Lasceremo la tradizione ai lefebvriani? Io dico “no”

Lasceremo la tradizione ai lefebvriani? E’ la domanda che ho proposto l’altro ieri alla libreria “multimediale” delle Paoline di via del Mascherino, a Roma, presentando un utile instant book dei colleghi Valli e Lorenzoni, La tradizione tradita. La Chiesa, gli ebrei e il negazionismo (Edizioni Paoline, pp. 79, 9 euro). Ho sostenuto che tradisce la tradizione chi non ama più la preghiera dei padri ma anche chi la blocca – come in un fermo immagine – tra la seconda metà del secolo XVI e la prima metà del XX. Ho ricordato la mia partecipazione (vedi post del 15 marzo) a una celebrazione lefebvriana a Roma: “C’erano giovani, famigliole con bambini. Si pregava bene, con benefico distacco dai fatti correnti”. Come Valli e come Lorenzoni io preferisco la nuova liturgia, ma vorrei che recuperasse dall’antica – ancora viva – quella capacità di stare davanti al mistero. Appoggio dunque pienamente il generoso tentativo di Papa Benedetto che tende la mano ai tradizionalisti, ai quali chiedo: “Ma non è tradizione anche il Vaticano II, il papa polacco e il papa tedesco ad Auschwitz e al Muro del Pianto, le loro visite alle sinagoghe e alle moschee, Edith Stein e gli altri martiri cristiani della Shoah?” Vedi i partecipanti alla presentazione alla pagina “Conferenze e dibattiti” elencata sotto la mia foto, dove trovi il link al testo della mia relazione.

91 Comments

  1. Caro Luigi, concordo con te. Tempo fa – ancora seminarista – ero a Parigi in “gita scolastica”. Girelavamo alla ricerca di una chiesa dove pregare, era una domenica sera. Di chiesa in chiesa, una più malridotta dell’altra, siamo entrati, attirati da un bel canto gregoriano che si sentiva dalla strada, nell’ennesima. Pulita, ordinata. La Messa era appena terminata, la comunità – persone di ogni età ma tanti giovani – cantavano a Maria. Ci siamo detti: ecco una bella chiesa, una bella comunità! Pochi momenti dopo un mio compagno – curiosità del destino quello più “tradizionalista” tra noi – ci strattona mostrandoci un bel manifesto di mons. Lefebvre. Achhh, l’unica chiesa cattolica di Parigi che abbiamo trovato era.. lefebvriana!

    Mi piace pensare che da questo strappo, da queste posizioni così contrapposte possa nascere qualche cosa di buono, proprio in quel che tu dici, senza mistero in cosa ci tuffiamo? Forse in asciutto razionalismo?

    17 Aprile, 2009 - 7:55
  2. antonio peschechera

    dice bene don Luca: l’unica Chiesa cattolica di Parigi, trovata era…lefebvriana. Il Vaticano II è tradizione solo quando riconosce la Tradizione di tutti gli altri Concili: se lo facesse crollerebbe malamente. La santità o il sangue dei martiri non è messo in discussione nei colloqui che ci saranno, spero, tra Roma e la Fraternità San Pio X: ciò che veramente non va assolutamente è la situazione che si è venuta a creare nella Chiesa Cattolica con lo spirito del concilio, con lo sfacelo quasi totale dei sacramenti e del senso del mistero del Santo Sacrificio che mai potrà venir fuori da una Messa celebrata con chirarrina e bongo.

    17 Aprile, 2009 - 8:27
  3. mezzo OT (rubo il mestiere ali mio “compagno di merende” Alessandro Iapino, ma merita). A proposito dei bambini alla Messa…

    Veglia di Pasqua. La giovine famiglia di un mio caro amico partecipa con le due bimbe piccole. Non contenta, M., la grande (6 anni) la mattina dopo chiede ai nonni di andare anche alla Messa con loro.
    A pranzo, tutti insieme, il papà chiede a M.: “Ma allora ti piace davvero andare alla messa?”. E lei (testuale): “Un po’ sì e un po’ no. Mi piacciono le cose di Gesù, non mi piacciono le cose dei preti”.

    Cari don on line… che facciamo? La ribattezziamo? 😀

    17 Aprile, 2009 - 8:55
  4. La facciamo membro a vita del consiglio presbiterale ed episcopale!

    17 Aprile, 2009 - 9:08
  5. marta09

    @moralista … ho appena finito di dire ad un prete che mi accusava di “farmi troppi problemi” che forse sarebbe il caso di “farseli” quei “troppi problemi” perchè sono i “troppi problemi” che si fanno i bambini (che di problemi se ne fanno più di noi, garantito).
    Bene, quella bimba, ha detto “tutelata” dal suo essere bimba una grande cosa (direi anche evangelica considerando “chi” veramente ha voluto l’eliminazione di Gesù!) … ma non ci provare a dire la stessa cosa da adulto … il minimo che ti becchi è che sei un “protestante” 😀 (che è davvero il minimo … perchè il massimo non si può davvero raccontare).
    E … 🙂 grazie per l’O.T. … non vorrei che con questo post si scatenasse la solita discussione …

    Anzi, no, non è un O.T. 😉 … è pienamente centrato invece … è solo una “cosa” da preti … io sto dalla parte dei bambini. 🙁

    17 Aprile, 2009 - 9:42
  6. @marta09

    Da qualche post, anche quello che hai fatto sul nostro blog, mi pare di capire che i preti davvero te ne hanno fatte tante. Me ne dispiaccio e me ne faccio carico….

    17 Aprile, 2009 - 10:06
  7. Francesco73

    Nelle parrocchie, tra i cristiani semplici, non può esserci un coinvolgimento vero sulle dispute teologiche tra tradizionalisti e non.
    Pare brutto dirlo, ma l’educazione a un reale equilibrio ecclesiale dipende dai preti. Sono loro i primi promotori, i responsabili di come una comunità viene condotta, di uno stile liturgico e pastorale.
    Ora non mi rimbrottate subito sul ruolo dei laici! Se un parroco non ha sensibilità, cultura e – ripeto – equilibrio liturgico e pastorale, non c’è laico che tenga.
    Tra pochi giorni un mio amico farà il suo ingresso come parroco in un centro del Nord.
    Mi ha detto che da un mese sta letteralmente ripulendo chiesa e canonica dalla quantità di immondizia, disordine, trascuratezza, brutture e abusi che il suo predecessore – importante prete “progressista” della Diocesi – gli ha lasciato.
    Se tu che sei il sacerdote sei il primo a trattare con disinvolta sciatteria o fraintesa creatività le cose comuni, ciò che è costituito per il culto, per la preghiera, per la condivisione nel nome del Signore, come puoi pretendere che il popolo intorno a te non si regoli di conseguenza?

    17 Aprile, 2009 - 10:26
  8. caro Francesco, non ti rimbrotto sui laici… tanto ormai “ci sappiamo”… però occhio che mi si aizza marta09 😉

    C’è invece una cosa che mi infastidisce metodologicamente su quello che sta facendo il tuo amico prete (e do per scontato che abbia trovato davvero una situazione disastrosa). Io non la farei manco a livello professionale: arrivare in un posto e cominciare subito a smantellare, criticare, delegittimare il precedente. Non mi piace.

    C’è un mio amico prete (…) nominato parroco in una nuova parrocchia che l’ha trovata (a parte altri disastri di fondo che ha gestito senza mettere alla gogna il predecessore) piena di statue votive brutte e “alla rinfusa” (cioè, buttate lì senza gusto estetico, liturgico e soprattutto senza legame con la storia e la vita comunitaria effettiva).
    Avrebbe proprio voluto (me lo vedo) distruggerle quasi tutte a mazzate… Invece, e sono passati anni, non lo ha fatto, o meglio non lo ha fatto subito e lo sta facendo lentamente in un altro modo (che è lungo spiegare).
    La comunità intanto è rinata, la chiesa è piena e tanti giovani sono tornati…

    Che alla mia carissima piccola M. non diano fastidio anche queste indelicatezze che ci facciamo (tutti inclusi) nelle comunità cristiane?

    17 Aprile, 2009 - 10:58
  9. Gerry

    @marta09
    a proposito della possibile accusa alla bambina a cui piace “un po’ sì e un po’ no” andare a messa (e/o ai suoi genitori) di essere “protestante”, non è l’unica accusa possibile! Coloro che hanno sensibilità “tradizionalista” potrebbero vederla in modo del tutto diverso e considerarla, al contrario, una piccola lefebvriana di sei anni, dato che vedono nella messa di Paolo VI (io direi più in qualche suo eccesso) una specie di autocelebrazione della comunità, solo una “riunione del popolo di Dio” presieduta da un presbitero molto al centro e nella quale Cristo ed il suo Sacrificio sono un po’ …decentrati!
    Se recuperare tutti insieme il senso della giusta tradizione (credo sia questo il senso delle parole di Luigi, senza cioè farla diventare una parolaccia o una cosa per lefebvriani) significasse mettere Cristo al centro credo potremmo tutti fare dei passi in avanti, magari mettendo un po’ dietro, come diceva la bambina, “le cose dei preti”.

    17 Aprile, 2009 - 11:11
  10. Nino

    Parte I
    A proposito di “Tradizione” e delle super balle raccontate da lefebvriani e soci ecco un estratto dal libro di Alberto Melloni :
    Papa Giovanni – Un cristiano sul trono di Pietro- 348 pagg. Einaudi 30 €.

    In questo libro Melloni oltrechè approfondire e chiarire con una rigorosa analisi storica come la mistificazione dei denigratori di Giovanni XXII e del Vat II si sia strutturata e organizzata esclusivamente per mantenere potere e posizioni di privilegio, mette in evidenza attraverso l’analisi del Diario di Roncalli la cifra spirituale di questo Santo e il totale affidamento a Cristo nel servire la chiesa e gli uomini.

