Il blog di Luigi Accattoli Posts

Le capre sono dispettose ma intelligenti. Si arrampicano, vanno sul bordo, saltano da una trave all’altra ma non cadono, non inciampano. Se si trovano in difficoltà ti chiamano. Fanno un belato basso, breve. Poi ascoltano ferme. Aspettano che arrivi o gli rispondi. Una era saltata contro il recinto ed era restata impigliata con il collare su un’asta di ferro e belava piano e attenta e non si muoveva. Un altro animale si sarebbe strozzato. I cani, i gatti, i cavalli sono intelligenti. Gli agnelli no, secondo me. Sono più tranquilli ma meno svegli. Vanno uno dietro l’altro. Le capre no”. – Sono a Recanati, dal contadino cacciatore. Mangiamo i fagiani che ha cacciato e mi godo i suoi racconti.

Sono in giro a trottola per l’Italia e mi capita di tutto. Martedì a Livorno ero a cena con il sindaco Alessandro Cosimi e il vescovo Simone Giusti che concertavano su come accogliere gli immigrati di Lampedusa. “Domani mattina alle sette sarò al Porto perchè a quell’ora ne arrivano altri duecento”, diceva Cosimi con il quale il pomeriggio avevo discusso della “morte dei giovani” al Centro culturale Piazza Grande. Ieri sera ascoltavo su La 7 il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che spiegava da Lilli Gruber le modalità di accoglienza in Toscana, con smistamento dei cinquecento arrivi in 22 centri, molti dei quali offerti dalle Caritas e altre strutture della Chiesa. Per la quota livornese avevo avuto un’anteprima dal vivo davanti a un vivissimo cacciucco da Beppino, alla Barcarola.

Tra lo stupore di molti il 1° gennaio scorso il Papa aveva annunciato una nuova Giornata delle religioni ad Assisi nel 25° della prima (27 ottobre 1986): oggi conosciamo lo svolgimento della nuova giornata e lo stupore forse resta ma ridotto di una buona metà. Vi sono infatti varie novità – tre o quattro – rispetto al 1986 e tutte nella direzione di un maggiore controllo dottrinale in modo da evitare contaminazioni e sincretismi. Una nota vaticana pubblicata sabato definisce l’iniziativa, gli dà un tema e ne articola lo svolgimento. Ci saranno il pellegrinaggio e l’affermazione del “comune impegno per la pace” come nel 1986; e come nel 2002 le delegazioni – Papa compreso – arriveranno in treno da Roma. Sanno nuovi: l’estensione dell’invito a “personalità” del mondo della cultura e della scienza, la mancanza di momenti pubblici di preghiera delle diverse religioni: la preghiera troverà posto in un “tempo di silenzio”. – E’ il didascalico attacco di un mio articolo pubblicato ieri da LIBERAL con il titolo LE NOVITA’ DELLA GIORNATA DI ASSISI INDETTA DAL PAPA.

Quando è incominciata l’insurrezione ci avevano proposto di fuggire. Ma io e i miei coadiutori – siamo in sei, cinque francescani e un salesiano – abbiamo detto no, abbiamo risposto che volevamo restare qui al nostro posto perchè il nostro primo scopo è stare vicino ai malati e ai sofferenti“: così Silvestro Magro, vescovo a Bengasi, che da quando è iniziata la rivolta celebra la messa nell’ospedale gestito da cinque suore e che ieri è stato intervistato da Avvenire.

«Bastava che ci guardasse ed eravamo guarite»: parole di una donna musulmana algerina che era stata curata nel monastero di Thibirine dal padre Luc e che va ancora lì per gratitudine. Le riferisce Jean-Marie Lasausse nel volume «Il giardiniere di Tibhirine» tradotto in italiano dalla San Paolo. Dedico un bicchiere di Vino Nuovo al giardiniere e alla donna musulmana.

