Mese: <span>Marzo 2010</span>

Torna la neve alle porte di Roma e tornano i volontari della Croce Rossa per convincere la barbona che bivacca qui sotto (vedi post del 22 gennaio e 12 febbraio) a passare qualche notte all’Ostello della Caritas, quello dov’è andato in visita Benedetto il 14 febbraio: ma lei niente! Prima sono venuti i giovani, con la tuta rossa e lei neanche si è degnata di rispondergli. Trovandoli importuni, ha preso su i fagotti e si è spostata di cinquanta metri, dove la via non si chiama più “di Santa Maria Maggiore” ma Panisperna. I ragazzi hanno chiamato una squadra adulta che ha la tuta blù e questi hanno convocato un’altra squadra poliglotta perchè la barbona è francese e ogni tanto canta la Marsigliese. Quattro per ambulanza, con i lampeggianti accesi. Le donne delle tre squadre accovacciate a terra che le prendevano la mano e le parlavano con gentilezza. Lei tetragona. Quello che hanno ottenuto è stato che accettasse una coperta e una bottiglia di latte caldo. Quando se ne sono andati tutti è tornata alla soglia del ristorante IL GALLO PAZZO che è la sua postazione preferita e si è accesa una sigaretta. Finalmente un po’ di pace.

Certamente gli errori compiuti nelle istituzioni e da responsabili ecclesiali sono particolarmente riprovevoli, data la responsabilità educativa e morale della Chiesa. Ma tutte le persone obiettive e informate sanno che la questione è molto più ampia, e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa porta a falsare la prospettiva. Solo per fare un esempio, i dati recentemente forniti dalle autorità competenti in Austria dicono che in uno stesso periodo di tempo i casi accertati in istituzioni riconducibili alla Chiesa sono stati 17, mentre ve ne sono stati altri 510 in altri ambienti. E’ bene preoccuparsi anche di questi“: è un brano della nota del portavoce vaticano, Federico Lombardi, pubblicata oggi in riferimento ai casi della Germania, dell’Austria e dell’Olanda dei quali parlano i media in questi giorni. Sul fatto che la pedofilia è di tutti ma l’accusa è alla Chiesa Cattolica LIBERAL pubblica oggi un mio articolo a pagina 10 con il titolo PERCHE’ SOLO LA CHIESA AMMETTE I PROPRI PECCATI.

Io non prendo lezioni“: scritto in ottima grafia stampatella, quasi elegante, sullo zoccolo del liceo classico Pilo Albertelli di Roma Esquilino, in via Daniele Manin. Mi figuro lo scrivente come uno di quei ragazzi svegli e impuniti che se la cavano nelle interrogazioni senza mai studiare.

Sono sempre sorridente e faccio tutto come se non avessi nulla. Non ho mai rinunciato alle vacanze estive in montagna e a uscire. Non mi voglio piangere addosso. Sono i miei cari e i miei amici a darmi forza”: parla così Gian Carla Bozzo, 43 anni, di Terni, malata di sclerosi multipla, sposata con Luca dal 19996, un anno dopo la diagnosi. Dal 2001 la malattia l’ha immobilizzata e le ha quasi tolto la parola. Parla aiutandosi con un microfono e scrive al computer azionandolo con i movimenti del capo. Ha così pubblicato un libro di fiabe nel 2003, intitolato Quella finestra aperta e ora torna in libreria con la storia della propria battaglia quotidiana: Flash. Frammenti di vita (editore Istess-Fnism, Terni 2010). “Velocità di scrittura: quattro o cinque righe in un’ora e mezza! – scrive Gian Carla – Il rischio più grande è stato quello di scoraggiarmi, ma ho resistito. Spero che questo libro sia un piccolo sprone a tutti a reagire alle difficoltà quando si presentano e ad apprezzare di più le gioie che la vita ci offre”. Il libro si apre con un inno: “Vita sarà, comunque, profumata e colorata, solo diversamente profusa, solo diversamente afferrata”. Il ricavato andrà alla ONLUS NEUROTHON che studia la cura delle malattie neurodegenerative. Per ricevere il libro si può scrivere a flash@neurothon.com. Gian Carla crede in Dio e attende aiuto dalla scienza: “Vado avanti con convinzione, sperando che la scienza faccia progressi. E trovo conforto nella preghiera”. [Segue nel primo commento]

