per organizzare al meglio il nostro team di medici, infermieri e personale di supporto, per dare assistenza alle autorità sanitarie locali negli interventi di salute pubblica sulla comunità e per assistere direttamente i casi sospetti, conclamati e certificati di Ebola. La mia è una scelta di condivisione che risale alla gioventù»: parole di Giovanni Putoto, di “Medici con l’Africa Cuamm”, padovano, specialista di malattie tropicali con una lunga presenza in Africa lungo gli ultimi due decenni. Giovanni sta facendo la spola tra l’Italia e la Sierra Leone, dove ultimamente sono morti missionari e loro aiutanti impegnati a soccorrere i malati. Lo festeggio con un bicchiere di Vino Nuovo.

Dalla vicenda di Meriam al tentativo di trattare con Putin, all’attenzione per il dramma dell’Iraq, all’impegno per ottenere un aiuto comunitario nel Mediterraneo: da quanto ha detto e fatto fino a oggi, ho un briciolo di fiducia che Federica Mogherini possa aiutare l’Europa a veder il mondo com’è e non secondo le ideologie ricevute dal passato. C’è bisogno di occhi nuovi e di volontà di cambiamento.

Il samaritano non chiede fin dove arrivino i suoi doveri di solidarietà e nemmeno quali siano i meriti necessari per la vita eterna. Accade qualcos’altro: gli si spezza il cuore; il Vangelo usa la parola che in ebraico indicava in origine il grembo materno e la dedizione materna. Vedere l’uomo in quelle condizioni lo prende «nelle viscere», nel profondo dell’anima. «Ne ebbe compassione», traduciamo oggi indebolendo l’originaria vivacità del testo. In virtù del lampo di misericordia che colpisce la sua anima diviene lui stesso il prossimo, andando oltre ogni interrogativo e ogni pericolo. E’ un brano del commento di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI alla parabola del samaritano contenuto nel primo volume del “Gesù di Nazaret” (Rizzoli 2007, alle pagine 231ss). Nel primo commento dico perchè lo riprendo, nei seguenti riporto altri brani.

“Non chiedere permesso / credi in te stesso”: scritta a tratti decisi, in nero, su un muro di via Aurelia 134, a Santa Marinella, a sinistra di chi sta per entrare in paese.

“Ho detto al Santo Padre che mia madre prega per lui e che lo invita in Pakistan, nonostante la situazione dei cristiani lì sia difficile. Lei, però, ci tiene, per quanto sia complicato. I cristiani sono suoi figli e penso che un padre, in un momento di difficoltà, deve ricordarsi di loro. Ho visto il Santo Padre commosso, ha chiuso gli occhi, ha stretto la mano di mia madre e l’ha abbracciata. Questo ha significato tutto. Poi, le ha detto: sono con voi, Dio vi benedica”: così Paul Bhatti oggi alla Radio Vaticana.

“Regalo gattini. Sono cinque: uno completamente nero, uno nero con macchiette marroni, due neri con macchiette bianche, uno tutto tigrato. Hanno 20 giorni”. L’annuncia un foglio alla parete di un bar in via Roma 19 nel paese incantato di Terranuova Bracciolini, Arezzo. Lodo il borgo con le vie a scacchiera, il panino con tonno e giardiniera, i mici in dono.

Manzoni 13. “Spiccava tra questi, ed era lui stesso spettacolo, un vecchio mal vissuto, che, spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa, agitava in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi, con che diceva di volere attaccare il vicario a un battente della sua porta, ammazzato che fosse”: il vecchio malvissuto che aizza la folla nel capo 13 dei Promessi sposi mi entrò per gli occhi alla prima lettura del romanzo e mai l’ho perso di vista nel mezzo secolo e qualcosa che è poi sopravvenuto. E’ il capitolo dell’assalto al “vicario di provvigione”, dove Renzo con altri s’adopera a fare strada al gran cancelliere Antonio Ferrer, che corre in soccorso del vicario. A specchio del vecchio malvissuto lo stesso capitolo segnala la “decorosa vecchiezza” del gran cancelliere. Vedila nel primo commento.

“Quel giorno vennero rovesciati gli altari degli dei e lanciati sassi contro i templi” si legge al paragrafo V della vita di Caligola scritta da Svetonio. E’ il giorno della morte di Germanico, padre di Caligola, amato da tutti perchè provvisto di “ogni qualità del corpo e dell’animo”. Lapidata sunt templa: noi non conosciamo, per fortuna, il lancio dei sassi contro i templi. Noi lanciamo bestemmie e questo è un vantaggio, almeno per i templi.