«Ricordo che abbiamo 9mila comuni e dunque se restassero 9mila nuovi cittadini basterebbe distribuirli uno per comune e non sarebbe difficile trovare loro un’occupazione. Lo voglio dire perchè dobbiamo ricordarci di essere stati anche noi un Paese di migranti e perciò dobbiamo essere comprensivi e ospitali»: così Berlusconi sabato. Lodo quelle parole. – Ma come, non sei di centro-sinistra? – Sono di centrosinistra ma apprezzo una giusta parola, da chiunque venga. – Guarda che nella maggioranza di governo quell’affermazione del premier non è condivisa. – Se non è condivisa la lodo due volte.

Nella domenica “Rallegrati Gerusalemme” dedico ai visitatori la descrizione che il Libro di Samuele ci dà – nella prima lettura – di Davide adolescente: “Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto“. Quell’immagine aveva conquistato il Verrocchio, Donatello e Dante (Purgatorio 3, 107): “Biondo era e bello e di gentile aspetto“. Mi piace nominarli insieme e tutti lodarli per la luce nella quale hanno accolto e donato a noi la figura del più piccolo tra i figli di Iesse il betlemita.

Sono favorevole alle elezioni anticipate. Le risse in Parlamento e il sonno della politica bastano a dire la nostra disgrazia, mentre galoppa la disoccupazione dei giovani e i drammi del mondo sempre di più ci tirano nel vortice. Può anche capitare che il voto non risolva, ma credo che il tentativo vada fatto al più presto.

Il Mattutino nella Certosa [vedi i due post precedenti] viene cantato tra le 00,30 e le 02,30. Nella notte tra il sabato e la domenica arriva a tre ore. Ogni giorno i monaci vanno a dormire tra le 20 e le 21 e si alzano poco dopo la mezzanotte convocati dalla campana alla più lunga delle liturgie quotidiane. Stamane sono stato anch’io al Mattutino illuminando con una torcia il pavimento davanti a me, dalla Foresteria alla Chiesa, mentre vedevo per il Grande Chiostro arrivare alla spicciolata i singoli monaci. Nel mezzo della notte, nel mezzo del sonno, con il cappuccio in testa, i certosini si aiutano a mettersi in Dio con lunghe pause nel buio integrale, restando accesa soltanto una piccola luce davanti al tabernacolo. Si vedono le nervature dell’architettura e le sagome degli oranti. Cantano in gregoriano 14 salmi e leggono brani del Primo e del Secondo Testamento e dei Padri. Un poco in italiano e un poco in latino. Ho memorizzato questi versetti: Schiacciò le teste dei draghi sulle acque – I figli di Giacobbe e di Giuseppe – Ecce somniator veniet – Come pula che il vento disperde – Ogni primogenito in terra d’Egitto bestia o uomo – Lo sazierei con miele di roccia – Sub tuum praesidium confugimus. Vedendoli così presi dal canto e dal Signore rimpiangevo di non disporre anch’io di un cappuccio.

“Facendosi monaco lei ha deciso di non avere figli e scegliendo tra tutti gli ordini monastici quello dei Certosini lei ha messo nel conto di non avere neanche il nome sulla tomba. Queste scelte l’aiutano a guardare al futuro? Pensa che l’aiuteranno un giorno ad affrontare la morte?” E’ una delle domande che ho posto al priore della Certosa di Serra San Bruno [vedi post di ieri] dopo aver visitato il cimitero che è nel Chiostro Grande, con 33 croci di legno sui tumoli erbosi che coprono i monaci avvolti nel saio e posti a diretto contatto con terra. “Non mi tocca la prospettiva di non avere il nome sulla tomba. Ho già cambiato il nome entrando nella Certosa e ho poi cambiato paese e lingua, cercando sempre di intendere come un dono ognuno di questi cambiamenti. Mi vado preparando a cambiare patria ancora una volta e ad accogliere i doni più grandi che mi attendo dal ‘passaggio’ che è la morte”. Al centro delle 33 croci c’è un roseto che tutte le guarda.