Mese: <span>Novembre 2014</span>

Mi sono fatto l’idea che Berlusconi con le frenate sulle riforme voglia ripetere la sceneggiata della Bicamerale dalemiana: si va avanti finchè serve per occupare la scena e stare nei giochi, ma quand’è l’ora di concludere si fa saltare tutto. Vedremo in questi giorni se gli riesce con Renzi quello che gli riuscì con D’Alema, ma io credo che no, perchè tra baffino e il rottamatore c’è una differenza: il primo inarca il baffo, il secondo è uno spazzaneve. Ero un giorno in un paese del milanese, aveva nevicato e si sentì l’arrivo di un camion con la pala per la neve: “è arrivata la calà”, diceva la gente.

“Se Nennolina e Silvio arriveranno alla beatificazione, avremo queste punte di santità bambina: Nennolina 7 anni, Giacinta 9, Francisco 10, Maria 11, Silvio 12”: leggendo tutto intenderete i cinque nomi. L’altro ieri – ero a Verona – il Corsera mi chiese un articolo sui santi bambini, richiesta provocata dal riconoscimento delle “virtù eroiche” di Silvio Dissegna (vedi post di sabato). Lo feci destreggiandomi tra l’impegno pubblico che mi aveva portato a Verona, la cena sociale che ne seguì e la fretta del quotidiano. Ma all’ultimo la pagina sui 43 ragazzi messicani ha soppiantato quella vaticana e il mio articolo non è stato pubblicato. Lo si può leggere qui, in nota al profilo di Silvio.

Ero ieri a Verona e sono domani a Vicenza per Papa Francesco: gli argomenti e i testi delle due conversazioni li puoi vedere nella pagina Conferenze e dibattiti. Lì puoi leggere anche qualcosa di quello che ho detto mercoledì a Centallo. Oggi giorno di vacanza a Verona, con un amico che mi porta per le colline della riva sinistra dell’Adige, da Castel San Pietro al crinale delle Torricelle che divide la Valdonega dalla Valpantena. Mia emozione a vedere dall’alto il Ponte Pietra e l’Arena, Sant’Anastasia, San Fermo, la Cattedrale e San Zeno e il Teatro Romano. Ma prima e più di tutto la “S” che l’Adige disegna in mezzo alla città, venendo da Parona e andando verso San Michele. Nel primo commento i versi di un poeta vernacolo che esprime su quella “S” sentimenti simili ai miei. Nel secondo una scritta letta su un muro, che mi riporta dalla poesia alla prosa.

Con un decreto pubblicato oggi vengono riconosciute le “virtù eroiche” di Silvio Dissegna: ne sono entusiasta. Me ne sono occupato nel primo dei miei volumi intitolati Cerco fatti di Vangelo (1965) e sono felice di parlarne con i visitatori. Silvio è un bambino di 12 anni che muore di tumore alle ossa a Torino nel 1979. Il male l’ha costretto a letto per due anni, l’ha portato sette volte a Parigi, l’ha reso cieco e quasi sordo. Ma non gli ha mai tolto la speranza in Gesù. Nelle ultime settimane di vita i genitori lo trovano a canticchiare una canzone di sua invenzione, che riassume la sua via crucis e la sua attesa del Signore. L’imparano pure loro e la trascrivono. La riporto nel primo commento.

Sono raffreddato: mi è bastato vedere al post precedente la neve del Monviso. Ieri non ho scritto contravvenendo alla regola del blogger che dice “nulla dies sine linea”, nessun giorno senza tracciare una riga. E neanche ora scriverò tranne questo endecasillabo: oggi il vecchio somaro si riposa.

Sono a Centallo, che è un borgo di seimila in provincia di Cuneo, presi gli occhi dalle due cime della Bisalta e dalla neve del Monviso. Faccio un giro nel centro di basse case intorno a una chiesa, per cercare quella della maestra Maria Isoardo, che fu uccisa da un soldato tedesco, giusto settant’anni fa, perché reagì al suo tentativo di prenderla con la forza. La ricordavano nel settantesimo e mi hanno chiamato a parlare dei martiri del nostro tempo e in particolare delle “martiri della dignità della donna”: e pensare che io, fino a questa chiamata, che mi arrivò un anno addietro, non sapevo che al mondo ci fossero Centallo e ci fosse stata questa maestra di cui molto si conserva, dal diario di classe alla sottoveste insanguinata. Il mio tema di oggi è dunque “la gratitudine per tutto quello che non sappiamo”.

Un abbraccio a Brittany che se ne è andata a 29 anni, decidendo lei – libera e volitiva – il momento della partenza e salutando tutti come quando si prende un treno. Ad aprile scopre di avere un tumore al cervello e nel poco tempo che le resta decide che saluterà questo pianeta il 1° novembre, cinque giorni dopo il compleanno del marito. Così ha fatto. Le mando un abbraccio, come già feci da qui con Welby. Come sempre faccio – tra me – con ognuno che se ne va, anche quando parte di testa sua. Brittany ha detto che non voleva “perdere il controllo” e che voleva “morire con dignità”. Rispetto sotto ogni aspetto la sua decisione. Abbraccio, con lei, quella sua dignità salvaguardata con una decisione forte. Non ho difficoltà, come cristiano, a rispettare quella decisione. Ma segnalo che può esservi un’altra scelta con dignità, che spero sarà la mia se mi trovassi con pochi mesi davanti: di vivere fino a quando la fiammella della vita getta la sua minima e ultima luce. Di viverla, quella luce piccolina, come si vive un dono per intero e per sempre.

Aggiornamento al 7 novembre. Così Mocellin cita oggi il mio post in una nuova rubrica di Avvenire.it

“Nel rapimento abbiamo sperimentato la spoliazione e abbiamo avuto per la prima volta la possibilità di vivere come i nostri cristiani. Abbiamo gustato il dono della Parola ricordata a memoria. Abbiamo imparato a dire grazie per il dono della spoliazione”: parole di Giampaolo Marta, prete vicentino missionario in Camerun, sequestrato per quasi due mesi la scorsa primavera insieme a un confratello e a una suora, così riflette su quella brutta esperienza, facendola bella. Lo festeggio con un bicchiere di Vino Nuovo.

Di rientro dal viaggio alle tombe, ho letto le parole del Papa all’Angelus e ne fo dono ai visitatori. In esse c’è il richiamo alla promessa della risurrezione che è nel cuore della fede cristiana [“sarà Gesù stesso a risvegliarci” e c’è il ricordo dei morti che nessuno ricorda e di quanti non vorremmo che fossero morti e dei cristiani uccisi perchè cristiani. Parole di Vangelo che riporto nei primi commenti, mandando un bacio a chi le ha dette e a chi mi legge.

«Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». Partendo da queste parole dell’Apocalisse Francesco poco fa al cimitero del Verano ha svolto una drammatica lettura dell’opera devastatrice che l’umanità viene compiendo di sua iniziativa: “Noi siamo capaci di devastare meglio degli angeli e questo lo stiamo facendo: devastare il creato, devastare la vita, devastare le culture, devastare i valori, devastare la speranza. E quanto bisogno abbiamo della forza del Signore per fermare questa pazza carriera di distruzione”. Sono appunti che ho preso mentre parlava – ora vado in parrocchia e al ritorno metterò il link al testo che verrà pubblicato.

Aggiornamento serale. Ecco il link all’intero testo dell’omelia. Nei primi commenti altre parole del Papa al Verano.