Mese: <span>Dicembre 2010</span>

Cielo limpido e gran freddo su Roma mentre prendo il treno per due conferenze (a Collecchio, Parma, stasera e domani) che mi impediscono di essere in piazza “Con l’Italia che vuole cambiare”. Alla manifestazione partecipano mia moglie con le colleghe della scuola e i figli che sono a Roma e io con loro. Per affrettare i tempi della fuoriuscita dal sonno della politica e dallo stordimento mediatico che ci tengono a ronfare mentre intorno infuria ogni emergenza: metto tra le prime il lavoro dei giovani e i tagli alla scuola. Che intendo per stordimento mediatico? Stamattina il TG5 questa giornata di protesta la presentava così: “In tutta Italia gazebo di sostegno al Governo. A Roma manifestazione del Pd”.

Sakineh Mohammadi Ashtiani è libera e io sono contento (vedi post del 31 agosto: Pietre lanciate a Sakineh e a Carla Bruni che la difende): basta a ogni giorno la sua letizia.

“Sì, io lo perdono. Perché anche mio marito, se fosse stato vivo, io lo so, avrebbe fatto la stessa cosa. Perché, sapete, per tutta la vita noi due siamo stati educatori e prima ai nostri figli e poi a tutti gli alunni delle scuole abbiamo sempre e solo insegnato la legalità, la giustizia, la non violenza. Se fosse vivo, Fortunato, direbbe lui stesso ai suoi ragazzi: adesso calma, non cercate la vendetta, non seminate odio e discordia nel paese. Sapete, io in classe a Gizzeria ho tanti alunni marocchini, tanti bambini che spero presto di rivedere e di poter riabbracciare. Ecco voglio adesso dir loro che il mio bene non è mutato e tornerò in classe senza rancore, con la voglia intatta di dialogare ancora. Noi eravamo una grande famiglia. Unita, anzi unitissima. Abbiamo cresciuto figli (Alessandro e Chiara, ndr) nella fede cristiana. Ed è per questo che dico che la morte oggi non è riuscita a spezzare questo vincolo, io credo anzi che Fortunato dal cielo continuerà ad accompagnarci ogni giorno che resta nel nostro cammino terreno. Adesso mi aspetto che la giustizia faccia il suo corso, naturalmente, perché io credo nella legge e credo che vada sempre rispettata. Però quello che m’importa veramente non è tanto che il ragazzo marocchino venga punito, quanto piuttosto che egli capisca, che si renda conto, che impari qualcosa da tutto il male che ha fatto. Non conta la pena. Conta l’educazione”. Sono parole di Teresina Natalino, moglie di Fortunato Bernardi, insegnante di ginnastica ucciso insieme ad altri sei ciclisti domenica, a Lamezia Terme, da un immigrato marocchino di 21 anni che li ha travolti con la sua automobile. Quelle parole le ha raccolte il collega del Corsera Fabrizio Caccia in un ottimo articolo pubblicato ieri a pagina 23 con il titolo LA MOGLIE DEL PROF: “LO PERDONO, LUI LO AVREBBE FATTO“.

Può il sindaco di Firenze Matteo Renzi andare a casa del premier a trattare affari di sua competenza? Io dico di sì. Non era meglio se andava a Palazzo Chigi? Dico ancora di sì, ma con tutto quello che crolla intorno non vedo qui alcun problema. Tranne questo: che se non sono cavolate, non ci appassioniamo.

Nasce domani La Bussola Quotidiana (BQ), un quotidiano online che offrirà «una prospettiva cattolica nel giudicare i fatti del giorno»: www.labussolaquotidiana.it. Nasce dal giro dei colleghi del Timone, che ha dodici anni e il sottotitolo Mensile di informazione e formazione apologetica. Direttore editoriale della Bussola è Vittorio Messori, direttore responsabile Andrea Tornielli, caporedattore Riccardo Cascioli, redattori Marco Respinti e Antonio Giuliano. Tra i collaboratori: Ettore Gotti Tedeschi, Luigi Negri, Robi Ronza, Massimo Introvigne, Giorgio Torelli, Gianfranco Fabi, Rino Cammilleri, Paolo Rodari, Claudio Risè, Vincenzo Sansonetti, Saverio Gaeta, Francesco Agnoli, Carlo Bellieni, Bernardo Cervellera, Mario Palmaro, Giacomo Samek Lodovici, Piero Gheddo, Giorgio Carbone, Roberto Marchesini, Jacopo Guerriero e Gianni Valente. Sono colleghi combattivi e io gli dico: buona navigazione!

