“I tempi erano diversi dagli attuali e la gente aveva più bisogno di Dio, mancando i bar e i cinema. La guerra poi non lasciava spazio a distrazioni. Durante i bombardamenti riunivo i fedeli in chiesa. Si sperava che le bombe non sarebbero cadute, che gli angeli ci avrebbero protetto“: parole di Giovanni Battista Proja, prete romano di 93 anni, intervistato da Carlo Melina in un libretto fresco di stampa e di lingua: Vita da preti. Grazie e disgrazie del ministero sacerdotale (Vallecchi, pp. 189, euro 14,50). Per bocca di un altro intervistato, il parroco milanese Franco Berti, Melina distingue tra “i ciellini e i ciellini di allevamento” che sono i figli dei primi. Si mette tra questi e dice che si è “tirato fuori appena possibile”. Ma ci sono un paio di morsi – nel volume – al cardinale Martini e dunque l’allevamento ha lasciato il segno. Tra i dodici intervistati c’è un monaco di Camaldoli (Giuseppe Cicchi), uno che celebra con il vecchio rito a Verona (Vilmar Pavesi), il prete clown Giuseppe Rosati e uno quasi clown Roberto Tassi, il vescovo Nunnari, il curiale Marzotto Caotorta e altri che si chiamano Nicola Munari, Luis Granados, Luigi Zucaro più un “innominato” che vive in Vaticano e che io non ho indovinato. Melina è libero nel linguaggio, indaga con occhio sveglio e non racconta storie edificanti. Si interessa a come vestono i preti sotto la talare, a che mangiano. Si parla delle ragazze incontrate prima di andar preti e anche della pedofilia. Ma la veduta è più ampia e il libro è godibile in ogni pagina. L’autore è giovane, per ora disoccupato e farà strada.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
Di ministri impediti avevamo esperienza. Ma uno che fosse impedito in quanto tale non l’avevamo ancora visto.
“La vergogna e le lacrime” è il titolo di Repubblica. “La disfatta e la vergogna” quello del Corsera. “Disastro azzurro” fa Avvenire. Ognuno la mette sul tragico. Credo anch’io che quelle tre partite siano state un disastro ma non spenderei per così poco quelle rare risorse umane che sono la vergogna e le lacrime. Qui si tratta di una palla che rotola qua e là spinta da piedi miliardari.
Quei dodici ragazzi in festa divorati dal treno a Barcellona – come le sette ragazze e i sette ragazzi che Atene destinava al Minotauro.
“Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre… I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all’immaginazione di ciascuno di noi. Non aspettiamo di essere istruiti nel tempo del servizio. Inventiamo… e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita“: sono parole di Annalena Tonelli (1943-2003) martire in terra di islam, che un amico invia al vescovo Luigi Padovese (vedi post del 3 giugno), futuro martire in terra di islam, in occasione della Pasqua del 2005, ricevendone questa risposta: “Grazie per l’email e gli auguri e per la bella testimonianza di Annalena Tonelli. E’ la ricerca dell’essenziale senza chiedersi quanto, quali risultati. E’ un abbandonarsi alla Provvidenza che testimonia una grande fede“. Martiri che hanno seminato senza calcolo. In parola e sangue. Perchè altri raccolga.
«Per tutta la vita ho cercato il volto di Gesù e ora sono felice e sereno perché sto per andare a vederlo»: sono le ultime parole del cardinale Tomas Spidlik, morto a 90 anni il 16 aprile. Parole inermi, parole grandi. La condizione del cristiano si rivela ogni giorno più inerme di quanto vorremmo. Non c’è altra via che gettarsi in quell’inermità. Commento il testamento di Spidlik nella rubrica DIMMI UNA PAROLA del sito Vino Nuovo.
Guido Zendron, vescovo trentino missionario in Brasile, investe con la sua automobile un uomo in bicicletta che muore sul colpo: il fatto avviene senza responsabilità da parte del vescovo che tuttavia l’avverte come “ingiusto” e comunque insanabile. Con una lettera al settimanale Vita trentina egli confida il suo dolore unito a quello dei familiari del morto e invoca la misericordia di Dio. Narra anche la sua conversazione con la moglie dell’ucciso, che si chiama Fatima e che “dopo aver chiesto la mia benedizione lei stessa ha voluto darmi la sua”. Il fatto di Vangelo – che dedico ai visitatori che si trovano a patire un dolore ingiusto – mi è stato segnalato dal collega Diego Andreatta di Vita trentina. Questo è il link al testo completo della lettera che nel primo commento riporto abbreviata.
“Ma dove li trovi due come noi? Tanti auguri patata nostra“: scritto con vernice bianca sul marciapiede di destra di via Casilina, poco dopo l’incrocio con via Leonardo Bufalini per chi vada verso il centro di Roma.
“In Occidente i cristiani sono passati attraverso il cesaropapismo e la teocrazia, ma oggi sanno giocarsi e documentare la rilevanza pubblica della loro fede nel pieno rispetto delle società laiche plurali in cui vivono. I musulmani possono trarre profitto da quest’esperienza, così come noi possiamo imparare da loro su altri terreni“: così il patriarca Angelo Scola con un intervento sul Sussidiario a proposito del viaggio del papa a Cipro e sul convegno che farà a Beirut, la prossima settimana, la Fondazione Oasis. Su quali terreni possiamo “imparare dai musulmani” l’acuto cardinale non lo dice. Io ne azzardo due, quelli nei quali ho imparato qualcosa trattando con molti seguaci del Profeta: la preghiera pubblica e il pudore dei corpi.
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