    Pagina 10

    “Altri tradizionalisti con meno scrupoli, allora, hanno sposato una tesi identica ( a quella lefebvriana nota mia) nei fini, ma opposta nel percorso. Il Vaticano II è stato in tutto e per tutto come Giovanni lo voleva.
    E Roncalli secondo, secondo loro, voleva un Vaticano II così perche era un cripto modernista, un massone nascosto, un nemico della fede sfuggito ai filtri della chiesa o addirittura un antipapa eletto- secondo una leggenda che non è interessante per i nessunissimi elementi di verità fattuale che porta, ma per la mentaltà che rivela- al posto del cardinale Siri al quale era stata conferita la tiara, che già aveva accettato l’elezione disponendo vocabor Benedictus, ma che venne deposto da un complotto interno al conclave del 1958…

    In mezzo sta la denigrazione paternalistica di chi, invece, pensa che il povero Angelino, chiamato a un compito tanto più grande delle sue deboli spalle teologiche d’indotto bonaccione, anziché limitarsi a schiattare e a cedere il passo dopo un papato sul quale avrebbero dovuto continuare a esercitare il loro protettorato le cariatidi della curia pacelliana, abbia invece avuto la malsana idea di mettere in moto un bastimento enorme e pericolosissimo come quello conciliare, lasciando a quelli che qualcuno considera meriti e altri gli errori di Paolo VI il compito di attaccarlo alla meno peggio sulle perigliose rive di un molo storico dal numero magico-1968- dal quale sarebbero venute le sortite più pericolose per un equipaggio stremato dall’assurda rotta imposta alla barca di Pietro dal papa pastor et nauta”. segue

    17 Aprile, 2009 - 11:14
  11. Nino

    Pagg 21-22
    “Angelo Giuseppe Roncalli, classe 1881, primo Papa “italiano” in senso unitario, nativo delle terre visitate da san Carlo trecento anni prima, è un prodotto perfetto di ciò che Trento sognava come prete e vescovo riformato e riformatore. Verso quel segmento di di tradizione che altri identificano con “la” tradizione non ha alcun complesso reverenziale e neppure quella inquietudine dolente che alimenta il percorso intellettuale di Congar, di Ranher, di Chenu e degli altri grandi teologi del Vaticano II.
    Per lui quel percorso è adito a una cultura che lo mette in comunicazione con tutto ciò che per gli altri era proprio da quella impedito.
    Per questo Roncalli ama fare il prete e ama fare il vescovo: con un rigore anticarrierista e una pulizia morale assolute, al punto da rimanere dieci anni anziché sei mesi in Bulgaria, con funzioni di delegato apostolico che rasentano quelle dell’esule, senza mai domandare nulla per nessuna ragione al mondo; al punto da poter confessare nell’esame di coscienza de sexto, messo per iscritto a ottant’anni, la fisiologia di lui ragazzino.
    Per questo prete e questo vescovo realizzare il sogno tridentino vuol dire compierlo, inventandolo in modo nuovo, in una nuova forma.
    Lo fa per ragioni storiche inerenti a quell’assise, alle sue condizioni, alla sua agenda –tutte cose che il prete tridentino sente con assoluta immediatezza e semplicità: libero dal complesso per cui nella lotta con la modernità e solo in quella s’invera il rigore della verità, Roncalli esplora una radicale fiducia nell’umano per come si dà, perché è l’umano per come si dà che chiama la redenzione e nei propri segni storici.

    E’ così che Roncalli sente la parola evangelica, la saggezza del Kempis, la retorica dei predicatori, l’allegorismo dei padri, le descrizioni del cerimoniale di consacrazione episcopale: ciò che a tutti parrebbe frammentato ed estrinseco, per lui è inserito in un complesso di indicazioni iussive alle quali restare fedele- nonostante il papato, verrebbe da dire, giacchè da papa egli assume le funzioni di vescovo di Roma in modo diretto. Ancora una volta senza proclami di rottura e senza nemmeno sentirla a uno stato di coscienza espresso, la rottura; ma nel gusto per il celebrare con il popolo, nella visita alle parrocchie, nel dialogo composto col proprio clero, Roncalli si esprime come un perfetto vescovo tridentino che così rimescola le carte ferme da secoli d’una ierarcologia che avrebbe considerato la definizione del papa come vescovo di Roma poco meno che una forma di offensivo riduzionismo.

    Non solo: il vescovo tridentino Roncalli sa che la misura del suo impegno non è un mansionario astratto, ama il principio dalla salus animarum: e se in Bulgaria, in Turchia, in Grecia, in Francia e poi esplosivamente a Venezia il modo di predicare, precipuus episoporum munus, è oggetto di continue attenzioni a Roma proprio questa cura- che non ha accessi privilegiati né all’esegesi moderna né tanto meno al pastoralismo à la page – diventa lo strumento con cui i fedeli che lo ascoltano capiscono le sue intenzioni ultime…”.

    17 Aprile, 2009 - 11:16
  12. Nino

    Anni fa il parroco dell’opus dei della parrocchia di sant’Eugenio, appena ereditata dai neocatecumenali, mi descrisse il disordine che aveva trovato e soprattutto l’enorme quantità di libri e pubblicazioni blasfeme deposte in librerie sparse e che puntualmente aveva messo al rogo.
    Ciao France’

    17 Aprile, 2009 - 11:23
  13. Francesco73

    @ moralista

    il mio amico sacerdote non ha messo alla gogna nessuno, ne ha parlato riservatamente a me; in loco si è limitato a farsi dare una mano da volenterosi laici a trasportare innumerevoli sacchi di immondizia da dentro a fuori;

    @nino

    non sono dell’Opus, ma conosco assai bene sia Sant’Eugenio che la parrocchia di Sant’Escrivà: le trovo modelli di decoro, ordine e rispetto per la sensibilità di tutti; se fossi prete, la chiesa affidatami cercherei di tenerla in quel modo lì

    17 Aprile, 2009 - 11:52
  14. marta09

    @ moralista … tranquillo!! Nessuno riesce ad “aizzarmi” più!
    Solo che auguro a tutti i preti (e di vero cuore – credimi – e senza nessuna acredine) di considerarsi più sacerdoti che preti.
    E’ una differenza sostanziale (:-) – nel vero senso della parola – e che richiede tutta la “cura” di laici … pronti a farsele suonare per ribadire questa loro grande vocazione.

    @don Luca … grazie e mi dispiace sia trapelato il mio disagio (ho i filtri difettosi pare) ma non ha importanza quello che io vivo, ma per me è di una importanza vitale vedere quello che viene fatto ai piccoli, agli ignoranti, a quelli che vanno in chiesa solo a Pasqua, a quelli che soffrono, a quelli che cercano, a quelli che …

    E per tutti, disordine, sciatteria ecc. ecc. … per esperienza dico che non è colpa dei preti, la colpa è dei laici che non si fanno sentire, non si giocano in prima persona. Lo farei di professione andare in giro per chiese e dare una mano a rimettere a posto tutte le cose pratiche (e l’ho fatto per 10 anni).

    Io sono per la liturgia del CVII … che fanno capire a tutti quello che c’è da capire, per quello che si può capire … c’è troppo “mistero” frainteso nella Chiesa e che prende troppo i connotati di “magia”. 🙁 Dirò una bestiata ma è per voce di Gesù nel Vangelo, l’idea che Dio vuole svelarsi, ma vuole anche disponibilità all’ascolto e – soprattutto – che coloro a cui si è rivelato non si pensino “figli di Dio di serie A”.

    In questa ottava di Pasqua va in scena la Chiesa, la vera Chiesa fatta di credenti, fatta di gente concreta e reale, gioiosa e generosa … E la Chiesa non è dei preti, la Chiesa non è neppure un investimento, la Chiesa è una Persona fatta di persone. Ognuno giochi bene e fino in fondo il suo ruolo.

    E anche i laici sono sacerdoti e anche loro – sotto un certo aspetto -possono “consacrare”, in modo molto diverso, ma possono (anzi devono) farlo.
    Ma per laici e preti valga sempre il comando/caratteristica divina della cortesia e del rispetto, della delicatezza e leggerezza …

    17 Aprile, 2009 - 12:17
  15. Francesco, il mettere alla gogna si riferiva a mie esperienze anche extraecclesiali di “sputtanamento” del proprio predecessore. Non so nulla del caso che citi tranne ciò che hai scritto. Quindi, nello specifico, non alludevo.
    Per il resto, ovviamente scrivevo riferendomi a quanto raccontavi.
    Mi resta nel cuore la mia domanda finale…

    17 Aprile, 2009 - 12:18
  16. marta09

    @ moralista

    “Che alla mia carissima piccola M. non diano fastidio anche queste indelicatezze che ci facciamo (tutti inclusi) nelle comunità cristiane?”

    Questa è la domanda che hai nel cuore?
    Credo di averti risposto.

    17 Aprile, 2009 - 12:22
  17. @ Gerry

    il padre di M. mi confessa che dato il carattere della pargoletta potrebbe tranquillamente oscillare senza ritegno tra Lefebvre e Boff 🙂

    17 Aprile, 2009 - 12:51
  18. @marta09

    Non vorrei riempire di melassa il blog, non sono il tipo. Tuttavia, per me almeno, la tua fatica – passata o presente – ti mette nel novero dei piccoli a cui volere più bene.

    @ilmoralista

    Verissimo che è sbagliato arrivare e mettere tutto a soqquadro (whow posso scrivere questa parola bellissima, sogno di ogni dettato delle elementari) Ma è anche vero che in certe situazioni ti trovi a dover vivere in veri e propri letamai o, ma non è meglio, in situazioni in cui il soggettivo è divenuto oggettivo. Andai a far servizio in una parrocchia in cui il predecessore usava cestini da pic nic in miniatura per distribuire l’Eucarestia. E’ più quello che seminavo per terra di quello che comunicavo alla gente. Cambiati nel giro di tre giorni con relativi mugugni di qualcuno sul motivo di “la chiesa deve essere povera”. Credo che sia importanti dare, fortiter et suaviter, segnali anche decisi in certi casi, altre cose lasciarle al tempo. In tutto, però, userei il metodo di don Bosco: far capire che sono scelte nate dal desiderio di voler bene alle persone.

    17 Aprile, 2009 - 12:55
  19. Francesco73

    @ moralista

    alla tua domanda finale rispondo di sì, temo che certe reciproche delicatezze allontanino le persone

    ma ripeto, noi qui non dobbiamo coltivare l’irenismo del laicato: vero che occorre farsi sentire, ma se un parroco ha le sue fisime e non vuol cedere, non ci sono santi che tengono se non a prezzo di una qualche guerra;

    inoltre, occorre guardarsi (come in tutte le cose della vita) dalla terribilità degli errori fatti in buona fede: come dice don Luca, è proprio grazie alla suggestione sbrigativa di certe affermazioni (“la chiesa deve essere povera”) che si prendono le strade più equivoche e distorte, con implicazioni di lungo periodo sul sensus ecclesiae e sullo stesso sensus fidei; si va in chiesa a cercare e a trovare qualche agape, qualche bella assemblea, non il luogo in cui Cristo si fa presente nel suo mistero

    è anche per questi andazzi che poi germinano e trovano forza posizioni inaccettabili, come quelle dei lefebvriani
    nella Chiesa tutto si tiene, si potrebbe dire grazie a Dio

    17 Aprile, 2009 - 13:24
  20. don Luca, sei salesiano?

    17 Aprile, 2009 - 13:45
  21. Francesco, credimi, capisco proprio bene bene quel che dici (non posso spiegare)… e proprio per questo sono convinto che ci siano tante porte ancora da aprire, anche con forza e convinzione sul fronte del “ruolo dei laici”.