Un bimbo musulmano stava morendo ed era la madre a infondermi coraggio“: è un medico che parla così, Giovanna Angela Carru – del Policlinico Umberto I di Roma – che insieme a Massimo Chiaretti ha pubblicato per le edizioni Nuova Cultura una guida per il personale ospedaliero intitolata VIVERE LA MORTE NELLE VARIE RELIGIONI. UN MOMENTO DI MEDIAZIONE INTERCULTURALE. Dice Chiaretti al Corsera, Cronaca di Roma, di ieri: “Sono stato in Libano come uffiuciale medico e ho imparato che si possono visitare le donne musulmane solo in presenza di un parente maschio. La palpazione è vietata, tranne che in casi urgenti e con la paziente vestita. Per il contatto fisico si richiede personale femminile“. “Buddisti e induisti – dice Giovanna Angela – vivono il passaggio dalla vita alla morte con profonda accettazione, mentre gli ebrei hanno i loro rituali di preghiera e il sostegno della comunità“. “Molti degli italiani – dice infine Chiaretti – vanno a messa la domenica e ricevono con piacere la visita del cappellano. Le anziane si riuniscono ancora nella stessa stanza per recitare il rosario“.  – VIVERE LA MORTE è anche il titolo di un volume di Enzo Bianchi, da me letto più volte: fu pubblicato nel 1983 da Gribaudi e riedito in seconda edizione nel 1987. E’ un’antologia fruibilissima e insieme profonda sul modo in cui gli ebrei e i cristiani di tutti i secoli – da Abramo al patriarca Atenagora I – hanno affrontato la morte.

Sono sensibile ai nomi e ascolto le cronache calcistiche per sentire Socrates che colpisce di testa, Julio Cesar, Caio Mario e Adriano che corrono di qua e di là. Portoghesi e brasiliani mi mandano in visibilio: Ricardo Quaresma e Cristiano Ronaldo. Simplicio più di tutti. Aldair e ieri Altair, Ze Roberto, Dida e Kaka, Zico, Dunga e Rivaldo, Revilinho, Robinho e Ronaldinho. Che vuoi di più.

Prendendo l’abbrivio dal caso Balducci e volgendo la cosa a ridere, laddove mi sentivo tirato al pianto, ho svolto per il Corsera un burlesco pitaffio dei Gentiluomini di Sua Santità invitando il papa a liberarsene. Si possono leggere le mie piatose considerazioni nell’edizione di oggi, a pagina 11, sotto il titolo dissimulatore I GENTILUOMINI DEL PAPA, LUSTRINI E CROCI COME A CORTE. Alle volte un giornalista – pur morigerato – non si trattiene e imprende a dare consigli e dimanda – come fosse cosa sua – perchè il papa teologo non si liberi delle anticaglie, frac sparati croci d’oro et similia. L’attuale congiuntura può aiutarlo. Paolo VI fece novanta, si attende un papa che faccia cento.

Da elettore del centrosinistra mi auguro che siano accolti i ricorsi della Polverini e di Formigoni per la riammissione delle liste. Non so dire nulla sui precedenti, sulle regole e sulle irregolarità ma da avversario leale non mi va di vincere perchè all’altro manca una firma. Mi sarebbe piaciuto che Bersani e la Bonino avessero svolto questo ragionamento. Sono ancora in tempo a svolgerlo.

«Quando i criminali sono entrati in casa hanno chiesto le carte d’identità. Forse cercavano me, oppure volevano essere certi che fosse una famiglia cristiana. Mia mamma ha offerto loro denaro, lo hanno rifiutato, quindi è fuggita sul balcone per gridare aiuto. Ma nessuno si è mosso. È stato allora che hanno separato le donne dagli uomini. Poi hanno sparato»: è un momento del racconto di un sacerdote cattolico di Mosul, Iraq, padre Mazen Matoka, riportato dal collega Lorenzo Cremonesi a p. 17 del Corriere della Sera di oggi con il titolo CRISTIANI IN IRAQ, IL GRIDO DI PADRE MAZEN – COSI’ HANNO DISTRUTTO LA MIA FAMIGLIA. Il portavoce vaticano la settimana scorsa aveva parlato dell’esistenza di un piano per uccidere, intimidire e cacciare i cristiani dal paese.