Mese: <span>Giugno 2015</span>

«Dal 2010 iniziammo ad avere richieste varie di utilità da parte di funzionari ed amministratori: facemmo un esposto alla procura di Roma ma non ci fu seguito, tentammo anche la via della denuncia politica, ma anche questa via non portò risultati. Ed allora io in prima persona cedetti a queste richieste: moralmente giustificavo il mio agire con il classico fine che giustifica i mezzi. Tali richieste si sono poi accentuate con gli anni e con il crescere della cooperativa; io continuavo a giustificare il mio operato con il fatto di creare occupazione per tante persone che altrimenti non avrebbero mai trovato lavoro. Da vittima divenni pian piano complice di un sistema corruttivo cresciuto sempre di più, sia a livello politico che amministrativo»: è un passo della lettera che Salvatore Buzzi ha scritto al Papa segnalando la propria adesione all’appello alla conversione che Francesco ha rivolto ai corrotti con la bolla di indizione del Giubileo. Nel primo commento un mio pizzino a Buzzi.

“Poi cominciano a cantare i grilli, seguiti dai cani che si mettono a singhiozzare sulla propria solitudine: infine è il momento dei galli che non aspettano l’alba per lanciare, beffardi, il loro messaggio di discriminazione razziale alle galline, che se ne stanno zitte zitte, chete chete e il becco in giù”: è un brano di una corrispondenza di Ettore Mo da Haiti, pubblicato dal “Corriere della Sera” dell’11 novembre 2012. Avevo staccato la pagina e segnato quelle righe: “Fare post di bella scrittura”. Oggi l’ho ritrovata e ora sto facendo il post. Occasione per mandare un saluto a Ettore, generoso collega. Nel primo commento un altro brano che avevo segnato di quella sua pagina capolavoro.

“Non è in agenda una visita di papa Francesco a Mosca. E’ in agenda un incontro tra il Patriarca Kirill e il Pontefice. Penso che avverrà in un paese neutrale, si sono già offerti per ospitarlo Austria e Ungheria. Ma non voglio né posso dire se avverrà nel 2015. La mia speranza è che siano questo Papa e questo Patriarca a riconciliarsi”: così il metropolita Hilarion Alfeyev, responsabile delle relazioni estere del Patriarcato di Mosca, parla al “Corsera” di oggi. Una buona notizia in mezzo a tante infauste.

Al tempo dei giganti due leoni andavano a piedi da Montemagno al Mugello. Giunti tra lume e scuro in vista delle sassose mura di Prato si videro chiudere la porta davanti ai lunghi baffi. “Che jella” disse il primo. “Meglio una notte da leone che una vita là dentro” disse l’altro che interpretava i proverbi a suo favore. Scambiavano ancora tra loro amichevoli battute, quando videro uscire dalla porta due giganti muniti di retino per farfalle (allora anche le farfalle erano giganti), che catturarono i leoni e li serrarono in una gabbia e fu così ch’ebbe origine la denominazione di Prato Porta al Serraglio che sempre mi saluta dall’altoparlante quando vado in treno da Lucca a Firenze. Che fu anche ieri. Nel primo commento una mia idea sui nomi e sulle favole.

Sono a Lucca per una conferenza, felice che m’abbiano alloggiato in via Poggio, davanti a San Michele in Foro e all’arcangelo che lassù s’adopera con la lancia dentro a quel dragone stoppaccioso. Aspetto un amico per la cena e seguo l’ombra che sale sulla facciata, capitello sopra capitello e l’arcangelo che ora pare la rimesti con quella lancia diventata un remo. Quando ronzo qua intorno ci resto invischiato. Nei commenti un paio di spiegazioni.

Oggi alle 18.30 presento l’enciclica Laudato si’ a Paoline Multimedia, in via del Mascherino 94, con la collega di TV2000 Elisa Storace. L’ho letta due volte: prima di corsa per l’anticipazione che ne fece Magister e che arrivò a me nel secondo pomeriggio, e c’era da scriverne in due ore per il “Corriere della Sera”. Una seconda volta, prendendo appunti, dopo avuto il cartaceo il giorno della pubblicazione ufficiale: 18 giugno. E’ un testo che sorprende, che ti apre gli occhi. Sono contento dell’invito che mi è venuto dalle Paoline e che mi costringe a stringere. Non è un’enciclica dottrinale ma una chiamata al discernimento. Incrocia l’attesa di molti che non attendevano un’enciclica su questo o questo da un’enciclica e sono presi dal vento di Francesco. Io tra loro.

“Riflettendo sulla storia delle nostre relazioni, non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede, e chiedo al Signore che ci dia la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri. È per iniziativa di Dio, il quale non si rassegna mai di fronte al peccato dell’uomo, che si aprono nuove strade per vivere la nostra fraternità, e a questo non possiamo sottrarci. Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!”: così Papa Francesco poco fa nel Tempio Valdese di Torino. Pietro Valdo: 1140 – 1206 circa. Francesco di Assisi: 1181 – 1226.

“Il lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce”: così Francesco stamane a Torino, durante l’incontro con il mondo del lavoro in Piazzetta Reale. Nei commenti altre parole e notizie sul Papa a Torino, dov’è andato per la Sindone che ha venerato in mattinata. Oggi pomeriggio incontra la famiglia salesiana che festeggia il bicentenario della nascita di don Bosco (1815-1888). Domani visita la comunità valdese: primo Papa a farlo. Sempre domani pranzerà, in arcivescovado, con i parenti piemontesi che già oggi ha salutato all’angelus dicendo di sé che è “nipote di questa terra benedetta”.

Ho visto il film “La Famiglia Bélier” e mi sono divertito e commosso come capita di rado. Nella sequenza del saggio di fine anno offerto ai parenti dal coro della scuola, quando il canto si smorza per aiutare lo spettatore a mettersi nei panni dei genitori e del fratello della sedicenne Paula, che sono sordomuti, una signora in sala ha gridato “voceee!”, come gridavamo nelle sale di paese degli anni Cinquanta. I momenti da me più apprezzati: quando sono in scena le mucche e quando Paula, al concorso di “Radio France” (che vincerà), comunica con il linguaggio dei segni le parole del suo canto ai parenti che assistono in tribuna. Andate a vederlo, c’è da ridere e c’è da piangere.