    17 Aprile, 2009 - 13:53
  22. oggi, ad un’anziana educata nel rigore preconciliare che arrivava spesso a confessarsi ogni giorno per sciocchezze e che ora ha paura di finire all’inferno, un cui figlio è morto per droga, ho chiesto: Ma lei ha amato suo figlio?
    E lei: Più di tutti, perchè era quello che mi dava più problemi.
    Ecco, le ho risposto, Dio la ama così: per cui meno scurpoli e mediti sull’amore di Dio.

    Per il resto, concilio o preconcilio, lefebvriani o cattocomunisti… (mai mi piacquero le etichette) in verità “basta amare”…

    17 Aprile, 2009 - 14:06
  23. Francesco73

    @ don maioba

    tempo fa una mia carissima amica tua conterranea (è una nota scrittrice, tra l’altro) mi spiegava che il giovane clero ( si riferiva in particolare a quello uscito dalle fila di uno specifico movimento, ma estendeva anche agli altri) viene spesso formato a una pratica del confessionale concepita come puramente sacramentale, senza l’aggiunta di un accompagnamento spirituale e di un colloquio vero con i penitenti

    in effetti, l’ho notato pure io: i giovani preti che ho conosciuto qui a Roma non sostengono un vero dialogo in confessionale; chiedono i peccati, dicono una parola di esortazione, formulano l'”accusa sacramentale”, assolvono e salutano

    mi pare davvero poco, per le esigenze della fede di questo tempo

    tu come ti regoli?

    17 Aprile, 2009 - 14:16
  24. marta09

    Beh … meno male allora che non abito a Roma! 🙂
    Nella mia convinzione che la Confessione prima di essere Confessione dei peccati è Confessione di Fede … sai che problemi!!!!
    Ma … non sono i giovani preti ad essere così … forse sono solo quei preti che non si lasciano interrogare dai penitenti, da coloro che attraverso la Grazia della Confessione cercano e cercano e cercano e ancora cercano.
    E, ben si sa, che quando si cerca in due (in tre se ci mettiamo anche il Signore sempre presente in ogni Sacramento) si trova prima e si trova bene!
    😀
    Ma io non mi confesso molto e poi lascio spazio a quelli che davvero sono alla “canna del gas” … quindi è probabile che sbagli tutto!

    17 Aprile, 2009 - 14:26
  25. @ Francesco73
    naturalmente quello che ho esposto era il succo, perchè non mi piace raccontare le confessioni…
    Ma abbiamo prlato per tre quarti d’ora durante un visita domiciliare, come spesso capita (la signora esce pochissimo perchè anziana e molto malata oltre che provata nel morale).
    Io non ho una regola uguale per tutti: gli scrupolosi incalliti e incorreggibili li confesso cercando al max di diradare la frequenza…
    Quelli che “non hanno peccati” li esorto a mettersi davanti a Gesù e a chiedersi se gli sono simili o se hanno fatto qualcosa che li ha fatti allontanare da quell’Immagine… generalmente ne vien fuori qualcosa…
    Con nessuno mi limito a un elenco di peccati, pur non facendo io domande particolarmente “intime” (non è prudente insegnavano i confessori una volta).
    Offrendo qualche opuscolo pr l’esame di coscienza e invitando a una penitenza attiva (nel senso di un’azione e non di una preghierina)…
    Poi se è possibile chiedo di parlare di certe questioni – se lo gradiscono – al di fuori della confessione.

    Adesso sono curioso… chi è la mia conterranea?? 🙂
    ciao

    17 Aprile, 2009 - 14:27
  26. Nino

    Francesco73
    “tu come ti regoli?”
    Marco don risponderà da par suo.
    ———-
    Se posso permettermi un “consiglio per gli acquisti”, prova in una qualsiasi chiesa nel mondo in cui il confessore è un gesuita.
    s.Ignazio, Piazza del Gesù, san Saba a Roma.

    17 Aprile, 2009 - 14:34
  27. raffaele.savigni

    Concordo perfettamente con Luigi. Nella mia diocesi inizia stasera un ciclo di incontri sulla “tradizione” (ispirato ad uno dei filoni del convegno ecclesiale di Verona): va rivalutato il valore della tradizione intesa come un consegnare alle generazioni future (con i necessari “aggiornamenti” di linguaggio) quel messaggio, quel patrimonio dottrinale, liturgico, spirituale che è giunto sino a noi attraverso una catena plurisecolare di testimoni della fede.Nella “tradizione” così intesa trovano posto il vecchio rito ed il catyechismo di Pio X ma anche i Padri della Chiesa, papa Giovanni, Cirillo e Metodio e la spiritualità orientale, Rosmini, don Mazzolari, don Milani, l’incontro di preghiera di Assisi, la tremissione della scomunica gli ortodossi (che significa tornare ad una Tradizione di Chiesa indivisa del primo millennio, assai prima di san Pio V…). Ed anche papa Giovanni “porta in sé” (come direbb Benedetto XVI) la Tradizione plurisecolare della Chiesa: basta leggere l’agenda del pontificato e “Il giornale dell’anima” per accorgesene.
    Quindi, non lasciamo la Tradizione ai tradizionalisti, e neppure papa Giovanni a Melloni!

    17 Aprile, 2009 - 14:38
  28. marta09

    @don maioba … e ci mancherebbe che raccontassi le confessioni!!!
    Ma è capitato anche questo …
    Ma è bello ciò che dici del tuo essere Ministro della Confessione.
    Delicatezza, premura, cortesia, prudenza, discrezione ecc. ecc. … anche per quelli che sono convinti di … poter scagliare pietre! 🙂

    17 Aprile, 2009 - 14:46
  29. Nino

    Raffaele,
    “Quindi, non lasciamo la Tradizione ai tradizionalisti, e neppure papa Giovanni a Melloni!”
    ————————–
    Ciao Fefè, prima di fasciarti la testa con luoghi comuni, leggiti il libro .
    Che non è un romanzetto ma un saggio super documentato.
    Poi, se non fosse stato per la testimonianza, e l’amore per la chiesa degli Alberigo, di Melloni e pochi altri, la genesi del Concilio, le motivazioni e i fatti, dico i FATTI! Che lo hanno caratterizzato rimarrebbero sconosciuti ai più.
    Nel libro Melloni sostiene che più tradizionalista e tridentino di Roncalli non ce ne fosse, solo che ispirato dallo Spirito Santo aveva interpretato i segni dei tempi e da Buon Pastore agì di conseguenza.
    Il resto lo hanno fatto quelli, ancora tanti, che non hanno attitudine a posizioni erette e che tra una leccata e un’altra reggono lo strascico e tirano a campà.

    17 Aprile, 2009 - 15:12
  30. Francesco73

    Pur essendo io (agli occhi di Nino 🙂 ) di sentimenti fieramente conservatori e vagamente (…) opusiani, concordo sull’assoluta qualità del lavoro di Melloni e del gruppo bolognese in genere.
    Per dire, anche Silvia Scatena è una storica di vaglia (leggersi le sue ricerche sul Sud America), come pure tutti i loro lavori sui rapporti Vaticano-Est Europa.
    Hanno un’angolatura precisa, ma l’importante è saperlo.
    Da un punto di vista scientifico, però, ritengo che gli altri contributi sulla storie da loro trattate siano spesso ineguali per accuratezza, profondità e completezza di approccio.

    17 Aprile, 2009 - 15:19
  31. @ilmoralista

    No, sono diocesano. Ho uno zio missionario della Consolata, un padre spirituale salesiano ed una volta al mese vado a ricaricarmi in un monastero del cottolengo… Bel mix eh? La cattolicità mi sa che è così…

    @tutti

    Ehi, guardate che il peccato originale lo hanno anche i preti anziani… sempre tutto colpa di noi giovani… che tempi che tempi… 🙂 Comunque, al di là delle facezie permettetemi di dire che confessione e direzione spirituale dovrebbero essere separate. Per molte ragioni, la prima è che quanto vengo a sapere in confessione, proprio per il segreto che le è riservato, è bene che non le usi neppure con la persona che si è confessata. La seconda ragione è di tempo: mi pare giusto che chi vuole avere un dialogo abbia tempo per sè senza troppo preoccuparsi della “coda” e chi è in coda per confessarsi lo possa fare senza investire delle giornate. Personalmente la confessione di chi fa già un cammino è nei binari dell’accusa e del piccolo consiglio, rimando ad altro momento il dialogo. A chi non conosco dedico qualche tempo in più ma cerco sempre di invitarlo a tornare in altro momento, con più calma, se posso dando un appuntamento.

    Ciao, vado a… confessare!

    17 Aprile, 2009 - 15:37
  32. Nino

    Francesco73,
    non so nè pretendo di sapere cosa sei e come ti orienti politicamente e nella chiesa. Per gli argomenti che qui si trattano mi basta di saperti preparato e attento.
    Le poche cose che mi pare di sapere di te per tua affermazione, sono l’età, il fatto che sei un laico e un cattolico.
    Poi nella dialettica compaiono caratteri e distinguo e allora azzardo ipotesi.
    Io, anche a detta di Luigi, sono politicamente scorretto.
    Per me questa è stata una faticosa conquista dopo anni di “politicamente corretto”, dove regnavano le ambiguità e le maschere degli interlocutori, cambiate alla bisogna.
    Tu sei politicamente corretto.
    Il resto che mi riferisci è frutto della tua immaginazione.

