Mese: <span>Novembre 2011</span>

Come già il 30 maggio [Quattro figli e una nipote] ecco qui figli e nipoti che più belli non si può. Stavolta sono sei perchè è in scena il fotografo che ha organizzato l’inquadratura. “Quest’autoscatto è una frana” sta dicendo il primo da sinistra. La seconda: “Sono io che l’imbruttisco”. Il terzo: “Non ti impressionare – non è poi così cattiva”. La quarta: “Non lo guardo per non metterlo a disagio”. La quinta: “Lo catturo facendo la splendida”. L’ultimo: “Stavolta funziona – ve lo dico io”.

“Il paradigma [per valutare l’incidenza della crisi] non sono i ristoranti affollati ma le mense della Caritas che si riempiono di nuovi poveri”. E’ un buon contropiede di Pisanu al premier che aveva evocato i ristoranti pieni per dire che gli italiani “non sentono la crisi” montata dai giornali. Per me Beppe Pisanu è il politico di centrodestra che dice da otto mesi le parole più giuste. Vedi post del 7 settembre e del 7 luglio.

Qui si narra la storia di un giusto che rubava per curare e sfamare: “Emil J. Kapaun era un prete cattolico nato a Pilsen, nel Kansas (USA). Durante la guerra di Corea si era arruolato nell’esercito americano ed era stato assegnato come cappellano militare alle prime linee con il 3 battaglione, 8 Reggimento Cavalleria, 1a divisione. Durante una ritirata nei pressi di Unsan rimase indietro per aiutare i feriti e fu perciò catturato il 2 Novembre 1950. Nel momento della sua cattura vide un soldato cinese pronto a sparare a un ferito americano e con un gesto fulmineo spostò il fucile e aiutò il ferito caricandolo sulle sue spalle e portandolo per circa 170 km di marcia fino al campo di prigionia di Sombakol“. Nel secondo e terzo commento il resto della storia e la sua fonte.

Torno ora – alle 19,12 – da piazza San Giovanni: una bella folla, un buon discorso da futuro premier: “Le liberalizzazioni noi le sappiamo fare e le faremo – I sacrifici dovranno essere decisi e affrontati nell’equità. Chi ha di più dovrà dare di più. Chi non ha pagato nulla dovrà essere il primo a pagare – Dovremo ridare all’Italia governanti credibili e responsabili – Riporteremo il nostro Paese alla sua dignità, al suo buon nome, alla tradizione europeista di Spinelli, di De Gasperi e di Prodi – Un’ora di lavoro stabile dovrà costare un po’ meno e un’ora di lavoro precario dovrà costare un poco di più – Un bambino nato qui di qualunque colore sia è un italiano“. Ciò che mi è piaciuto di più: la faccia serena della tanta gente. Ciò che mi è piaciuto di meno: la contestazione a Renzi che è un aiuto a svecchiare.

Bini Smaghi Draghi Monti Tremonti: era un pezzo che non mi veniva un endecasillabo – vedi Su Roma l’alto grido dei gabbiani – così carico di rime interne e di scongiuri. Ne tiro auspici per i destini collettivi. Non a motivo dei nomi che si accavallano a modo degli incubi di notte ma per il ritmo propositivo e quasi impositivo.

Per la paura della morte non vi sono rimedi facili, non basta per esempio imporre a se stessi di non pensarvi. Io non conosco metodo migliore che quello di concentrarsi nel presente. Si può così attualizzare anche il modo con cui Cristo ha sconfitto la morte, offrendosi tutto a Dio Padre. Pur morendo di una morte ingiusta e crudele, disse: «Nelle tue mani, Padre, affido il mio Spirito». Questo è il segreto! Se non ci affidiamo a Dio come bambini, lasciando a Lui di provvedere al nostro avvenire, non arriveremo mai a fare quel gesto di totale abbandono di sé, che costituisce la sostanza della fede“: così domenica 30 ottobre il cardinale Martini ai lettori del Corriere della Sera che lo interrogavano sulla morte. Dedico le sue parole ai visitatori in questo due novembre che il calendario della Chiesa Cattolica segna come Commemorazione di tutti i defunti. Nel primo commento un’altra risposta del cardinale.

Ieri (vedi post precedente) festeggiavamo i sette miliardi, oggi è la festa di tutti santi, domani ricorderemo tutti i morti: una tre giorni di famiglia allargata che non dimentica nessuno. “E fu detto loro di pazientare ancora un poco, finchè fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli”: Apocalisse 6. “Il sogno di Dio – ha detto stamattina il celebrante a Santa Prassede – è di portare il numero dei suoi figli alla pienezza di quella moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”. Un bel saluto allargato a tutti, a tutti.