Il Papa all’Angelus ha ricordato la morte per freddo di un nigeriano, quattro giorni addietro, vicino a San Pietro e ha fatto ricorso all’autorità di Gregorio Magno per segnalare la gravità del fatto: nei commenti le parole di Francesco, una fonte sulle parole da lui attribuite a Gregorio Magno, il richiamo a un’occasione nella quale qui nel blog già ragionammo dei morti per freddo in Roma e ci richiamammo a Papa Gregorio: eravamo nel 2008 e non c’era Francesco a scaldare la disputa su immigrati e senzatetto.
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L’altro ieri, 21 gennaio, Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che riconosce “il martirio del Servo di Dio Giovanni Fornasini, Sacerdote diocesano [di Bologna]; nato il 23 febbraio 1915 a Pianaccio di Lizzano in Belvedere (Italia) e ucciso, in odio alla Fede, a San Martino di Caprara (Italia), il 13 ottobre 1944”. Don Fornasini è tra le figure del mio volume “Nuovi martiri. 393 storie cristiane nell’Italia di oggi”, San Paolo 2000. Puoi leggere qui il suo profilo. Ne riporto un brano nel primo commento.
Io stamane dovevo seguire la freccia – voi ora dovreste andare al primo commento.
Oggi il presidente Joe Biden prima di giurare ha assistito alla Messa nella cattedrale di San Matteo di Washington, la stessa chiesa dove nel 1963 si svolsero i funerali di John F. Kennedy. Come già Kennedy, anche Biden professa apertamente la sua appartenenza alla Chiesa di Roma, pur sapendo che quell’aperta professione provoca reazioni conflittuali. Ambedue i presidenti cattolici degli Usa – due su 46 – hanno subito critiche ed attacchi, interni ed esterni alla loro Chiesa, con riferimento alla possibilità per un cattolico di accettare lealmente i principi della laicità dello Stato e della libertà religiosa. Nel primo commento riporto il messaggio augurale di Francesco a Biden, nel secondo suggerisco la lettura di un testo magistrale di Stefano Ceccanti – costituzionalista e deputato pd – sulla libertà religiosa con riferimento al Vaticano II e alla storia della presenza cattolica nella vita pubblica degli Usa.
“Io, Dio e il virus – Cronaca semidemenziale di un contagio con grazie” è il titolo che don Valerio Bortolotti, parroco di Santa Maria Immacolata a Grottarossa, Roma, ha posto al racconto in Facebook della sua esperienza Covid: primi sintomi il 10 novembre, ricovero al Policlinico Umberto I il 19 novembre, dimesso il 1° dicembre. Il suo è un raro esempio di narrazione leggera, quasi scherzosa, di una vicenda drammatica. In quella narrazione egli chiama se stesso “don Viruslerio”, mettendo insieme Valerio e virus. Lo scherzo è nella formula narrativa, ma il contenuto della narrazione è serio. Nei commenti riporto il riassunto che lo stesso don Valerio ha fatto della sua esperienza in una conversazione con Marina Piccone per l’Osservatore Romano del 13 gennaio.
Giacomo Jon è una delle più giovani vittime del Covid-19: il virus se lo porta via il 28 maggio 2020, a 24 anni. Da due mesi era ricoverato all’ospedale Sacco di Milano. Studente in Scienze teologiche, insegnava religione all’Istituto comprensivo della Valle Versa, in Oltrepò Pavese, ed era cerimoniere della chiesa di San Rocco di Voghera. Di carattere espansivo, molti rimpiangono il sorriso contagioso che lo caratterizzava e chi ha avuto la possibilità di un ultimo saluto in ospedale racconta che dal vetro che chiudeva la sua camera egli ha risposto appunto con un sorriso a chi lo salutava a gesti e con parole scandite per poter essere intese a distanza. Nel primo commento riporto la testimonianza di un amico che gli fu educatore in oratorio, Daniele Lottari. Nel secondo svolgo una mia argomentazione prendendo la partenza silenziosa di Giacomo a tipo e simbolo delle tante morti senza parole di questa pandemia.
In risposta alla mia richiesta di storie di pandemia, un’insegnante di Genova, Lella Noce, ha mandato il racconto di come il Covid è entrato e uscito dalla sua famiglia, la scorsa primavera. Un racconto che aveva avuto occasione di proporre a una serata di un gruppo ecclesiale dal titolo “Covid e Fede”: “una riflessione a partire dal testo di Giovanni 11, 1-41 sulla resurrezione di Lazzaro”. Nei commenti la riporto nelle parti essenziali e ringrazio Lella per averla inviata.
Olga e Vincenzo Molino avevano festeggiato i 63 anni di matrimonio in settembre e sono morti per Covid all’Ospedale San Gerardo di Monza il pomeriggio di domenica 15 novembre a un’ora di distanza l’uno dall’altra. Avevano 83 anni lei e 82 lui. Di origine meridionale, trasferiti a Milano dopo il matrimonio, quando Vincenzo aveva trovato lavoro al Villaggio Falk. Portati al Pronto Soccorso con la stessa ambulanza, al momento di separarsi per essere ricoverati lui nel reparto maschile e lei in quello femminile, Olga aveva voluto tenere con sé la giacca del marito “per sentirlo vicino”. Nei commenti il racconto della nipote Katia raccolto il 17 novembre dall’Ansa e un altro spunto dei parenti narrato il 18 novembre dalla Gazzetta di Mantova.
Avendo letto qui nel blog che in ospedale mi è capitato di fare il “ministro straordinario dell’Eucarestia” non essendolo, Alver Metalli – un caro amico che i visitatori conoscono, mia ha narrato come sia capitato anche a lui di farsi portatore della Comunione eucaristica a una donna morente in un ospedale di Buenos Aires. Nei commenti riporto il suo trepido racconto e qui gli mando un bacio altrettanto trepido. Trepido: cioè con il batticuore.
“Buongiorno, sono Demetrio Antonello di Vicenza. Le invio la mia esperienza Covid, trovando interessante la sua iniziativa di raccogliere i vissuti, piuttosto che ascoltare in TV gli opinionisti”: parte così una risposta alla mia richiesta di storie della pandemia. Il racconto di Demetrio è gemello della mia esperienza e lo riporto nelle parti essenziali, anticipando la doppia conclusione: lode per il trattamento ricevuto in ospedale, protesta per il “fai da te” cui siamo costretti prima (dice lui) e dopo (aggiungo io) l’ospedale. Io ora sono in attesa di una chiamata per il “post Covid” che non arriva e non riesco neanche a sapere se la mia domanda è stata “processata”, come si dice dei tamponi. Nei commenti riporto il vivo racconto di Antonello che ringrazio.
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