    17 Aprile, 2009 - 15:45
  33. Francesco73

    Sì, ma nell’attribuirti quel pensiero su di me io scherzavo, credo fosse evidente anche dalla faccina, che qui ripeto. 🙂

    Non so se sono politicamente corretto.
    Stando alla definizione che ne dai – soprattutto dove parli di “ambiguità” e “maschere degli interlocutori, cambiate alla bisogna”, temo che andrei all’Inferno senza anticamera e senza appello.
    Molto semplicemente, penso che sbagli valutazione.
    E penso pure che tu non sia affatto politicamente scorretto, anzi.
    Ti trovo sempre dalla stessa parte, con rassicurante continuità.
    Che è poi la parte della riforma, della chiesa dei poveri, dell’antipatia verso la gerarchia, delle istanze di democratizzazione, di dubbio e sospetto verso l’insegnamento del Magistero, tantopiù su (pure recenti) temi caldi e complessi.
    Rispetto davvero tale tua impostazione, ma giudica tu dove sia più facile strappare applausi, perlomeno presso il pubblico diffuso…
    Diciamo che se esiste un veltronismo del cattolicesimo (ovvero il vertice del buono e del giusto, del democratico e del morale) lo interpreti assai meglio tu, con la sola differenza di un cipiglio più incazzoso rispetto all’originale.

    Comunque, con tutta la simpatia che sai. 🙂

    17 Aprile, 2009 - 16:04
  34. Nino

    Francesco,
    rileggendo il thread hai ragione, messo lì quel “tu sei politicamente corretto” può dare adito al malinteso che hai colto.
    Mi spiace, non era questa l’intenzione.
    Invece tu sei autenticamente “politicamente corretto” nel senso positivo del termine.
    Circa la tendenza politica, anzi l’ideale politico, mi riconosco nei cattolici popolari, purtroppo di quel che resta. Pochi e incazzosi come tu dici. Veltroni lasciamolo da parte, di quel movimento ha tentato di scopiazzare qualcosa improvvisando. Che si riempa la bocca di I care e che continui pure a scrivere autentiche bufale.

    17 Aprile, 2009 - 18:07
  35. Francesco73

    Anche io sono un dc di sinistra, in fondo.
    Ma non sto a sinistra.
    Penso che l’unica differenza stia qui, caro Nino.
    E’ paradossale?
    Forse, ma anche il cristianesimo lo è, figurati se non può essere una visione politico-culturale!
    🙂
    Saluti cari.

    17 Aprile, 2009 - 19:52
  36. Amigoni p. Luigi

    Il nuovo spunto di Accattoli sul lefevrismo interessa o può interessare tutti, perché in questa organizzazione (quasi ereticale) di pensiero e di estetismo rituale si vedono deformati e impazziti timori e speranze di credenti e no, impegni e rischi della Chiesa nel suo compito di annunciare la buona notizia della salvezza..
    Tutto può essere il lefevrismo eccetto che “la tradizione” o “un patrimonio di tradizione e di pietà” (buono, come sempre, Accattoli). La tradizione apostolica nei secoli della Chiesa è cosa troppo bella, seria, razionale, portatrice di speranza e di gioia, per essere attribuita a un gruppo unilaterale e acrimonioso, a cui sembra stia a cuore prevalentemente un modello cerimonialistico e meno l’ansia di comunicare a tutti “il Dio che parla nella Bibbia” . Mi pare che in questo aspetto si trovi il senso della lettera di Benedetto XVI; il quale, in più, ha ricordato a tutti – papale papale – che la tradizione non può fermarsi al 1962 e non può immaginarsi (nemmeno per la parte liturgica) iniziata nel XVI secolo.
    Quanto a pietà o sincerità di pietà credo che occorra esaminare caso per caso. Prendo atto che ci sono messe lefevriane celebrate bene; e riconosco che per essere messe ben celebrate non basta che siano secondo il messale di Paolo VI e “partecipate”.
    Sono cresciuto servendo, come chierichetto, messe e messe in latino, in rito ambrosiano e romano, messe basse e cantate “in terzo”. Non ho nostalgia e ricordo di “senso del mistero”. Ho ricordo e patrimonio del tanto latino liturgico, che ho memorizzato (e sono contento), con cui ho pregato – qualche volta forse bene; così come adesso posso talora ben pregare, in altre lingue e altre forme rituali.

    17 Aprile, 2009 - 20:40
  37. Diego Ruggiero

    so che sono OT:

    caro luigi operchè non cambi la foto che mi pare anche un poco sfocata?

    17 Aprile, 2009 - 22:14
  38. Luigi Accattoli

    Ma perchè sono venuto bene!

    17 Aprile, 2009 - 22:38
  39. fiorenza

    C’era una tradizione, nel cortile di casa mia, che era rimasta sempre viva: i primi di Aprile arrivavano le rondini, e cominciavano subito a fare il nido, sempre nei soliti posti. Quest’anno, ancora nulla.
    Il gruppo “unilaterale e acrimonioso”, nonché “quasi ereticale”, dei miei amici innamorati di alberi, erba, uccelli, e ostinati nel difendere contro tutti la purezza dell’aria, mi dice che devo scordarmele, queste rondini: pare che non siano più luoghi di vita, per loro, i nostri cieli.

    17 Aprile, 2009 - 23:02
  40. Cherubino

    condivido quanto detto dal p. Amigoni (conoscevo un p. Amigoni Pino: parente ?) e da Luigi. Io personalmente ho trovato tantissima tradizione in uno dei movimenti apparentemente meno tradizionali, quello carismatico, che pur presentando anche alcuni punti di debolezza: la riscoperta dello Spirito Santo e della sua azione (comrepsi i carismi), la preghiera di liberazione e tutto ciò che rigurda la persona e l’attività del Maligno, la globalità della preghiera vissuta con tutte le facoltà, comprese quelle affettive e corporee, la pregnanza dei gesti liturgici e della mistagogia, l’amore per i fratelli ebrei … sono tutti aspetti della Tradizione almeno quanto la messa in latino. E più di tutti grazie alla precedente frequentazione gesuitica ho conosciuto -indegnamente- la buona notizia, il kerygma, il cuore della Tradizione, la chiave di volta che regge e fornisce il senso di tutto il resto.

    18 Aprile, 2009 - 9:06
  41. Condivido in pieno la posizione di Luigi sull’esistenza di una unica Tradizione, che comprende il tutto: tanto dunque la messa tridentina quanto il Vaticano II. D’altra parte come ci ricorda Messori, il cattolicesimo è la logica del et-et e non del out-out. Benedetto XVI sta facendo il possibile per portare avanti questa semplice verità; mi chiedo quanti veramente lo capiscono e lo accolgono veramente.

    Rispondo a “il moralista”: la frase “Un po’ sì e un po’ no. Mi piacciono le cose di Gesù, non mi piacciono le cose dei preti” detta da un bambino, non è una frase così ingenua come possa sembrare. Torno a (ri)citare il Salmo 8,3 (come già in [1])

    Dalla bocca dei bambini e dei lattanti /
    affermi la tua potenza contro i tuoi avversari /
    per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

    La bimba ha centrato il fulcro della nostra fede: è in Cristo che fondiamo la nostra fede, e non sugli uomini (che siano preti, politici o altro). Ma la bambina non solo ha colto questa grande verità, ma la mette anche in pratica: cioè, nonostante questo o quello che non gli va giù (magari perché lo ha sentito dire dai grandi o anche perché lo ha toccato con mano esperenzialmente), a messa ci va perché è Cristo che la attira: lei se ne rende conto e risponde positivamente a questa “vocazione”, cioè a questa chiamata, indipendentemente da tutto il resto. I suoi atti sono in linea con quello che sente: è la fede che vince. Chi invece non ha fede, pur pensando la stessa identica cosa, pur condividendo la stessa idea tanto che pronuncerebbe la stessa identica frase, negli atti finisce per fare l’esatto opposto: a messa non ci va “perché il prete è così o cosà, fa questo e quello….”. Ma in realtà non è vero: è una scusa; se invece credesse veramente in Cristo, farebbe come la bambina. Queste persone fondando la propria pseudo-fede sugli uomini, e il bello è che non se ne rendono conto: attribuiscono più importanza agli uomini che non a Cristo e la conseguenza è che a messa non ci vanno. Quindi non è (sempre) vero che andare o no a messa è solo un fatto esteriore: può fare veramente la differenza fra chi fonda la propria fede in Cristo e chi invece da troppo retta o troppo peso agli uomini. Pensiamo al prete peggiore che si possa concepire: chi va alle sue messe ha davvero una grande fede. I bambini, con meno malizia di noi adulti [2] e con il cuore più puro, ci insegnano questa grande verità: «Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» [3].

    [1] http://www.luigiaccattoli.it: mio commento del 7 aprile 2009 – http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=1305
    [2] http://www.luigiaccattoli.it: «Se non diventerete come i bambini» – http://www.luigiaccattoli.it/blog/?page_id=861
    [3] Comunità di Taizé: Che significa «accogliere il regno di Dio come un bambino»? – http://www.taize.fr/it_article3268.html

    18 Aprile, 2009 - 9:16
  42. fiorenza

    Condivido, e apprezzo, in quanto dice Luigi, l’apertura e l’interrogazione su cosa è “tradizione”. E, se condivido tale apertura, mi ferisce, invece, e tanto più in quanto viene da un uomo di Chiesa, l’intransigenza con cui p.Amigoni attacca “il lefevrismo” che per lui “tutto può essere eccetto che la tradizione o un patrimonio di tradizione e di pietà”. E, poiché questo atteggiameto sprezzante che giunge a degenerare nell’insulto gratuito ( vedi le accuse di “estetismo rituale”, di “modello cerimonialistico” ) e che, per di più, è condito di degnazione (“prendo atto che ci sono messe lefevriane celebrate bene”), è largamente condiviso, io, che dei lefebvriani non ho mai fatto parte, sento di doverli difendere. Così come, se interloquissi con loro, difenderei il Concilio Vaticano II nel caso che questo da loro venisse attaccato con quella stesso acritico accanimento in mia presenza.
    E’, per me, questo, il “dovere di comprendere e di pesare il sistema di valori altrui insieme al proprio, con la medesima bilancia”, come diceva qualcuno. E poiché questa bilancia è la croce, sempre riconosco il volto del mio fratello in chi, dai forti di turno, è minacciato di estinzione, chiunque sia.
    Questo, sicuramente, condannerà presto all’estinzione anche me. Come le rondini.

    18 Aprile, 2009 - 12:26
  43. marta09

    Uff!!!!
    Veramente i tradizionalisti ai tempi di Gesù non è che ne siano usciti proprio bene, bene dalla storia!!!
    Mentre, Gesù (il sovversivo, il fuori di testa) che noi oggi adoriamo (ma che al tempo ne ha prese parecchie), ne è venuto fuori con un’immagine un po’ sfuocata (nel senso di troppa luce!!!!), ma ne è venuto fuori bene.
    Come la foto di Luigi! 😀 😀

    Boh! Mi pare di sentire Gesù Risorto che chiede un po’ spazientito: “Ma chi cercate?”

