Mese: <span>Marzo 2014</span>

“Quando io e mia sorella eravamo nella pancia della mamma, il fratello che ha quattro anni di più diceva che ‘aveva perso la mamma’ e il papà lo portò sotto la finestra del reparto di maternità dove la mamma era ricoverata e si affacciò alla finestra per farsi vedere. Ora davvero l’abbiamo persa la nostra mamma ma non abbiamo perso il suo amore e la promessa del ritrovamento che c’era in esso”: così il mio parroco don Francesco all’omelia per la messa di addio della mamma Rosalba. “Ho paura di morire” sono le ultime parole della mamma riferite da don Francesco che ha aggiunto: “Prima ce l’ha detto con le parole e poi con gli occhi. Ha avuto paura di morire come lo stesso Gesù ma non aveva avuto paura di vivere. Che cosa non ha fatto per noi figli. Il papà andava al suo ufficio con il tiralatte e lo portava a casa per darci il suo latte. Questi ultimi quaranta giorni abbiamo avuto da lei una catechesi del corpo. Ci ha soccorso la parola di Dio: il Risorto fece vedere il suo corpo piagato. Noi abbiamo salutato la mamma alla vista delle sue piaghe. Attendiamo di vederle sanate come quelle del Risorto”.

Non ho mai incontrato Mario Palmaro che è morto ieri dopo lunga malattia, l’ho letto poco, non condividevo la maggior parte delle sue denunce ma gli volevo bene come a persona che le faceva con sincera dedizione. Da quando avevo saputo della malattia l’accompagnavo come potevo nell’invocazione della misericordia del Signore. Mando un bacio ad Annamaria e ai loro quattro figli e un pensiero fraterno a lui, per ringraziarlo delle parole piene di senso e arricchenti che ebbe a dire sulla malattia e per quelle con cui narrò la telefonata del Papa. Le riporto nei primi due commenti.

“Alle ore 18 di oggi presso la Casa Divin Maestro in Ariccia iniziano gli Esercizi Spirituali della Curia Romana ai quali partecipa il Santo Padre Francesco. Le meditazioni saranno proposte da mons. Angelo De Donatis, Parroco di San Marco Evangelista al Campidoglio in Roma. Gli Esercizi si concluderanno venerdì mattina 14 marzo”: abbiamo visto Francesco salire sul pullman portando la sua borsa. Le novità sono due: la scelta di un parroco di Roma come predicatore (in genere erano cardinali o grandi nomi della teologia, o vescovi teologi) e l’opzione per la formula residenziale. “La scelta in andare in autobus ad Ariccia è la dimostrazione che si è famiglia, che si è carovana di Dio”, ha detto Mario Toso, Segretario del Consiglio Giustizia e della Pace, intervistato da Tgcom24: “Ognuno di noi pagherà la propria stanza: noi siamo stipendiati, quindi è logico che chi ci stipendia non debba erogare un’ulteriore cifra per pagare gli Esercizi di ciascuno”.

Dalla finestra dell’Hotel Contà lodo gli alberelli del Soligo e le anatre sull’acqua.

Aggiornamento al 9 marzo. La foto è stata segnalata da un visitatore al commento 2 e da me inserita.

“Quella croce l’ho messa qui, in tasca. Le camicie del Papa non hanno tasche, ma io sempre porto qui una busta di stoffa piccola, e da quel giorno fino ad oggi, quella croce è con me. E quando mi viene un cattivo pensiero contro qualche persona, la mano mi viene qui, sempre. E sento la grazia! Sento che mi fa bene. Quanto bene fa l’esempio di un prete misericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite”: così ieri Francesco ai preti di Roma. Nei primi commenti l’intero ricordo dell’ultimo saluto del vescovo Bergoglio a un uomo di misericordia.

