Anno: <span>2012</span>

Sono tornato nella mia Bologna felice di goderla al femminile come già nel post del 22 ottobre: Dal platano di piazza Malpighi alla Salaborsabebè. Ero lassù per un dibattito dei MARTEDI’ DI SAN DOMENICO su Evangelizzazione e mass-media con l’arcivescovo Claudio Celli e stamane, prima di andare al treno, ho fatto un salto alla Cappella Ghisilardi, sulla sinistra della facciata di San Domenico, magnifico ambiente sognato da un Baldassarre Peruzzi (1481-1536) in grande forma, che qui svolge in chiave scenografica l’epica michelangiolesca conosciuta in Roma. Vi erano attivissime due donne ad allestire una”Fiera del Bianco” natalizia in soccorso a una di Finale Emilia che ha avuto il negozio abbattuto dalle scosse e che ha trasferito qui il suo magazzino. Faceva freddo a Bologna, -4 nella notte, ma li stavo bene tra donne che si davano da fare per soccorrere una sorella mettendo in mostra i suoi vestiti. Salutate le provvide ho avuto il tempo di passare alla Salaborsabebè timoroso di trovarla sguarnita per il freddo e invece era affollata, alle 10,30, da una quarantina di donne e di bambini. C’erano anche due nonni e due mamme cinesi. L’altra volta cantavano, oggi agitavano sonagliere. Io incantato come allora. Se capitate a Bologna andate a quella meraviglia, non si paga niente e non c’è di meglio in città.

«Walter quando si parlava della morte voleva che il suo funerale fosse una festa, perché sarebbe stato il momento dell’incontro con Gesù. Per questo, dopo la sepoltura, vi invitiamo a fare festa a Villa Brea dove lavorava»: parole
di Marcella moglie di Walter Beccaria, responsabile di una cooperativa di servizi a Chieri, Torino, morto di infarto il 21 novembre a 56 anni. Ho esultato a leggere in Tracce.it quelle parole e le ho festeggiate con un bicchiere di Vino Nuovo.

Non si può mandare in malora i sacrifici di un anno, che sono ricaduti spesso sulle fasce più fragili. Ciò che lascia sbigottiti è l’irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa sta ancora bruciando“: sono parole del cardinale Bagnasco al “Corriere della Sera” chiarissimamente indirizzate al riberlusca. Ecco il link al testo integrale dell’intervista. Su quanto avevano detto del riberlusca Avvenire e Tg2000 vedi il post del 7 dicembre: le loro parole aiutano a intendere in testo e contesto quelle del cardinale.

Aggiornamento a martedì 11 dicembre. Sull’intervista del cardinale Bagnasco al Corsera e sugli editoriali di Avvenire e del Tg2000 LIBERAL pubblica oggi un mio pugnace articolo con il titolo: La Chiesa si è schierata col professore.

Di nuovo e sempre grandi baruffe nel blog. Considero questa turbolenza come un dato di natura: come la bellezza dei fimmini, o la vitalità dei masculi. Ma qualcosa mi sono imparato – si dice a Roma – in sette anni di gestione del sito. Ed eccomi a introdurre una regola che qui mai fu mentovata: appena uno dice “questo è il mio ultimo commento” io lo depenno. Così diamo credito alle parole. Evitiamo la ridondanza del patetico. Se poi quel tapino ci ripensa, mi manda un’e-mail e io lo reintroduco. Altro punto che dev’essere chiaro: chi offende con parole tipo “cafone coglione canaglia” è un pirla. E chi si offende per simili flatus avuti da suoi confrati è anch’egli un pirla. Chi prima offende e poi si offende è pirla due volte. Quindi non facciamo drammi se capita e ricapita: di pirla è pieno il mondo. I più pirla di tutti sono infine quelli che firmandosi con pseudonimo pretendono di insegnare i “modi” a chi si firma per esteso: tipo quello che stando nascosto dice “vigliacco” a chi parla nominandosi. Infine un richiamo al principio di realtà: il blog è frequentato da 13-17 mila visitatori diversi al mese, le quattro decine di visitatori che lasciano commenti sono un’inezia in rapporto alla moltitudine. E’ a quella che io bado, i pirlanti con moto se ne facciano una ragione.

Festa di neve oggi sull’Appennino. Ieri ero a Rozzano, Torre di Mordor, vedi il post precedente. Stamane i miei ospiti mi hanno portato da Rozzano ad Abbiategrasso dove dovevo infilarmi nella Metro 2 per la Centrale. E l’ho fatto con l’abituale disinvoltura e ho calcolato il tempo a ogni fermata, correndo infine come un cervo su per per le rampe della Centrale e ho visto il mio treno dileguarsi sinuosamente mentre io piegato in due cercavo il fiato. Sono arrivato a Roma – complice la neve sull’Appennino – con quasi due ore di ritardo, ma nessuno mi attendeva con ansia, tutto era sotto controllo, il telefonino teneva aggiornata la famiglia. Con mia sorpresa non ho dovuto rifare il biglietto: al Club Freccia Oro mi hanno detto che era valido quello che esibivo con tremore e mi hanno trovato un posto in un treno gemello di un’ora dopo. Tutta la Lombardia bianca come una tovaglia, con su alberi e arbusti di cristallo. Giunti a Bologna per una complicazione che non ho capito la mia Freccia non ha fatto la linea veloce ma quella “storica”, la mia preferita, perché ti squaderna gratuitamente lo scenario delle montagne, mentre la direttissima è quasi per intero in galleria. Felice come un bambino a vedere la nevicata sulle montagne. Ve la dedico con grande altruismo.