    18 Aprile, 2009 - 12:43
  44. fiorenza

    Se è un “Uff!!!” la risposta, vi prometto, andandomene, di non annoiarvi più.
    In ogni caso, non è certo per l'”Uff!!!” e per il “Bho!” che me ne vado. Se fossi Sump, vi scriverei una lunga lettera, per spiegarmi. Ma sono solo fiorenza.
    Vi ricorderò, come sempre nelle mie preghiere, cari amici.

    18 Aprile, 2009 - 14:30
  45. discepolo

    cara Fiorenza poichè anch’io amo le rondini e la “tradizione” vorrei
    dedicarti una poesia sulle rondini
    di Marino Moretti

    Rondini o voi dove andate
    che pare che il cielo vi ingoi?
    o amiche rondini fate,
    fate ch’io venga con voi.

    Rondini io getterò via
    tutto ciò che amai, tutto ciò
    ch’è inutile peso, terrò
    soltanto l’anima mia.

    Rondini è certo che poi
    senza l’ombra d’un pensiero
    sarò leggero , leggero
    come il vento, come voi.

    E tu taci, anima mia
    mentre che scema la luce
    andiamo dove ci conduce
    questo volo, andiamo via.

    (Marino Moretti)

    18 Aprile, 2009 - 14:47
  46. discepolo

    Mi piacciono le cose di Gesù, non mi piacciono le cose dei preti.

    Moralista, questa bambina è un genio!
    ha riassunto in poche e semplici parole quello che è quasi sempre il sentire
    (inespresso e represso con un senso di colpa ) di chi partecipa alla Messa.
    I bambini adorano i personaggi carismatci . e chi più carismatico ed affascinante di Gesù’ ? E chi meno carismatico e più noioso di certi
    ecclesiastici? (tranne tutti quelli partecipanti a questo forum beninteso!..
    non vorrei offendere nessuno …!):-)

    18 Aprile, 2009 - 15:00
  47. adriano

    @ Fiorenza
    Voglio ringraziarti per la tua intelligenza e per la tua sensibilità. E anche farti i complimenti perché scrivi molto bene. E poi… prima o poi ci ritroveremo. Anche Sumpontcura, ovviamente, e tutti quelli a cui avete dato un bicchiere d’acqua.
    Adriano

    18 Aprile, 2009 - 15:31
  48. Amigoni p. Luigi

    A Fiorenza

    Non era nelle mie intenzioni riprendere il discorso; ma il tono dell’intervento di Fiorenza – con grande limpidità di cuore – mi ha invitato fortemente.
    Mi pare che lei abbia centrato bene i punti in discussione e, tra l’altro, abbia anche capito molto di me (un dialogo a due – con e-mail o con altro – sarebbe utile; immagino però che le regole del blog non lo consentano). La ringrazio.

    a) Apprezzo sempre chi sta dalla parte dei deboli e dei perdenti. E’ evangelico. Nel caso specifico non saprei bene chi siano i perdenti, se i lefevriani o gli altri. Più esattamente: saprei chi interpreta la parte degli aggrediti e chi quella degli aggressori, ma lascio – o fingo di lasciare – il dubitativo.

    b) Sicuramente la mia intransigenza è di tipo lessicale.Non credo che si possa dire che il lefevrianismo sia “la” tradizione o che esso sia o abbia “il patrimonio della tradizione e della devozione”.
    La Tradizione è la Chiesa, “pellegrina sulla terra”; è la Chiesa del Dio che salva e che essa invoca con “devozione”.
    Ogni componente – ieri e oggi, qui e dovunque – contribuisce a definire ed arricchire questo patrimonio, riconoscendo, inoltre, il ruolo di chi in determinate circostanze ha il dovere di autenticare l’apporto di ognuno e di ogni gruppo.

    Questo mi pare abbia detto Accattoli, dando inizio al dibattito; e molti (e mi ci metto anch’io) hanno confermato e specificato. E hanno fatto avanzare la tradizione con impegno, “aggiungendo alla fede la virtù, alla virtù….la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno”.

    18 Aprile, 2009 - 16:23
  49. marta09

    Ehi Fiorenza … non era per te e neppure per quello che hai scritto … quell’ “uff” non era per nessuno.
    Ed il “boh” era solamente perchè in questi giorni sto davvero vivendo in altri un forte disorientamento (più che motivato).
    Non te la prendere era solo una mia idea … e poi davvero perchè mai dovresti andartene, sei preziosa con le tue idee, con i tuoi pensieri e la tua (scusa, ma lo devo fare) eleganza.

    Perdonami se ti ho alterato … che le tue rondini (che amo tanto anch’io) ritornino a rallegrarti.
    Nella casa di mia figlia – una cascina dell’epoca della manzoniana Moanca di Monza – le rondini hanno il loro nido … ed è uno svolazzare continuo e allegro.

    Ciao e perdonami … e non impoverirci della tua assenza.

    18 Aprile, 2009 - 16:27
  50. lycopodium

    Mi auguro che Fiorenza non ci lasci; trovo del tutto legittimo, centrato e condivisibile il tuo intervento delle ore 12:26.

    18 Aprile, 2009 - 16:28
  51. lycopodium

    p.s. Pregevoli il post di Luigi e moltissimi commenti. Un caro saluto a Cherubino (credo in pausa di disintossicazione dai terribili commentatori di un altro blog vaticanistico) e a Bzimage (che fegato la tua lettera del 09.02.09).
    pp.ss.
    In un recente numero della rivista “Il Regno” (che cercavo per un articolo di Sequeri), ho trovato anche delle interessanti riflessioni sul nostro argomento.

    Non tanto l’editoriale (che cita di tutto un po’, tranne il fondamentale passaggio della lettera del Papa “Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive”).
    Quanto questo: http://www.ilregno.it/php/view_pdf.php?md5=133422905d00483dda4b83d130035cab
    che io leggo come un invito al tradizionalismo ad essere davvero “della Chiesa” e “per la Chiesa” (e agli altri a cominciare a riconoscerlo come tale).

    18 Aprile, 2009 - 16:52
  52. Luigi Accattoli

    Fiorenza!

    18 Aprile, 2009 - 17:07
  53. Gerry

    @Fiorenza
    nel mio piccolo mi unisco anch’io al coro: i tuoi post (tra l’altro sempre belli e piacevoli da leggere dal punto di vista formale e stilistico, per esempio ho ammirato il legame delle “rondini” tra quello delle 23 di ieri e quello delle 12 di oggi) sono troppo ricchi perché tu possa privarcene! Non abbassare il livello di eleganza (e di chiarezza)!

    18 Aprile, 2009 - 19:32
  54. caro bzimage, giuro che ho segnalato la frase di M. proprio per i motivi che tu spieghi bene 🙂

    e, no!, discepolo, non scrivere che M. è un genio, perché il padre di M., M. anche lui, è un uomo insopportabilmente vanitoso… e sta leggendo questo thread 😀

    ps. fiorenza, non ci crederai forse, ma di recente sono stato pesantemente apostrofato (insultato, provocato, deriso etc etc) da ignoti “anticlericali” (divertente il fatto, che sia chi si diceva di destra chi di sinistra, faceva comunella “contro” di me) su Facebook per via di un mio commento critico alla frase di un conoscente sulla questione Papa-Aids-preservativi… ti assicuro, proprio nulla a che vedere rispetto al livello di “dialettica” e l’educazione nel linguaggio in cui ci imbattiamo tutti qui. Vedi tu…

    19 Aprile, 2009 - 10:19
  55. Leonardo

    Mi è venuta in mente una cosa: nel vecchio rito era prescritto che il sacerdote, prima di celebrare la messa, si preparasse adeguatamente: rigorosamente a digiuno, ancora in sacrestia doveva recitare una serie piuttosto lunga di preghiere, anche quando indossava i paramenti (era già un rito quello). Quando mettava il cingolo, per esempio, accompagnava il gesto con questa prece: «Praecinge mihi, Domine, cingulo puritatis et extingue in lumbis meis humorem libidinis: ut maneat in me virtus continentiae et castitatis». Molto concreto e molto serio (quasi brutale), come è nel vero stile cattolico, che non ama tanti giri di parole.

    I novatori hanno spazzato via tutto quanto, e oggi è normale saltare in quattro e quattr’otto dall’ufficio, dall’oratorio (o dal bar) parrocchiale all’altare. (Certo: anche adesso si scrive nei documenti che bisognerebbe prepararsi bene alla messa, ma tutto è affidato alla libertà del singolo … e si sa come vanno le cose).

    Ora, per limitarmi all’esempio che ho fatto, vorrei osservare quanto segue: preti fornicatori ce ne sono sempre stati (penso al povero p.Maciel, tanto per dirne uno, me lo immagino recitare quella preghiera dopo aver fatto quelle cose che ora sappiamo, e mi vengono i brividi), però oggi si ha l’impressione che la malattia sia molto più diffusa e che in certi settori della chiesa sia diventata prassi accettata (si veda il caso di Linz; ma anche l’altro giorno il presidente del Paraguay, Lugo, ha detto di avere avuto una relazione quando era vescovo, presentando la cosa come normale).

    Noi crediamo all’efficacia della preghiera, non è vero? (ma ci crediamo?). Perché, se ci crediamo, potremmo chiederci: è stato saggio sbarazzarsi di una regola che imponeva, almeno una volta al giorno, a tutti i preti del mondo di pregare per mantenersi casti?

    19 Aprile, 2009 - 10:51
  56. roberto 55

    Buon ultimo (apposta, sto in ultimo banco !), mi unisco agli inviti rivolti dai compagni del blog a Fiorenza perchè non lasci il “pianerottolo”: per quel che ti può valere, mi piace molto leggerti e spero di poter continuare a farlo.

    Buona domenica pomeriggio dal Nordest (sotto la pioggia: ma quando arriva la primavera ?) !

    Roberto 55

    19 Aprile, 2009 - 13:38
  57. lycopodium: grazie della nota, eh si proprio un bel fegato quella lettera. Quando l’ho scritta non me ne sono neanche reso conto. E pensare che mi è costata pesanti critiche da parte di alcuni lettori miei cari amici (non credenti) che mi hanno accusati di essere senza cuore: mi chiedo cosa percepisce la gente come “carita” se non un limitato sentimentalismo.
    Ti faccio comunque notare che quella lettera è stata scritta il giorno prima che eluana morisse nel corpo. I fatti dei giorni successivi, la presenza di Beppino in tante TV e nelle piazze e giornali facendone un divo della loro battaglia hanno messo in luce cosa veramente c’era dietro: non una battaglia solitaria di una persona disperata, ma una vicenda organizzata, una battaglia politica. Possiamo tacere tutto questo? Il povero Beppino si sarà trovato in questa vicenda invischiato da solo, magari, per dare un senso postumo alla sua atto disperato. Il suo “continuare” imperrettito sulla scena TV e mediatica, si può interpretare come un modo per non rimanere solo con la propria coscienza, per dare un senso a un gesto che, altrimenti, non potrebbe averne.

