Mese: <span>Giugno 2011</span>

Ringrazio i visitatori dell’ottimo dibattito seguito al mio post del 28 giugno sul patriarca di Venezia che diviene arcivescovo di Milano e a un collegato articolo che ho scritto per Liberal. Era ispirato all’idea che se ognuno fa un passo si può fare famiglia. Sono amico di Martini, di Tettamanzi e di Scola e sono stato con gaudio alla messa e alla mensa di tutti e tre. Nei miei Fatti di Vangelo ci sono storie segnalate da ognuno di loro. Quando Ballestrero fu mandato a Torino al posto di Pellegrino io parlavo come l’altro ieri per Scola e tanti intorno gridavano al tradimento. E fu accolto male anche Tettamanzi che prendeva il posto di Martini. A suo tempo fu guardata come una tragedia la successione di Luciani a Montini e di Wojtyla a Luciani. Aiutiamoci a guardare più ampiamente. Sono contento che il mio blog abbia le due campane.

Angelo Scola arcivescovo di Milano è un’ottima scelta. Lo conosco da trent’anni e conversando con lui non ho mai avuto l’impressione di perdere tempo. E’ un uomo intelligente e generoso. Cerca parole nuove per nuovi problemi. E guarda lontano. Ma è ciellino: e che ne viene? Schuster era benedettino, Martini è un gesuita. A Milano un arcivescovo di formazione ciellina può creare tensioni: meglio le tensioni che l’addormentamento. Durerà al massimo sette anni: una cifra sacramentale. Proprio ora che Milano va a sinistra: ma Scola non sta fermo e questo è ciò che importa. Il nuovo arcivescovo pare fatto apposta per la nuova Milano: Zingaropoli, moschea e meticciato di civiltà.

I leghisti fanno il tiro alla fune tra la sponda lombarda e quella piemontese del Ticino, tra Sesto Calende e Castelletto Ticino. La fanno tutti gli anni, ma oggi la fune si è spezzata e ci sono state ferite e ammaccature. Vorrei saperne di più: la mia infanzia marchigiana è piena di tiri alla fune ai quali partecipavo con entusiasmo. Ho letto nei siti notizie bislacche, ho visto foto doloranti e sono perplesso per un particolare, che è stato dato così da tutti, forse sulla base di un’agenzia: “Probabile causa della rottura la forte tensione accumulata sulla fune vicino al punto in cui era collegata al trattore, che ‘partecipava’ al tiro alla fune come se fosse un concorrente”. Ho la mente rutilante di domande: ma c’era un trattore anche sulla sponda piemontese? Come mai i tiranti lombardi sono caduti con la faccia in avanti facendosi un male boia, mentre i tiranti piemontesi sono caduti sulla schiena? In attesa dei quotidiani di domani azzardo una malvagia interpretazione. Il trattore era solo dalla parte dei lombardi e serviva per mostrare che vince chi sta con Berlusconi. Era l’ultimo dei tiranti e dunque i bipedi – rotta la fune – sono restati in balia del tiraggio piemontese che li ha precipitati in avanti. Morale: se si rompe la corda del Berlusca, i tiranti padani vanno a faccia in giù.

“Fosse per me rimarrei fidanzata con tutti i miei ex”: così l’attrice Gabriella Pession a IO DONNA di oggi. Quando si dice la fedeltà.

A partire dal rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre del 1943 e nei giorni successivi, monasteri e orfanotrofi, tenuti da ordini religiosi, hanno aperto le porte agli ebrei e abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione dei più alti vertici del Vaticano, che erano quindi informati di questi gesti. Sarebbe pertanto un errore dichiarare che la Chiesa cattolica, il Vaticano o il Papa stesso si opponessero alle azioni volte a salvare gli ebrei. È vero piuttosto il contrario: hanno prestato aiuto ogni qualvolta hanno potuto“: così ha parlato ieri l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede consegnando la medaglia di “giusto fra le Nazioni” alla memoria di don Gaetano Piccinini, prete romano. Nei primi commenti il resto del discorso e la mia esultanza.

“Ho capito che nella vita bisogna accontentarsi ma io non ci riesco”: così Vasco Rossi in televisione. Io invece da sempre pratico l’arte di accontentarmi, ma in verità neanche io mi accontento. Anzi: nessuno si accontenta mai. L’uomo questo incontentabile. Non gli basta una vita. [Segue nel primo commento]

Hanno dato Ungaretti tra le tracce di italiano alla maturità: Lucca, dalla raccolta L’allegria. Una poesia del 1919, felicissima nel darci l’intreccio della vita tra l’Egitto dell’infanzia, la Toscana dove ora è tornato e quella mitica dei racconti della mamma, nonchè il domani senza patria: “In queste mura non ci si sta che di passaggio. / Qui la meta è partire”. Tutti siamo stati in Egitto da piccoli e siamo arrivati un giorno in un posto nominato dalla mamma. Ho tanto amato i compiti in classe di italiano quando ne fu il tempo e tanto mi piacque e piace Ungaretti che davvero “La mia infanzia ne fu tutta meravigliata”, come dice il verso che ha più luce tra i 19 di questa poesia. Ed è così che ho deciso di fare anch’io oggi la prova di italiano, per vicinanza ai ragazzi della maturità. [Nel primo commento l’intera poesia].

“Voglio ringraziare chi da ventisei anni mi ha assicurato con professionalità e intelligenza la libertà di tante esperienze e la sicurezza di un quotidiano ordinato: Adzinda Fortes, la capoverdiana che considero ormai il mio angelo custode”: così leggo alle pagine 21-22 di Passare la mano. Memorie di una donna del Novecento incompiuto (ed.Viella) di Paola Gaiotti de Biase, amica di mille imprese (83 anni, già parlamentare europea e poi italiana, prima Dc e poi Pds). Offro un bicchiere di Vino Nuovo a Paola e ad Adzinda e all’intreccio di vite che le ha fatte amiche – perchè davvero esso “possa essere segno di una solidarietà fra gli umani che vada oltre le attuali disuguaglianze e disparità e ci faccia ritrovare fratelli e sorelle”.

Alla mostra del Guariento (vedi post del 17 giugno) ho trovato questa dolcissima figurazione della Trinità di un contemporaneo che si denomina graziosamente Nicoletto Semitecolo (Venezia, notizie dal 1953 al 1370), con la didascalia: Trinità. Tempera su tavola, cm 53,5×60,5; proveniente da Padova, Cattedrale, Sacrestia dei Canonici – Padova Museo diocesano – inv. Fay0877. La dedico ai visitatori, nella domenica della Trinità, segnalando la divina e umana tenerezza che qui unisce il Padre al Figlio, le cui mani appaiono sovrapposte, insieme crocifisse e insieme risanate.

Ho recensito per il Corsera il volume di Piergiorgio Odifreddi CARO PAPA TI SCRIVO (Mondadori 2011) ed egli mi ha ringraziato avendo trovato di tono laico la mia lettura del suo volume, tono che non si aspettava essendo il mio cognome un anagramma di CATTOLICA. L’ho ringraziato del ringraziamento ed ecco una risonanza senza veli a questi salamelecchi professional-mondani.