“Mio padre era un grande perché gridava, perché il suo desiderio di felicità era più grande di qualsiasi concerto, droga o storia d’amore. Citando la sua frase ‘Dio ci deve delle spiegazioni’, speriamo proprio che adesso gliele dia”: parole di Margherita Antoni, 15 anni, per il padre Roberto Freak Antoni, la voce degli Skiantos, morto di lunga malattia a Bologna il 12 febbraio dopo una vita spericolata. Era un funerale in comune. Margherita ha invitato gli amici a dire con lei un’Ave Maria. Altre sue parole: “Mio padre era uno triste, uno senza speranza, un infelice in senso buono, un irrequieto”. “Infelice in senso buono”: così una figlia riscatta l’infelicità di un padre. Un bacio a Margherita e un bicchiere di Vino Nuovo a tutti voi.

De Bortoli: “Ha mai chiesto qualche consiglio a Benedetto XVI?” Francesco: «Sì. Il Papa emerito non è una statua in un museo. È una istituzione. Non eravamo abituati. Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri. Non lo sappiamo. Lui è discreto, umile, non vuole disturbare. Ne abbiamo parlato e abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio che vedesse gente, uscisse e partecipasse alla vita della Chiesa. Una volta è venuto qui per la benedizione della statua di San Michele Arcangelo, poi a pranzo a Santa Marta e, dopo Natale, gli ho rivolto l’invito a partecipare al Concistoro e lui ha accettato. La sua saggezza è un dono di Dio. Qualcuno avrebbe voluto che si ritirasse in una abbazia benedettina lontano dal Vaticano. Io ho pensato ai nonni che con la loro sapienza, i loro consigli danno forza alla famiglia e non meritano di finire in una casa di riposo». Qui l’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera.

Apro la finestra e vedo sfrecciare quattro gabbiani in formazione, ali aperte e tese manco fossero le Frecce Tricolori.

Enrico non parlava e non si muoveva, ma destava amore e rispondeva all’amore con il sorriso: i genitori adottivi Giovanna Vicenzi e Gian Battista Melini lo piangono come un prodigio, riconoscenti d’averlo avuto per più di trent’anni e desiderosi di riaverlo nel giorno del Signore. Se ne è andato il 28 febbraio. La messa di addio si farà domani alle 14,30, nella Chiesa parrocchiale del Tempio Votivo, di fronte alla stazione di Verona Porta Nuova. Quando me l’hanno fatto conoscere così me ne parlarono: “Enrico è per noi un angelo che ha una sua missione ed è nella nostra casa solo momentaneamente. Imparando a guardarlo così ci è divenuto chiaro che non potremmo vivere senza di lui per il tempo nel quale egli ci è donato. Osiamo dire che Enrico è per noi un segno e come un sacramento del mistero dell’Incarnazione: un segno che ci richiama a Gesù figlio di Dio che si è fatto uomo. Sperimentiamo ogni giorno i doni che il Signore ci ha dato invitandoci a vederlo in Enrico: la pace profonda dei cuori, la serenità della sua Provvidenza, la letizia vera della condivisione e della solidarietà”. Il mio incontro con Enrico è narrato qui. Nel primo commento dedico a Giovanna e Gian Battista, amici di cui vado fiero, una parola di Papa Francesco che pare scritta per loro.

Papa Francesco invita a vedere la Chiesa come un “ospedale da campo” dove si soccorrono i feriti della vita: la sua metafora ha oggi in Ucraina una verifica fattuale impressionante, con l’ospedale da campo che da tre mesi è in funzione nella Cattedrale di San Michele, a Kiev, dove medici e volontari assistono i feriti degli scontri di piazza. Si sono visti anche monaci e pope delle diverse denominazioni mettersi in mezzo tra polizia e dimostranti per impedire – finché è stato possibile – l’uso delle armi. E’ l’attacco di un mio articolo pubblicato oggi dal Corsera che si può leggere qui. L’ho scritto da Cagliari, dov’ero per un incontro con un gruppo di famiglie, molto vivo, animato dai padri Gesuiti. L’incontro era su Papa Francesco. Tra la visita alla Torre di San Pancrazio e la cena con il gruppo presso una famiglia – bel momento di Chiesa domestica – ho scritto a rompicollo questo articolo. Stamane la conversazione sulla “Riforma della Chiesa in uscita missionaria”. Rientro a Fiumicino alle 17,35.