    PS: lycopodium si riferiva a questo post, sul mio blog: http://www.bzimage.it/blog/2009/02/sig-peppino-englaro.html

    19 Aprile, 2009 - 15:09
  58. lazzaro

    Caro Roberto, mi hai provocato. Pafafrasando e in parte ribaltando una vecchia pubblicità della Ferrero posso dire, a proposito dell’ultimo banco, che “sono stato il primo e resto il peggiore”.
    E, a riguardo dell’abbandono prima di Sumpontcura e ora di Fiorenza, vorrei chiedere: cosa ha questo blog perché persone di cultura e profonda spiritualità come quelle citate decidano di abbandonarlo? E’ la compagnia? Gli argomenti? Le posizioni sui medesimi? Il modo di argomentarle?
    Buona gente, cosa avete per negarvi di punto in bianco al confronto con gli altri?. Liberi di farlo, ovviamente, e liberi di non spiegarlo. Però è un atteggiamento che non mi fa pensare bene. Va bene che c’è il ricordo nelle preghiere, però… Alla fine si potrebbe abbandonare il campo senza far intendere chi sa cosa. Io, per quel che vale e lo dico da semplice lettore, ci rimango male.

    19 Aprile, 2009 - 15:16
  59. “tutti i preti del mondo di pregare per mantenersi casti?”

    E i cristiani?
    Non devono essere tutti casti fino al matrimonio, e invece molto spesso scopano come ricci prima, e al di fuori del matrimonio?

    Con il battesimo siamo chiamati tutti all’obbligo della castità.

    Dimenticato?

    Ci si ricorda solo quando fa comodo?

    Non è che il CCC vale solo per i preti, ma per tutti i cristiani.

    Comodo avere un colpevole che risponda per tutti i cristiani!

    Ognuno perchè non guarda la propria trave nel proprio occhio?

    Come è che funziona?

    Se il prete dicesse quelle preghierine prima della messa non scoperebbe?

    E gli altri cristiani?
    cosa non dovrebbero fare?
    Soprattutto noi maschi che siamo sempre con gli ormoni a 1000?
    soprattutto noi maschi sempre solidali con i “cacciatori”, in cui il cacciatore fa semplicemente quello che è nella sua natura mentre la donna che ci sta è ovviamente “puttana”?

    Quanti bravi cristiani laici, sposati, reputano comprensibile andare a scopare fuori del matrimonio, quando c’è crisi con la propria moglie? o lontananza?

    Io ne conosco tanti, soprattutto nel mio ambiente di lavoro, e ci se ne vanta pure parecchio.

    Insomma, l’obbligo vale per tutti, ma i preti sono i soli colpevoli, ovviamente insieme ai froci.

    Ah, se i preti pregassero di più!!!
    tutti scoperemmo di meno? o saremmo più casti?
    Come funziona?

    Che strana morale di laici insicuri !!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    19 Aprile, 2009 - 16:16
  60. anche nella sessualità, si fanno differenze…. politiche…

    se a fare sesso sono preti conservatori, si chiede comprensione…

    se sono preti progressisti, si chiede condanna

    Solidarietà a Maciel, Gelmini, ecc…

    Condanna per gli altri !!!!

    19 Aprile, 2009 - 16:19
  61. Leonardo

    Ah, se a causa della lettera papale ai vescovi non mi fossi immedesimato nella bontà ratzingeriana, che goduria sarebbero questi due messaggi di matteo!
    Ma purtroppo sono diventato buono e quindi posso solo dire che non intendevo aprire chissà quali questioni: volevo solo dire che una regola che imponeva ai sacerdoti di prepararsi bene alla messa mi pareva una cosa saggia. Se nella preparazione c’era anche una preghiera per chiedere la castità, pure questo era ben fatto. O no?

    19 Aprile, 2009 - 18:11
  62. Gerry

    Matteo, tu hai ragione! Essere e restare casti è difficile per i preti com’è difficile per chi non lo è, sia uomo che donna (e lo dico pur non essendo donna), anche perché i modelli che oggi tutti viviamo non aiutano affatto.
    Ma, in realtà, tu avresti ragione se non fosse che parliamo di quel momento in cui ci si accinge ad esercitare la funzione sacerdotale ed il presbitero va a partecipare al mistero. E’ un momento peculiare, ci si accosta all’altare di Dio! Io laico, peccatore come il presbitero, non mi accosto a quell’altare, non pronuncio quelle parole, non innalzo il calice.
    Dopo – e prima – siamo eguali e tutti comunque bisognosi di misericordia, ma in quel momento (quello che – si dice – gli angeli ci invidino) chi sale all’altare dovrebbe cercare di essere puro in tutto: la misericordia di Dio farà il resto.
    Non immeseriamoci guardando ai singoli, a questo o a quello che della purezza si è fatto gioco (o si è fatto travolgere), laico o chierico. Del resto anche il fondatore dei Legionari di Cristo è stato “punito” mettendolo in un angolo, ed in quell’angolo è morto per presentarsi a Chi lo avrà giudicato per quel che ha fatto, di bene e di male.

    19 Aprile, 2009 - 20:34
  63. lycopodium

    «…
    et ascendens ad Altare, dicit secreto:
    “Aufer a nobis, quaésumus, Dómine, iniquitátes nostras: ut ad Sancta Sanctórum puris mereámur méntibus introíre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen”
    …»

    19 Aprile, 2009 - 22:00
  64. @ Leonardo e Lycopodium

    Ma perchè se tutti i preti che hanno utilizzato il Messale di S. Pio V dal XVI al XX secolo (per tacere di coloro che ancora lo usano) e hanno recitato quella bella preghiera per chiedere la castità facevano una cosa ben fatta e noi che non la recitiamo no?
    Come tu Leonardo dici, fornicatori ne son sempre esistiti: fior di decretali e di libelli venivano scritti per combattere l’immoralità del clero…
    Oggi son più diffusi solo perchè i giornali ti sbattono subito in prima pagina o perchè numericamente (e anche relativamente) maggiori?

    Non voglio fare polemica, ma io penso che siano quei 20-30 anni di scarto anagrafico tra noi che ci fanno vedere le cose con occhi diversi…
    Io non credo (e so che non ci credete nemmeno voi) all’automatismo della preghiera.
    Allora perchè contrapporre sempre il passato (quando si stava meglio) al presente (ora si sta peggio)?

    20 Aprile, 2009 - 20:15
  65. lycopodium

    Caro Maioba, immagino che tu conosca il senso esatto di quello che intendo dire: nessuna nostalgia, nessuna “laudatio temporis acti”, tantomeno svalutazione dell’altrui esperienza spirituale.
    Il problema, però, prescinde dalla moralità del prete e dei cristiani in genere.

    Il discorso verte sull’identità cristiana e sul fatto che ad un certo punto in molti hanno pensato che potesse definirsi ed esplicitarsi indipendentemente dalla sua dimensione liturgico-sacramentale.
    I precedenti riti introduttivi e i tradizionali atti di preparazione del sacerdote alla celebrazione eucaristica sono stati così considerati inutili, forse anche dannosi.
    Eppure non era così: tutto un mondo, che già si definiva ritualmente, confessava di avere ancora bisogno di una ulteriore medicina rituale.
    Quelle parole e quei gesti rappresentavano delle “soglie”, dei percorsi di morte/risurrezione che, in perfetta coerenza con la mistagogia promossa dal Concilio, non andavano lasciati perire.
    La scelta è stata diversa, ma così si è persa nella migliore delle ipotesi la consapevolezza pratica del fatto che, nella celebrazione, ogni volta si deve divenire quello che si è.

    p.s. Un recente interessante parere di un liturgista non certo tradizionalista: “In questo senso la continuità profonda tra i messali è più forte della discontinuità epidermica e, accettato cordialmente il Messale in corso, può essere utile consultare i testi del Messale tridentino per riacquisire non dei testi da ripetere, ma una più ricca sensibilità da declinare nelle monizioni e nello stile della presidenza circa i riti d’inizio: pensiamo alla ricca tematica della purificazione legata allo Spirito, al pellegrinaggio che si conclude, alla gioia di accostarsi all’altare di Dio e al santo dei santi – quello visibile e quello del cielo – ecc.”
    in: http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-29790702.html

    20 Aprile, 2009 - 21:02
  66. Cherubino

    il discorso sulla preghiera rituale del sacerdote, riportata da lycopodium (che saluto), a mio parere non è impostato in modo completo. Se si parte dalla considerazione che il fine è la santità, ossia la comunione spirituale (verticale e orizzontale) il resto va considerato nell’ordine degli strumenti e valutato in questo ambito. In questo orizzonte nessuno può dire che il sacerdote che non recita la formula di purificazione sia per questo impuro o impreparato, perchè purezza e preparazione -ossia la comunione- sono perseguibili in altri modi (una preghiera libera, un silenzio adorante, un esame di coscienza, la preghiera sui testi biblici per preparare l’omelia, un attività di servizio particolarmente impegnativa…) e non devono essere necessariamente visibili esteriormente. Allo stesso modo, come qucluno notava, si deve evitare l’automatismo “recita della formula=preparazione spirituale”, perchè proprio il “rubricismo” induce alla tentazione di illudersi che il rito possa salvare senza l’adesione interiore e senza il confronto con la morale quotidiana. Non è un caso che nella storia della Chiesa il rubricismo non h amai protetto contro i peccati del potere e del denaro. E non è un caso che contro di essi S. Francesco predicava la semplicità e la povertà, non certo la recita delle pur belle, importanti e tradizionali formule liturgiche.

    20 Aprile, 2009 - 21:16
  67. grazie per la risposta Lyco! 🙂

    20 Aprile, 2009 - 22:47
  68. Leonardo

    «(una preghiera libera, un silenzio adorante, un esame di coscienza, la preghiera sui testi biblici per preparare l’omelia, un attività di servizio particolarmente impegnativa…)» ma perché non anche la quotidianità del servizio anche nei suoi aspetti più prosaici (i conti della parrocchia), un momento di conviviale fraternità (vino e porchetta coi giovani del gruppo parrocchiale) o di condivisione delle semplici gioie dei fratelli (la partita o una serata in discoteca) ecc. ecc.?

