E’ stato lo stesso Ratzinger a parlare – nel libro intervista “Luce del mondo” – del “carisma” della “riflessività” come proprio della cultura tedesca: “Io penso che Dio, scegliendo come Papa un professore, abbia voluto mettere in risalto proprio questo elemento della riflessività e della lotta per l’unità tra fede e ragione”. Potremmo dire che Benedetto si sente Papa soprattutto quando ragiona e spiega. – E’ un passo ad effetto di un mio articolino pubblicato oggi dal Corriere della Sera a pagina 46 con il titolo DA PAOLO VI AL PAPA PROFESSORE. Occasione dell’articolino è l’annuncio che Benedetto il prossimo Venerdo Santo, 22 aprile, alle 14,30, nel corso di una puntata straordinaria della trasmissione A SUA IMMAGINE, risponderà a tre domande del pubblico.
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«Venne da noi una prostituta africana e ci chiese aiuto. Io ero di turno al Centro Caritas di Torino. Era il 2 novembre 1993 e dovevo andare a Messa. Le ho detto ‘torna domani perché ora devo andare a pregare’. Mi ha risposto: ‘posso venire con te?’ Pioveva e siamo andate verso la chiesa camminando sotto lo stesso ombrello e tutti si voltavano a guardare perché non avevano mai visto una suora e una prostituta che entrano insieme in una chiesa. Si mise all’ultimo banco e io andai più avanti e mi accorsi che tutto si stava svolgendo come in una parabola del Vangelo»: suor Eugenia Bonetti [la missionaria della Consolata che ha parlato a Roma alla manifestazione “Se non ora quando” del 13 febbraio] racconta così l’inizio del suo impegno contro la tratta delle schiave, rispondendo il 3 marzo a Cuneo a don Aldo Benevelli che gli consegna il premio della Università della Pace “Giorgio La Pira”. Le dedico un bicchiere di Vino Nuovo e nel primo commento riporto la motivazione del premio che le hanno dato giovedì scorso, dopo la mia conferenza su La Chiesa strapazzata dai mass media.
Così sghignazzava tre giorni addietro Gioab il saccente del martire pakistano Shahbaz Bhatti: “E’ vero che gli hanno sparato dentro ad una Mercedes? neanche corazzata! almeno Gandhi andava a piedi. Molto bello, il testamento, molto bello, peccato che Gesù era distratto e l’angelo custode pure!” E’ capitato che in privato – per e-mail – io comunicassi a Gioab il mio apprezzamento per il martire dei testimoni di Geova Narciso Riet, condannato a morte per antimilitarismo da un tribunale nazista il 29 novembre 1944, a Berlino. E Gioab l’ecumenico esultava con me. Ma appena si torna a parlare del martire pakistano, che appartiene alle Chiese storiche, egli torna a sghignazzare. Siffatto è il martirologio ecumenismo di Gioab il circospetto: parte dai testimoni di Geova e a essi si ferma. Degli altri martiri egli ride a crepapelle.
“Chiedo al Signore Gesu’ che il commovente sacrificio della vita del ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la liberta’ religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità”: così ha parlato il papa all’angelus. “Commovente sacrificio della vita” sono parole che segnalano in quella morte un martirio, rinviando al detto evangelico su chi dà la vita per gli altri. Del nostro caro e carissimo Bhatti così aveva parlato il portavoce vaticano il 2 marzo: “L’assassinio del ministro pakistano per le minoranze è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Bhatti era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese. Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio, si unisce l’appello perché tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione“.
Incanto di Cuneo nella neve che saluto mentre il treno infila il viadotto Solderi che scavalca a grande altezza la valle del fiume Stura. Casette, orti, filari e stradette in basso, tutto un paese infarinato, come in un quadro di Brueghel il Vecchio. Sto attento a non perdermi i quattro ragazzetti che in Brueghel danno la caccia agli uccellini.
