Su un barcone arrivato nella notte a Lampedusa c’erano 24 donne incinte. Meraviglia del coraggio umano.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
Da Città di Castello [vedi post precedente] a Sansepolcro. Poi a Monterchi, a cercare la Madonna del Parto di Piero della Francesca, che vidi trent’anni addietro, quand’era nella cappella del cimitero, dove acquistai una bella riproduzione che abbiamo da allora nell’ingresso della nostra abitazione. Ora è in un piccolo museo, ricavato in un edificio che fu una scuola elementare. Interminate considerazioni della mia Isa che è maestra, madre e invaghita persa di Piero. Mio appassionamento alla tabella degli INGRESSI, dov’è specificato che il boglietto intero è di 3,50 euro, quello scontato di 2,50, mentre hanno l’ingresso gratuito “i ragazzi fino ai 14 anni, i residenti nel comune di Monterchi, le donne incinte”. L’avviso è ripetuto in inglese: “Pregnant women”. Com’ero contento di questa tabella.
Sono a Città di Castello e scrivo questo saluto ai bloggers dall’Hotel Le Mura dopo aver parlato al Centro Studi Carlo Liviero di FEDE E CARITA’ AL TEMPO DI BEATA MARGHERITA E AI NOSTRI GIORNI. Bel tema e bella città, bella gente. In San Domenico ho visto per la prima volta l’urna della Beata Margherita di Città di Castello. Era cieca, rachitica, gobba e storpia e ne ho parlato come la donna delle beatitudini – “beati i poveri, beati gli afflitti, beati coloro che piangono” – e come tribolata che soccorre i tribolati, immagine quanto mai attuale dei rovesciamenti evangelici. Ho richiamato Luca 14, 21: “Esci per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi” e ho detto che lei che era povera storpia cieca e zoppa una volta entrata nel banchetto si è adoperata a tirare in esso ogni altro derelitto. E noi tra essi. – All’origine di questa mia venuta a Castello c’è l’iniziativa di Antonella Lignani, amica del blog, che ringrazio.
“Chi lava i piedi rovescia il mondo” è il buon titolo che quelli della trasmissione MENTRE di TV2000 hanno messo a un mio “racconto” della trasmissione del 21 aprile: vedi anche qui nel blog a questa data.
Dico no alla pubblicazione delle foto di Osama Bin Laden ucciso con due colpi in faccia. So bene che il mio parere non conta, ma lo dico a me stesso. E dico che mi attendo dagli Usa il gesto di pietà del poliziotto che dopo aver ucciso un bandito lo copre con un telo. Nè servirebbe a nulla – in realtà – la pubblicazione di una o più foto: si potrebbe sempre dire che sono montaggi. Nè vi è alcun bisogno di prove su una morte ammessa dagli stessi seguaci e familiari dell’ucciso. Si tratta solo di frenesia mediatica e di attrazione del macabro. Mentre la pubblicazione delle foto sarebbe oltraggio a un morto.
Una volta qui nel blog ho narrato la storia di un giovane vescovo che serviva per due ore al giorno i disabili di una casa di accoglienza dov’era ospitato un ragazzo con forte squilibrio mentale ma capace di qualche prestazione manuale. Un infermiere un giorno chiede al ragazzo di portare in bagno un bugliolo usato ed egli finge di non sentire. Al terzo richiamo risponde seccato: “Sono mica il vescovo io!” Il vescovo che faceva quei servizi è Benito Cocchi. Il ragazzo è Ivan Vecchi ed ora mi arriva la notizia della sua morte. Straripante di cordialità, Ivan era ospite della Casa della Carità di Corticella ed era detto il “benvenuto” della Casa, perché correva incontro a ogni ospite salutandolo con entusiasmo. Indimenticabili per chi l’ha conosciuto il suo viso alla Charlie Brown, l’entusiasmo con cui diceva a tutti “sono Ivan”, la bionarietà con cui spiegava che era “un po’ mongolo” ma che “ogni tanto molti lo sono”. Qui un più preciso racconto di Alessandro Canelli, bolognese e frequentatore di questo blog, che raramente lascia commenti ma che sempre ci legge.
Osama Bin Laden l’hanno beccato gli Usa, Saif al-Arab – ultimogenito di Gheddafi – l’ha ucciso un missile intelligente della Nato, i commercianti sottocasa hanno cacciato la barbona che stava con noi da un anno e tre mesi. Il mondo si va ripulendo a vista d’occhio.
Giovanni Paolo II con la forza di un “gigante” – e restando una “roccia” anche quando fu spogliato di tutto – ha aperto nel mondo d’oggi vie di predicazione del Vangelo che sembravano chiuse in maniera “irreversibile”; ha aiutato i cristiani a “non avere paura di dirsi cristiani” e ha rivendicato al cristianesimo quell’orientamento al futuro e quella “carica di speranza” che sembrava fossero stati “ceduti” alle ideologie secolari: sono le parole più vive dell’omelia di Benedetto XVI per la messa di beatificazione del predecessore. Qui la puoi leggere intera. Nei primi tre commenti i passi per i quali batto le mani a papa Benedetto.
Sono stato al Circo Massimo per la veglia in vista della grande festa di domani con il “beato” Giovanni Paolo II. Pieni gli occhi delle fiammelle che lo riempivano, come le lucciole viste da Dante “giù per la vallea”, vi saluto tutti e vi auguro un ottimo 1° maggio operaio, giovanile e wojtyliano.
Uno si chiama Assad, viene dall’Afghanistan e ha 18 anni. L’altro Ibrahim, è ghanese e di primavere ne ha 22. Me li hanno fatti conoscere due giovanissimi amici che sanno della mia passione per le storie di vita. L’intervista ad Assad, che vive a Bologna, è stata fatta da Pietro Canelli, che i visitatori del blog già conoscono: vedi post del 2 febbraio 2011 intitolato Alla stazione di Bologna in cerca dei barboni. Ibrahim al momento vive a Monterotondo, Roma, e il video in cui si racconta è stato girato da Paloma Goycoolea, studentessa romana. Qui il video di Ibrahim. La storia di Assad la trovi invece nei primi due commenti a questo post. Mando un bacio a Pietro e a Paloma: è così che si fa con i ragazzi stranieri. Parlando con Assad e con Ibrahim impariamo a diventare fratelli. Chi ha storie simili, me le mandi.
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