Mese: <span>Maggio 2011</span>

“Dopo essere stato accusato falsamente da Letizia Moratti di aver favorito un furto d’auto negli anni Settanta, Giuliano Pisapia ha invece effettivamente sventato il furto di un automobile e una tentata rapina”: così racconta il fattaccio il Corsera online. Commento di Pisapia: “Sono il più sveglio che ci sia”. Commento della Moratti: “Conosce quell’arte”. Commento di Umberto Bossi: “Il ladro era un suo elettore”. Commento di Berlusconi: “Ha copiato il mio salto sul predellino”. Commento di Beppe Grillo: “Basta con questa campagna auto-referenziale”.

Gli ultimi Vescovi di Roma hanno modificato l’immagine papale e gli artisti non sanno più come rappresentarli. I Papi sono scesi dal trono e hanno aperto e mosso i loro mantelli, Giovanni Paolo II lo faceva persino ruotare, con il tipico gesto di girare su se stesso per salutare le folle avvolgenti degli stadi. A Papa mosso, statua sfuocata“: è la conclusione minimalista di un mio mini-articolo sul monumento a papa Wojtyla inaugurato l’altro ieri a Roma, sul piazzale della stazione Termini, pubblicato oggi dal Corsera con il titolo a indovinello IL REBUS DEL MANTELLO CHE SI MUOVE.

Il popolo palestinese non ha ancora uno Stato. Per molti è impossibile un passo avanti, ma io non sono d’accordo. Siamo arrivati ad un momento in cui si stanno demolendo delle barriere ed è ora che avvenga anche per palestinesi ed israeliani. Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è inossidabile, ma lo status quo è insostenibile. Una pace duratura è sinonimo di due Stati separati. Bisogna quindi negoziare sulle questioni chiave. Serve una Palestina aperta e un Israele sicuro. La linea di confine deve essere quella del 1967. I palestinesi devono avere uno stato sovrano. Bisogna evitare il terrorismo. Quindi le iniziative militari dovranno portare ad un Paese progressivamente demilitarizzato. Poi dovremo affrontare il futuro di Gerusalemme e quello dei profughi palestinesi. Dobbiamo quindi iniziare con i negoziati su sicurezza di Israele e formazione di uno Stato palestinese. Gli Usa faranno tutto quello che è necessario per andare oltre l’attuale empasse“. – Così oggi Barack Obama ai diplomatici americani. Aspettavo queste parole dal 1967.

Le battute più belle delle elezioni. Fiorello: “A Torino ha vinto il Grissino” [e ancora: “A Torino i sindaci se non finiscono in ‘ino’ non li votano: Chiamparino, Fassino”]. Mentana: “La Breccia di Pisapia”. Giannelli: “Guarda la Moratti è a piedi – Forse Pisapia le ha fregato l’auto”.

“La saggezza suggerisce comunque di impostare la propria vita come se ogni giorno potesse essere l’ultimo. Così facendo non si avranno mai delusioni e si imprimerà una spinta equilibrata alla nostra vita e al nostro legittimo desiderio di viverla appieno”: così Edoardo Boncinelli oggi a pagina 41 del Corsera, in un articolo intitolato SE UN TEST DA 500 EURO CI DICE QUANTO VIVREMO. Mi è piaciuta la conclusione tirata del genetista laico, così simile a quella dei maestri della nostra migliore tradizione.

Sono Albert Einstein (Nobel per la Fisica 1921) e Albert Schweitzer (Nobel per la pace 1952). Li qualifica così – come “i due grandi Albert del ventesimo secolo” – Alberto Guglielmi Manzoni in un libretto appena pubblicato dalla Claudiana che riproduce il loro carteggio: Pace e pericolo atomico. Le lettere tra Albert Einstein e Albert Schweitzer. Prefazione di Arrigo Levi (pp.93, 9 euro). L’uno ebreo e l’altro cristiano, l’uno scienziato e filosofo l’altro medico e teologo. Leggo e ammiro la loro capacità di intendersi sull’umano, pur in tanta lontananza culturale e geografica: quando si scambiano i primi messaggi, nel 1948, Schweitzer è nel suo ospedale di Lambaréné, in Africa e Einstein è a Princeton, negli Stati Uniti. Per invogliare alla lettura, riporto una riga di ognuno dei due sul rischio che l’umanità perda se stessa travolta dal mito della scienza che tutto può. Einstein: “L’uomo si raffredda più rapidamente del pianeta su cui vive”. Schweitzer: “In quanto superuomini, siamo diventati non uomini”.

Trovo utili – perchè rare – le parole appena dette dal papa per la Libia e la Siria. Trovo insensata la mancata attenzione internazionale alla Siria e altrettanto insensata la confusa sparatoria sulla Libia. La parola a Benedetto: Continuo a seguire con grande apprensione il drammatico conflitto armato che, in Libia, ha causato un elevato numero di vittime e di sofferenze, soprattutto fra la popolazione civile. Rinnovo un pressante appello perché la via del negoziato e del dialogo prevalga su quella della violenza, con l’aiuto degli Organismi internazionali che si stanno adoperando nella ricerca di una soluzione alla crisi. Assicuro, inoltre, la mia orante e commossa partecipazione all’impegno con cui la Chiesa locale assiste la popolazione, in particolare tramite le persone consacrate presenti negli ospedali. Nel primo commento le parole di Benedetto sulla Siria.

Per la settima volta, l’oncologa, esami alla mano, mi affronta con un certo disagio: «Deve essere operato per qualcosa di importante al pancreas. Il chirurgo è bravo. La sua equipe è di eccellenza. L’aspettiamo tra dieci giorni: il posto letto c’è!». Sono ancora malato e la bestia non guarda in faccia a nessuno (bambini, preti, madri di famiglia, giovani…), ma sembra che ce l’abbia con me. La mia vita da prete mi ha un poco addestrato a entrare nel tunnel e a vivere questa situazione, ma, quando sono aggredito dalla malattia, come tutti devo ricominciare da capo a credere (…). Mi sento “inchiodato” a una croce che non ho scelto, ma che va abbracciata con amore, perché è solo l’amore a vincere la morte, che intravedo sarcastica (…). Intuisco dentro di me che è urgente vivere da credente, come se Gesù di Nazaret, morto e risorto, fosse il Vivente, per tutti e per ciascuno. Sono parole di don Romano Martinelli, prete ambrosiano, pubblicate il giorno di Pasqua da “Milano Sette”. Ne ho parlato in Vino Nuovo e possono essere lette per intero nel portale della diocesi di Milano. Mando un bacio a don Romano di cui sono amico stretto insieme a mia moglie.

Sentimento di umanità: cioè sentire l’uomo. Esercizio utile in pace e in guerra. Se ne parlava nel post di ieri con riferimento alla caccia al rais libico.

Uccidere Gheddafi è contro il diritto internazionale, è contro la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, è contro il sentimento di umanità. Io sono contrario.