“Perché questa guerra intorno ai due Marini?” E’ la domanda che mi viene posta da un visitatore che vive a Genova. Dice che in questo e in altri blog ha letto valanghe di critiche all’ex Maestro Piero Marini. Mi chiede se il suo operato fosse apprezzato da Giovanni Paolo e se sia vero che egli è contrario al vecchio rito mentre Marini junior ne sarebbe un sostenitore. Rispondo in breve e rimando all’intervento che ho tenuto venerdì nell’Aula del Sinodo, per la presentazione di tre volumi dell’Ufficio delle celebrazioni (è l’ultimo tra i testi della pagina Conferenze e dibattiti, elencata sotto la mia foto). Sarà l’anima larga del giornalista, ma non riesco a prendere sul serio i musi lunghi di tanti sul Motu proprio a favore della messa tridentina e la smodata esultanza di altri per quello stesso atto papale. Lasciamo stare le polemiche marginali tra chi vuole il sacerdote di faccia e chi di spalle e guardiamo a ciò che conta: che donne e uomini di innocente sentire possano lodare Dio nella lingua e con i gesti in cui meglio si ritrovano. E guardiamo al grande cuore di un papa che permette questo ampliamento. Agli amici spaventati dal Motu proprio, monaci di Camaldoli, vescovi vari, curiali sconvolti: che vantaggio abbiamo a interpretare un ampliamento per una restrizione? Agli altri amici che non finiscono di esultare per il Motu proprio: non dimenticate che il Vaticano II ha riconosciuto la necessità di rivedere i riti, ampliare le letture bibliche, ristabilire la preghiera dei fedeli e la concelebrazione, offrire un’ampia scelta di orazioni. Se avete in odio tutto ciò, vuol dire che il vostro attaccamento alla tradizione ha qualcosa di inceppato. Se invece apprezzate quelle novità e solo volete mantenervi fedeli a ciò che fu di tutti, allora sono con voi. Non cercherò la vecchia messa, ma se mi troverò ad assistervi l’amerò quanto l’altra – con in più l’emozione di ritrovare quanto mi fu un tempo familiare.
(Continua nel primo commento a questo post)
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