Il ritorno di Berlusconi è qualificato da “Avvenire” di oggi – ne L’altro editoriale di Marco Tarquinio – come “una decisione dirompente e senza vero motivo” e come “una mossa destabilizzante”. “Tg2000” – diretto da Dino Boffo – già ieri aveva commentato che “dà malinconia che una vicenda ventennale abbia un epilogo tanto miope per non dire meschino”. – Sono a Rozzano, nel milanese, dove ho tenuto nel pomeriggio un incontro sul Concilio nella parrocchia intitolata a Sant’Ambrogio [per chi voglia orientarsi a vista, Rozzano è nella zona della Tangenziale Ovest dominata dalla Torre Telecom che io chiamo, scherzando con i figli, la Torre di Mordor]. C’è stata – mentre parlavo – una bella nevicata. Avendo viaggiato non ho letto molti giornali e i giudizi sul Berlusconi scongelato riportati sopra, presi dalle due testate ecclesiali, sono i più equanimi nei quali mi sia imbattuto.

Visitatori belli c’è stato un blocco del sito per circa otto ore – chiedo scusa a tutti. Ma ora la situazione è normale. Forse il sistema non voleva saperne avendo io iniziato a battere un post sul ritorno di Berlusconi. Anche le macchine hanno un’anima. Buona notte a tutti. E niente ansie: torna l’ombra sua che era dipartita ma farà ridere i polli.

Un morente vede un mendicante, lo benedice e vuole esserne benedetto. Un prete chiede la benedizione all’infermiera che l’assiste. Una brasiliana trovandosi a un colloquio drammatico con il vescovo gli chiede di benedirla e gli dà la sua benedizione. Un anziano amico che veniva dalla Germania, in occasione dell’ultima venuta mi disse: “Porta al papa la mia benedizione”. Vado a fare visita a un collega morente e ai saluti gli dico: “Dammi la tua benedizione” e gli do la mia. Sono del parere che vada rimessa in onore la “benedizione” come liturgia quotidiana del cristiano comune: non solo quella dei genitori ai figli, già frequente e oggi rara, ma ogni benedizione da persona a persona, nella coppia e in ogni relazione, compresi i figli che benedicono i genitori o il cristiano comune che benedice un consacrato. Comprese le relazioni della blogsfera. E’ l’avvio con moto di un mio testo sulla “benedizione come liturgia del cristiano comune” appena pubblicato dalla rivista “Il Regno” e che può essere letto qui: “Benedicimi” chiede il morente al mendicante. Per scrivere avevo chiesto aiuto ai visitatori e ora torno a chiederlo per una seconda puntata.

Le primarie del Centrosinistra hanno laureato Matteo Renzi come leader politico ma hanno anche segnalato, in lui, il primo affaccio nazionale di una nuova figura di cattolico in politica che potremmo qualificare – in via sperimentale – come cattolico non identitario e quasi inapparente ma praticante vero, di lunga formazione associativa, impegnato con la famiglia nella vita parrocchiale. Insomma: un cristiano credibile, serenamente mescolato alla città secolare. – E’ l’attacco suicida di un mio articolo pubblicato oggi da LIBERAL alle pagine 1 e 5 con il titolo Renzi, la nuova identità del cattolico senza identità.

Marrano era l’ebreo convertito al cristianesimo, “poco fidato perché in segreto fedele al giudaismo”: così Alfredo Panzini nel “Dizionario” del 1905 che già la dava come “voce semispenta”, se non “nel senso di furfante e di maleducato”. Ma il destino delle parole, come quello degli umani, è pieno di soprassalti e anche “marrano” ha ritrovato la sua attualità verso la metà del secolo scorso con i battesimi per scampare alla persecuzione nazista. Una scheggia di quel revival arriva oggi a noi, calda di passione e di accoramento, con la rivendicazione del “nobile titolo di marrano” che compare in un libro confessione di Bruno Bartoloni (“Le orecchie del Vaticano”, Mauro Pagliai Editore, pp. 252, 18 euro), ebreo battezzato per sfuggire alla persecuzione e vaticanista di lungo corso che afferma di aver sempre guardato al Vaticano “con occhi marrani”. E’ il promettente attacco di un mio articolo sui “marrani” di ieri e di oggi pubblicato dal quotidiano LIBERAL il 27 novembre alle pagine 8 e 9 con il titolo Elogio del marrano.