«La liturgia rinnovata dopo il Concilio osa insegnarci a cantare ‘Alleluia’ anche nella Messa per i Defunti. È audace questo!»: così ha parlato Benedetto nell’omelia della Messa di addio per Manuela Camagni – una delle quattro Memores Domini che gli tengono la casa – il 2 dicembre, nella Cappella Paolina. Riporto e commento l’audace riflessione del papa sulla morte e l’alleluia nel mio bicchiere settimanale di VINO NUOVO. Riferisco – tra l’altro – di aver conosciuto “due persone che hanno chiesto, per il loro addio, il canto dell’Exultet”. Qui ho più spazio e posso completare l’informazione: si tratta del vescovo Luigi Maverna e del padre carmelitano Riccardo Palazzi, da me narrati nel capitolo ottavo CELEBRAZIONE ECCLESIALE DELLA PROPRIA MORTE della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

Dedico a chi ama Monicelli (vedi post di ieri e del 30 novembre) l’addio di Brancaleone al mercante ebreo Abacucco nel mezzo del film Brancaleone alle crociate (1970), dopo che Abacucco è stato battezzato a forza dai “crociati”:

Abacucco: Arrivette lo mio momento: non sento manco più li dolori a li piedi, oramai.
Brancaleone: Abacucco! E se anco fosse? Io credo che anderai a star bene. Io non vorria dire se tu, or che trapassi, irai allo paradiso nostro dei cristiani o a quello de la tua gente e de lo tuo Dio di prima; ma per certo, io credo che sarà sempre meglio di questa vita che ci toccò in sorte.
Abacucco: Anco io lo credo.
Brancaleone e gli altri: Non soffrirai più lo freddo, né calura, né fame, né sete, né bastonate, né spaventi, ma uno cielo sempre a bello e l’uccelletti sui rami degli arbori in fiore, e l’agnoli che ti daranno le gran pagnocche di pane, e cacio, e vino, e latte in abundanzia, e ti dicono “Vuoi, vecchio? Piglia! Ancora vuoi? Piglia! Mangia, bevi, vecchio!, fatti sazio, e dormi… vecchio!… dormi… dormi…”.

Così nel film si addorme Abacucco con i “cristianucci” intorno. Mentre Mario se ne è andato da solo, non riuscendo più a “portare” questa vita che ci toccò in sorte. Per quello che mi riguarda, essendogli un poco amico, io l’accompagno come posso nel ricordo e nell’attesa.

«Queste campane – ha spiegato il parroco Don Francesco – erano anche le sue, era una brava persona. Quando muore una persona le campane servono ad avvisare il cielo che sta arrivando qualcuno». Conoscevo Mario Monicelli (vedi post del 30 novembre), conosco don Francesco e le campane di Santa Maria ai Monti. So a che servono le campane e sono contento che don Francesco le abbia suonate per salutare Mario. Non potevo essere ieri mattina nella piazza della Madonna dei Monti, perchè mi trovavo fuori Roma per conferenze (vedi post di ieri), ma c’erano mia moglie e alcuni miei amici. Le parole di don Francesco le ho lette ora nel Corriere on line.

Scrivo da Montegranaro, Fermo, dove ieri sera ho avuto un incontro con l’Azione Cattolica su COMPROMETTERCI NELLA STORIA SENZA COMPROMETTERE IL VANGELO. Stasera sarò a Imola su LA CHIESA DI OGGI TRA GIOIE E DOLORI. Ieri mattina – prima di prendere al Castro Pretorio la corriera per Fermo – ho partecipato a un’assemblea autogestita del liceo scientifico Cavour su CHIESA E STATO. Hanno introdotto tre ragazzi, aula magna stracolma. Poi tre ospiti: Stefano Rodotà, don Paolo Tammi e io. Tre ore e mezza, un dibattito grintoso, civile. Un bel liceo. Felice io di ritrovare l’ottimo don Tammi che una volta mi aveva chiamato alla sua parrocchia e il saggio Rodotà, che avevo conosciuto a Repubblica negli anni 70. Interessatissimi e pieni di domande i ragazzi e le ragazze. Gran cosa i licei che funzionano.