Ieri pomeriggio dopo un incontro alla Mondadori di Milano – si presentava il volume SCRITTI CATTOLICI di Aldo Maria Valli, editore Il Messaggero di Padova – ho passato due ore felici in Duomo con la sorpresa di trovarvi esposti tra gli intercolummni della navata centrale e dei transetti i 28 teleri giganti (metri 4,75 x 6,00) della vita di Carlo Borromeo, detti anche “quadroni”, abbinati alle 26 tele di formato minore del ciclo dei miracoli. Chi non ha mai visto i teleri esposti nel Duomo corra a vederli nell’attuale esposizione straordinatria per il quarto centenario della canonizzazione di Carlo Borromeo (1610). Il grande Duomo in pietra grigia si trasforma in una favolosa aula picta che ti avvolge e rigira per ogni dove con i rossi, gli ori, i verdi di quelle tele tanto che non sai più dove guardare e giri in tono come preso per incantamento. Là in mezzo ho incontrato il cardinale canadese Marc Ouellet, ospite dell’Università Cattolica di Milano, che era venuto a dare un’occhiata alla cattedrale per la quale presto dovrà proporre al papa un nuovo arcivescovo. “Eminenza sono Accattoli”. “Conosco le sue cronache”. “Auguri per la sua nuova stagione romana”. “Grazie. Lei è molto amabile”.
Incapace di rispetto anche davanti alla morte, Gioab il saccente ha letto in una mia pagina “santo è colui che acconsente alla morte” e ha subito portato la questione al suo livello: “Aveva una diversa possibilità?” Sì Gioab, l’aveva ma tu non l’hai intesa perchè avevi fretta di mostrare che un cristiano appartenente a una Chiesa storica – quale io cerco di essere – non può che risultare fatuo quando parla di fede e santità. “I santi sono coloro che da vivi hanno realmente acconsentito alla morte” è un testo di Simone Weil, sorella dello spirito dalla quale partiva la mia riflessione. Nel primo commento Gioab trovi gli altri maltrattamenti meritati dalla tua insulsa battuta.
“Sono stato minacciato di morte almeno tre volte ma io non ho paura, sento Cristo accanto a me. La sua passione mi illumina (…). Il peggioramento della situazione delle minoranze religiose, in particolare dei cristiani, mi ha spinto ad accettare la richiesta della comunità cristiana di rappresentare le minoranze in Parlamento. Posso dire di essere un «ponte» tra la Chiesa e il governo“: sono parole di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze religiose in Pakistan, che è stato assassinato stamane a Islamabad. Fanno parte di un’intervista pubblicata da Mondo e Missione il 30 settembre 2008, quando non era ancora ministro. L’assassinio è un raddoppio di quello del governatore musulmano che difendeva i cristiani, avvenuto in gennaio: vedi il post del 9 gennaio Salman Taseer martire musulmano amico dei cristiani.
Sono soddisfatto di come è andata la prima giornata di tregua sul fronte del testimone di Geova che era venuto qui per sbancare il mio pianerottolo con qualche arguta domanda. Bravissimi sono stati tutti i visitatori che si sono attenuti al mio consiglio di non interloquire con “l’umile servitore del messaggio” e di lasciarlo a me. Io vado matto per le sue battute sulle donne ammaccate che scaldano il pane e qualche volta lo lasciano bruciare. Bravo anche Gioab che ha imparato a fare commenti più brevi: immagino che domani, con qualche impegno, potrà anche riuscire a farne di meno. Conviene prendere meglio la mira e non sprecare frecce, mio simpatico amico. Io comunque ti rimanderò tutte quelle che arriveranno qui nel pianerottolo. La prima te la rimando con il primo commento a questo post.
Ma da dove salta fuori questa Ruby così piccola e così bugiarda, così pronta e trafficante? Provo a guardarla come una figlia, avendone giusto una di quell’età e avendone avute altre due passate per quell’età. Provo ad accostarla all’immagine di una ragazza libica di vent’anni venuta da cinque mesi a studiare all’Università La Sapienza, che se ne sta velata e in silenzio se ci sono uomini intorno, mai esce sola e piange la sera con le amiche se nel giorno un ragazzo la guarda con insistenza. Ruby invece così combattiva, che chiede 15 mila euro per un’intervista, 25 mila per una serata in discoteca, cinque milioni a Berlusconi (secondo una delle telefonate intercettate) per “negare tutto” e “passare da pazza”: “Da questa storia ne devo uscire con qualche cosa”. I ragazzi della sua età le gridano insulti nelle discoteche, è costretta ad andarsene prima del tempo e contratta la riduzione del compenso da 25 mila a 5 mila. “Per niente io non faccio niente” è il suo motto. Per me la piccola Ruby è una guizzante immagine dell’accelerazione della storia.
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