    Temo che, a volte, il diavolo si annidi nei puntini di sospensione. In quell’ad libitum che, dopo il concilio, è diventato una parola d’ordine.

    Una cosa che sarei incline a rivalutare, del vecchio rito, era invece la totale prescrittività: non c’era spazio per la creatività, si doveva obbedire sempre, anche nei minimi particolari, a una forma già data. Si cominciò a dire che era un prigione e si aprirono degli spiragli, poi diventarono brecce e infine crollò tutto l’edificio. Invece era così semplice e bello conformarsi all’opera di un Altro.

    20 Aprile, 2009 - 23:08
  69. lycopodium

    Direi piuttosto, caro Cherubino, che è venuto il momento di non accontentarsi più di un approccio che, scusami, sembra voler aggirare imbarazzato la dimensione rituale, più chetrasfigurarla. Proprio l’assenza di una cultura spontaneamente rituale, quale quella della tradizione antica (non necessariamente tridentina), dovrebbe richiedere di non eliminare le soglie, di non appiattire i registri, di non considerare già dato quello che ogni volta dobbiamo imparare a ricevere. Se così non fosse dovrebbe bastarci vedere gli altri entrare in chiesa, vedere gli altri fare la comunione e “sentirci” in chiesa e in comunione. Sarà politicamente scorretto, ma questo vedere e sentire, senza l’entrare e il mangiare stanno un po’ campati in aria: caro salutis cardo!

    20 Aprile, 2009 - 23:30
  70. beh, caro Leonardo… dire che la prescrittività era opera di un Altro mi sembra un po’ eccessivo… forse tutte quelle prescrizioni erano opera di uomini… Alcune belle e azzeccate e a pieno titolo liturgiche, altre forse un po’ meno…
    ma io non c’ero… non so… non posso esprimere un giudizio…
    (notare i diabolici puntini di sospensione…)

    20 Aprile, 2009 - 23:59
  71. Un quercolano che non permette di commentare i suoi post, preferisce rimanere nella sicurezza del suo pensare che confrontarsi con gli altri.

    21 Aprile, 2009 - 10:06
  72. @ Gerry – 19 aprile 2009 @ 20:34

    “Io laico, peccatore come il presbitero, non mi accosto a quell’altare, non pronuncio quelle parole, non innalzo il calice.
    Dopo – e prima – siamo eguali e tutti comunque bisognosi di misericordia, ma in quel momento (quello che – si dice – gli angeli ci invidino) chi sale all’altare dovrebbe cercare di essere puro in tutto: la misericordia di Dio farà il resto.”
    =================================
    Ma la purezza non esiste,
    è solo una categoria umana,
    è l’espressione di un desiderio di idealità.
    Ma l’idealità non è la realtà.

    Ma è vero,
    crearsi illusioni è tanto bello,
    ed è ancora più gratificante vittimizzare i preti che “devono essere puri” (mah! ) a differenza nostra.
    Eppure siamo tutti nella stessa barca, tutti uomini, alcuni con l’incarico di sacerdozio ministeriale, nell’episcopato o nel presbiterato,
    chi ha deciso che alcuni devono essere più puri degli altri?

    Ci rifacciamo alle norme di purità del Levitico?
    Ma se lo facciamo,
    dobbiamo farlo per tutto il Levitico, tutta la normativa prevista e per tutto il popolo….
    e non so se vi conviene!!!!!!!!
    Visto che nella maggior parte della normativa è tranquillamente e normativamente disatteso, perchè reputato non conforme al tempo e datato.

    21 Aprile, 2009 - 10:20
  73. raffaele.savigni

    Tutti dobbiamo essere “puri di cuore”. Ma la santità personale non è necessaria perché i sacramenti e la Messa siano validi: altrimenti daremmo ragione ai donatisti contro Agostino.
    Il sacerdote celebrante, comunque, quando compie un’azione liturgica si trova in uno stato oggettivamente diverso da quello di un semplice fedele (senza per questo voler resuscitare le norme del Levitico): per questo san Francesco era disposto a baciare le mani di un prete peccatore. Perché aveva il potere di trasformare il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo.

    21 Aprile, 2009 - 10:29
  74. a proposito di “purezza”, proprio stamattina riflettevo sui possibili abusi della frase paolina (Lettera a Tito), poi ripresa da Teresa di Lisieux tra gli altri: “Tutto è puro per i puri”…

    21 Aprile, 2009 - 11:08
  75. “baciare le mani di un prete peccatore”
    ======================

    Certo perchè Il Signore opera attraverso quelle mani,
    mani di uomo,
    non di angelo.

    Il sacerdote tende alla santità
    allo stesso modo in cui è tenuto ogni cristiano,
    padre, marito, moglie, single etc.

    Nel Regno dei Cieli, la differenza, non la farà il sacerdozio che è finalizzato nella storia della salvezza umana,
    la differenza è fatta dalla tensione alla santità nella carità,
    avevo fame,
    avevo sete,
    ero malato,
    ero carcerato,
    ………

    21 Aprile, 2009 - 11:32
  76. Cherubino

    aggiungo due piccole precisazioni. Come ha ricordato Savigni la validità del sacramento non dipende dalla santità del celebrante, essa agisce -si suole dire- “ex opere operato”, cioè si deve ritenere certa l’azione di Dio nel sacramento per il solo compimento dei gesti liturgici. Questa precisazione è utile, per non sovrastimare l’importanza dell’atteggiamento interiore del celebrante. Credo però che a questa precisazione vada comunque accompagnata un’altra che renda comprensibile perchè il rito preveda atti di purificazione del celebrante (al di là del mutare delle forme). Ciò si riconduce al fatto che il sacramento è efficace nella misura in cui trova la fede in chi lo riceve. Mi riferisco al popolo che partecipa alla Messa. E tale fede può essere stimolata, accresciuta (o iniziata in un non credente) mediante il comportamento e la parola del celebrante. Un omelia ben fatta è di supporto alla fede e quindi all’efficacia ultima del sacramento. Non è necessaria (la fede può benissimo esserci già), ma sicuramente è utile lì dove la fede sia vacillante, tiepida, dubbiosa, o zelante (in senso negativo) e scrupolosa. Lo stesso atteggiamento del sacerdote influisce su piccoli aspetti che però danno molto il tono della celbrazione, influendo sull’affezione dei fedeli al sacramento. Chi non si è sentito disinvogliato a partecipare alla messa feriale perchè magari l’ha vista celebrare frettolosamente ? Chi non è stato qualche volta disturbato dall’assenza di tempi di silenzio dopo la comunione o dopo l’omelia ? quante omelie moralistiche o accusatorie hanno lasciato un senso di pesantezza, concetrando lo sguardo sull’uomo anzicchè sul volto misericordioso e forte di Cristo ?

    Qui vengo alla seconda precisazione: lycopodium giustamente ricorda che la santità si coltiva anche in attività prosaiche e quotidiane. Non intendevo fare un elenco esaustivo. Nè sottovalutare questo aspetto. Tuttavia devo dire che spesso ho visto preti impegnatissimi in attività varie, ma poveri di preghiera, sul piano personale, introvabili per le confessioni, sul piano pastorale. Io credo che il sacerdote ha prima di tutto un compito spirituale e che se l’evangelizzazione e il servizio del prossimo sono presenti nella carità materiale e nella condivisione, esse però non si esauriscono in esse. Il sacerdote che non spezzi il pane della Parola e non invochi il perdono di Dio su chi lo chiede non è veramente fedele alla sua chiamata. Il sacerdote che non insegni a pregare, che non aiuti a comprendere la volontà di Dio, che non avverta il prossimo quando corre un pericolo spirituale, compie una grave omissione. E per fare tutte queste cose deve essere egli per primo uomo di preghiera e di spiritualità.

    21 Aprile, 2009 - 17:37
  77. Gerry

    @ Matteo (e raffaele.savigni)
    il mio post, citato da Matteo, diceva “cercare di essere puro”. Avevo ben presente non può trattarsi che di un tentativo, di uno sforzo, come del resto tutta la nostra vita. Matteo mi ricorda che la purezza non esiste (forse qualche santo): lo so, te lo assicuro, ma lo sforzo può esistere!
    Non credo che nessuno su questo blog indulga al rubricismo o ad un formalismo vuoto: Leonardo (nel post del 19 aprile 2009, ore 10:51) aveva segnalato una (credo opportuna, saggia, sicuramente umana e realistica) preghiera di preparazione alla messa (attuale forma straordinaria ) per il sacerdote. Certo che il sacrificio è valido comunque, persino se il sacerdote celebrante non avesse fede (e mi sembra cosa … un po’ più grave!), ma la questione non è giuridica, non si tratta di compiere dei “riti” di purificazione o, tanto meno, tornare alle norme di purità del Levitico. Trovo perfette (praticamente come sempre!) le parole di Lycopodium: .

    21 Aprile, 2009 - 18:06
  78. Gerry

    Scusate, ecco le parole di Lycopodium: .
    Sembra che l’abbia fatto apposta per farle risaltare, ma la colpa è del copia/incolla!

    21 Aprile, 2009 - 18:11
  79. Gerry

    Uffa! Ho capito, non posso usare caratteri speciali: le parole di Lycopodium: “Quelle parole e quei gesti rappresentavano delle “soglie”, dei percorsi di morte/risurrezione che, in perfetta coerenza con la mistagogia promossa dal Concilio, non andavano lasciati perire”.

    21 Aprile, 2009 - 18:14
  80. Cherubino

    il punto è quello di non dare un valore magico alle parole (che sarebbe il colmo dell’idolatria), per chè si può benissimo dire quella preghiera in italiano (“ti supplichiamo Signore di allontanare da noi le nostre iniquità, perchè possiamo presentarci con cuore puro alla tua presenza, per Cristo nostro Signore”), con altre parole (“purifica Signore la mia anima perchè possa servirti degnamente”), con una struttura molto diversa (“Vieni Spirito Santo, vieni Padre dei poveri, vieni Datore dei doni”), o con un gesto. E poi in realtà la preghiera di purificazione è compresa nel Canone in vario modo e soprattutto nella seconda epiclesi, con la quale il sacerdote chiede la purificazione e la santificazione per sè e per tutti i presenti. Quindi la preghiera di purificazione non è stata per nulla eliminata, ma 1) riportata nel contesto liturgicamente più corretto (la preghiera eucaristica), 2) estesa a tutti, portatori in vario modo (ordinato e non), della sacerdotalità di Cristo, 3) resa liturgicamente più solenne.

