Mese: <span>Aprile 2015</span>

E’ un ottonario niente male che mi è venuto verso Arezzo, andando stamane da Roma a Mantova per una conferenza. Felice di guardare.

“Cristiani pronti a partire per soccorrere i più bisognosi in semplicità e povertà, esercitando l’arte di farsi accogliere e portando la gioia del Signore: uno dirà che sono i motti di papa Francesco, ma sono anche tutti in Francesco Canova (1908-1990). Persino la convinzione di non poter giudicare un gay che cerchi Dio”: sono le prime promettenti righe di un mio laborioso articolo pubblicato dalla rivista “Il Regno” riguardante la straordinaria attualità della lezione cristiana del fondatore di “Medici con l’Africa Cuamm”.

Salvini, leader in ascesa, spara sui campi Rom come una volta Bossi sui gommoni dei migranti. “Gli do la possibilità di vivere come gli altri” dice a dimostrazione della sua larghezza di vedute. Ma quella possibilità gliel’hanno data sempre tutti, compreso Hitler, senonché loro non sanno e non possono e non vogliono vivere come gli altri e occorre trovare un compromesso tra la loro gelosa identità e il nostro acuto disagio. A tale scopo le ruspe per “radere al suolo i campi Rom” non servono. Servirebbe che il Salvini ascendente perdesse anche solo un voto – rispetto alla precedente consultazione – in ognuna delle regioni che stanno per votare. Lo vedo improbabile, ma se ciò accadesse – come capitò a Bossi dopo gli spari sui gommoni – farei la stessa festa che feci allora. La farei anche a nome degli intrattabili Rom.

“Rispettare le tradizioni è un modo per rispettare se stessi. Per una donna avere coscienza di sé significa saper dominare il proprio fascino e la forza che la femminilità può avere anche nelle sedi decisionali. Toccando le note giuste, una voce morbida può dirigere l’intera sinfonia”: parole di Maryam Matar, sottosegretario a Dubai, che ho letto il 29 marzo in un’intervista al “Corriere della Sera” intitolata Io, medico con il velo, così concilio Islam e libertà. Voglio bene a Maryam. Le parole che apprezzo di più: “Dominare il proprio fascino”.

“Pace chiediamo per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne”: rientrato a Roma dalla visita pasquale ai parenti delle Marche, risaluto i visitatori con le giuste parole di Papa Francesco dette a mezzogiorno dalla Loggia di San Pietro. Mondo sottomesso ai trafficanti: il sistema in cui siamo prevede il libero commercio delle armi. Da qui grandi affari e grandi stragi. Noi italiani niente male in quel traffico nel quale si guadagna con il sangue.

Dai parenti per Pasqua, finalmente ho visto le Grotte di Osimo. Sono nato da queste parti (a Recanati) e conosco bene l’Osimo di sopra, so del decumano e del cardo che s’incrociavano dov’è la piazza del Comune e di Cesare che nella “Guerra civile” dice che Auximun proficiscitur, marcia su Osimo. Ma la vecchia guida del Touring che ho in casa (ed. 1962) neanche le nomina, queste grotte del mistero, che sono studiate da 15 anni e che pare abbiano uno sviluppo di più di nove chilometri. Conservano tracce dei piceni, dei romani, del Medioevo francescano, dei Templari, della Massoneria. Ho visto quella “del Cantinone” e mi è venuta voglia delle altre e della cisterna che è sotto la piazza del comune e ancora non è visitabile. Se fate mare sulla riviera del Conero, andatele a vedere. Danno un’idea di quanto abbiamo vissuto e non sappiamo.

“Un atto di brutalità insensata”: così il Papa ha definito la strage compiuta ieri all’Università di Garissa, in Kenya con un bilancio finora di 147 morti, uccisi dai fondamentalisti somali al Shabaab. Francesco esprime profondo dolore per questa “immensa e tragica perdita di vite”, prega “per una conversione del cuore” degli attentatori e invita tutti a “raddoppiare gli sforzi per porre fine alla violenza e accelerare l’alba di una nuova era di fratellanza, giustizia e pace”.

“E io laverò, oggi, i piedi di dodici di voi, ma in questi fratelli e sorelle siete tutti voi: tutti, tutti. Tutti quelli che abitano qui. Voi rappresentate loro. Ma anche io ho bisogno di essere lavato dal Signore, e per questo pregate durante questa Messa perché il Signore lavi anche le mie sporcizie, perché io diventi più schiavo di voi, più schiavo nel servizio della gente, come è stato Gesù”: così poco fa ha parlato Francesco nella chiesa del carcere di Rebibbia. Ha lavato i piedi a sei donne e sei uomini. Chi piange e dice “grazie”, chi gli stringe il braccio, uno china la testa a toccare quella di colui che lo lava, una piange e basta. Una donna nera ha in braccio un bimbo e il Papa bacia lei e lui abbracciandoli in un sorriso.