    21 Aprile, 2009 - 21:16
  81. lycopodium

    Cherubino,
    c’è un punto davvero fondamentale: non tutto può essere immediatamente accessibile, anche se ci è dato per grazia; c’è bisogno di gradi e … di gradini (cfr. R. Guardini).
    Proprio in un tempo in cui c’è più bisogno di “soglie”, dove la presa immediata manca la presa, è giusto riproporre la questione se, a noi che viviamo della lezione conciliare e proprio perchè la viviamo autenticamente e ortodossamente, quelle antiche modalità di introdursi al Mistero possano nuovamente servire come iniziazione, mistagogia.
    Trovo perciò sintomatiche le tue traduzioni alternative: bellissime parole che faccio mie di tutto cuore, ma che decorporalizzano e deritualizzano un po’: a quel punto della sequenza liturgica, ci si DEVE sentire necessariamente tutti, compreso io che non sono prete, COME se fossimo davanti al “Sancta Sanctorum”. Serve proprio quell’atteggiamento, per non banalizzare il resto.

    22 Aprile, 2009 - 7:34
  82. fiorenza

    Lycopodium, non ti avevo ancora ringraziato per la segnalazione dell’articolo di Marcello Neri su “Il Regno”. Lo faccio ora. Mi è parso illuminante e di straordinaria importanza per la sottolineatura del “legame vitale” che esiste, ignorato, tra le posizioni contrapposte. Fa pensare alla necessità di renderlo esplicito, sostenendo la fatica del paradosso dell’intero, “l’intero cristiano della fede”: fatica che riposa (altro paradosso) sulla “struttura antropologica dell’unità e singolarità di Gesù”. E bellissimo l’accento sulla “fragilità” ( la fragilità che è, per me, un ulteriore grado di realtà rispetto all’immaginario della rigidità ) contrassegno della compiutezza: “la stessa fragilità di un essere di Dio che s’identifica completamente, ed è nella completa identità filiale, con il Crocifisso, che appare proprio così, e non altrimenti, nella corporeità del Risorto”.
    Davvero notevole. E “terapeutico”. Grazie.

    22 Aprile, 2009 - 12:42
  83. Cherubino

    lycopodium, non credo affatto che quelle formule siano migliori di quelle attuali, il che sarebbe quasi insinuare che la Chiesa abbia sbagliato o abbia fatto in grado minore il bene dei fedeli con la riforma liturgica. E ripeto che non bisogna dare un valore magico alle formule, come se non possano essere efficacemente sostituite (con la prudenza dovuta e dall’autorità legittima). Credo anzi che si debba andare in senso opposto, attuare pienamente quella liturgica rimasta a metà.
    Non è tanto il rito antico a formare e ad avermi formato, ma la familiarità con la Sacra Scrittura, l’ascolto di coloro che spezzano la Parola, la meditazione e la lectio. Il novus ordo ha aumentato di 10 volte la presenza della Scrittura nella liturgia, sarebbe assurdo tornare indietro. La mistagogia poi è decisamente più efficace in lingua volgare, dato che richiede la comprensione da parte dei partecipanti. E non dobbiamo poi dimenticare che se il novus ordo presta il fianco ad esagerazioni in un senso, anche il rito antico presentava punti di debolezza: dalle donne che recitavano il rosario durante e in parallelo alla Messa, alla comunione infrequente, dovuta tra l’altro ad una morale che spesso alimentava lo scrupolo e l’ossessività. Questi aspetti possono avere una giustificazione storica, ma bisogna pure ammettere che il fatto che la Chiesa li abbia corretti è stato un grande sviluppo sotto il soffio dello Spirito Santo, la grande pentecoste di cui parlò giovanni XXIII a proposito del Concilio Vaticano II. Il che non vuol dire rigettare ciò che c’era prima, ma ammettere che il Signore pota l’albero della Chiesa con Sapienza, tagliando i rami secchi e tenendo quelli buoni. Certamente farà questo anche con la Chiesa attuale, ma non per tornare indietro, quasi a re-innestare i rami tagliati, ma per fare “una cosa nuova” e per far sì che “noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.” (2 Cor. 3,18)

    22 Aprile, 2009 - 18:26
  84. Cherubino

    e non capico poi perchè dire “ti supplichiamo Signore di allontanare da noi le nostre iniquità, perchè possiamo presentarci con cuore puro alla tua presenza, per Cristo nostro Signore” sia deritualizzare e decorporalizzare (cosa vuol dire poi ?) la corrispondente frase “Aufer a nobis, quaésumus, Dómine, iniquitátes nostras: ut ad Sancta Sanctórum puris mereámur méntibus introíre. Per Christum Dóminum nostrum”.
    Mi sembra che qui entra in gioco in realtà un elemento umano, nobilmente piscologico, ma solamente psicologico. Dire “Signore” e dire “Domine” sarebbe diverso dal punto di vista della teologia spirituale ? questo è inaccettabile. Anzi, la verità biblica e storica ci dice che i cristiani hanno amato più le parole “popolari”, “affettuose”, quotidiane usate da Gesù e dai suoi amici: “Abbà”, “rabbì”. Parole ebraiche, anzi aramaiche, poi parole greche. Lo stesso nome del Signore, il nome nel quale veniva invocato la salvezza e scacciati i demoni, è un nome popolare, un semplice Jeshuà, portato da un piccolo artigiano palestinese.
    Perchè non tornare allora al greco ? perchè non far nostra la grande liturgia della chiese orientali, che a solennità e luminosità sono di gran lunga superiori sia al novus ordo che al vetus ordo latino ?
    E perchè non recitare il Padre nostro in ebraico ? o i Salmi: Gesù li diceva in quella lingua…

    22 Aprile, 2009 - 18:40
  85. lycopodium

    Di tutto un po’:
    1) Comunicazione di servizio per Matteo: a dire il vero, la possibilità di commentare c’è, direttamente al Querculanus: vai su “Visualizza il mio profilo completo” http://www.blogger.com/profile/17481619198591329626 e trovi l’email; è quello che ho fatto io …
    2) Grazie Fiorenza!
    3) Cherubino, scusami, ma nei tuoi due ultimi commenti c’è una tale profluvie di forzature della mia posizione, che mi è davvero difficile rispondere. Non è un problema di lingua, anche se le sempre più banalizzanti traduzioni lo stanno facendo pure diventare. Semmai, visti gli esempi, non è solo la dimensione verbale in gioco, anzi farne solo un problema di comprensibilità verbale è uno degli aspetti del problema attuale … Io dico che è un problema di “distanza adeguata”; quella antica preghiera dovrebbe essere l’atteggiamento basilare di ogni celebrante, sacerdote e fedele, vetus o novus ordo che si tratti.

    22 Aprile, 2009 - 19:34
  86. Cherubino

    caro Lycopodium, mi spiace se hai riferito a te la maggior parte dei passaggi dei miei post. Per chiarire: credo che quando si scrive in un post si scrive per tutti, anche se si parte da una risposta a qualcuno. Per quanto mi riguarda, in genere espando il discorso e quindi non ogni passaggio è riferito al post da cui prendo spunto o al quale rispondo. Altrimenti basterebbe la corrispondenza privata.
    Ciò detto però confesso che faccio fatica a comprendere certi tuoi termini: “decorporalizzare” prima e ora “distanza adeguata”. Cosa intendi ? il senso della santità di Dio ? della sua “alterità” ? ma in questo (se questo è il significato del termine) dobbiamo proprio recuperare la tradizione per eccellenza, quella del kerygma, il Crocifisso ci dice che l’Altissimo si è consegnato nelle nostre mani, si è reso tangibile e ha squarciato il velo del Tempio, ci ha resi “concittadini dei santi e familiari di Dio” e non più “stranieri né ospiti”. (Ef.2)
    E’ giustamente questione di atteggiamenti, ma l’atteggiamento principale del cristiano -e quindi del sacerdote- è quello filiale, perchè lo Spirito grida in noi “Abbà, Padre”.
    Proprio questa mattina stavo leggendo l’ultimo numero di La Civiltà Cattolica. C’è un articolo sullo scrittore Green, cristiano. Un personaggio di un suo racconto parla della “spaventevole” umiltà di Dio che si lascia rifiutare e oltraggiare senza mai smettere di aspettarci e cercarci. L’autore dell’articolo si sofferma su questa dimensione “spaventosa” del farsi piccolo di Dio. L’eucarestia ne è il segno: fragile, spezzata, abbandonata nelle nostre mani, poca cosa per le categorie del mondo. La “distanza” di Dio è quindi “adeguata” quando la raffiguriamo per quello che Egli ha voluto rivelare di sè: infinità capacità di perdersi per amore. Paradossalmente Egli è il Santo, l’Altissimo, quando si fa prossimo a noi fino a perdere la vita per questo. Il Vangelo di Giovanni è il poema di questo paradosso: la Gloria è la croce, nel processo è Gesù che viene raffigurato come il giudice, la resurrezione e la pentecoste sono realizzate già nella morte (l’emissione dello Spirito e il segno del sangue e dell’acqua, nonchè altri particolari), come un tutt’uno. Il suo amore totale è quindi “spaventevole”, perchè non sarà mai ripagabile, mai egualigabile. Esso, seppur umile anzi proprio per questo, ci costringe all’umiltà. E’ questa la “distanza” di Dio: essere una fonte di vita e d’amore alla quale noi non potremo mai dare in cambio null’altro che il nostro grazie.

    23 Aprile, 2009 - 10:26
  87. lycopodium

    No problem, Cherubino.
    Da parte mia ci vorrebbero dieci pagine di risposta, oppure nessuna.
    O un piccolissimo abbozzo: trovo infatti significativo che, oggi, siano così incomprensibili termini quali “decorporalizzare”, “deritualizzare”, “giusta distanza” …

    24 Aprile, 2009 - 6:59
  88. lycopodium

    Sempre per Cherubino, se ci legge:
    «L’adorazione, la giusta modalità del culto, del rapporto con Dio, è costitutiva per la giusta esistenza umana nel mondo; essa lo è proprio perché attraverso la vita quotidiana ci fa partecipi del modo di esistere del “cielo”, del mondo di Dio, lasciando così trasparire la luce del mondo divino nel nostro mondo» (Josef Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, p. 17).

    26 Aprile, 2009 - 8:22

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