Mese: <span>Marzo 2016</span>

Francesco ha fatto salire cinque bambini sulla sua campagnola e ora gira con loro per la piazza strapiena di palme e donne in capelli. Di sicuro quei cinque diventeranno vaticanisti. Nei commenti alcune parole di Francesco all’omelia e il link a un mio articolo scritto ieri in treno sul documento riguardante la famiglia firmato dal Papa nel giorno di San Giuseppe sposo di Maria.

Due cognate venete sui settanta restano vedove lo sesso giorno: gli uomini muoiono insieme in autostrada. Dopo una anno una delle due trova un amico e chiede all’altra: “Faccio bene?” L’interrogata è contraria e contrariata ma non osa dirlo. Dopo un mese racconta a una vicina, vedova anch’ella: “Insisteva a domandare che ne pensavo e allora mi sono inventata una balla e le ho detto tutto d’un fiato: ho sognato la zia Assuntina che mi ha fatto capire che era contraria. Poi sono andata a confessarli e ora sono a posto”.

“Vorrei capire con il cuore qualcosa che con la testa so da tanto, e cioè che la disabilità non è la fine del mondo, poiché quaggiù un poco disabili lo siamo tutti”: parla così Paola Olzer, carissima amica che la tetraparesi spastica non ha mai bloccato. L’ho provocata all’uso del computer e per e-mail abbiamo fatto un libro a quattro mani che ora vado a presentare: “La mia Via Crucis e quella di Gesù. Diario di un viaggio in Terra Santa e di tutta una vita” (Edizioni Ancora, pagine 103, euro 11). Nel primo commento due link per conoscere e amare Paola.

Arriva in libreria un testo di Benedetto che parla di Francesco. Arriva senza clamori ma è una prima assoluta: mai il Papa emerito aveva parlato del successore entrando nel merito della sua predicazione, stavolta invece lo fa. E lo fa in appoggio alla linea di Francesco, lodandone l’impegno sul tema della «misericordia»: è l’attacco giustamente sonoro di un mio articolo pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” a pagina 20 con il titolo Il sostegno a sorpresa del Papa emerito alla linea indicata da Francesco. Non è “a sorpresa” ma i titoli li fanno i titolisti. Nel primo commento un mezzo retroscena.

Pomeriggio per me festoso quello di ieri, quando sono andato ad ascoltare al Teatro Eliseo lo storico della lingua Luca Serianni che ha tenuto una lectio sulla canzone 50 del Petrarca: “Ne la stagion che ‘l ciel rapido inchina”, detta “canzone della sera”. Mi sono perso Dante, ma andrò a quella su Boccaccio, il 4 aprile: “Le tre corone della lingua italiana”. Interpretando gli ultimi due versi, “Come m’ha concio ‘l foco / di questa viva petra ov’io m’appoggio”, Serianni dice che “concio” sta per “conciato”, come “tocco” stava per “toccato” e voleva dire “guasto, difettoso, danneggiato” e “si diceva anche delle persone”. A questo punto avverte i giovani studenti che l’ascoltano catturati, specie le ragazze: “Il passato della lingua è tutto tranne che politicamente corretto”.

Bergoglio festeggia i tre anni da Papa in un momento nel quale registra un massimo di efficacia della propria iniziativa e un massimo di contestazione: e i due massimi sono in relazione tra loro. Non sarebbe così aspramente criticato, anche all’interno della Chiesa, se la sua predicazione e le sue riforme non fossero incisive: è l’attacco baldanzoso – come si usa – di un mio commento pubblicato ieri dal Corriere Digital e Sito con il titolo Il Papa più innovatore degli ultimi cento anni.

Neretta pepata gridacchia sulla Metro B in un crocchio di compagne d’università, tant’è che scendono tutte a Policlinico: “Ero con mi’ nonna e dovevo traversa’ sulle strisce. Je faccio ‘annamo’ e me sposto de lato per prendela sotto braccio. Un tipo isterico se crede che je volevo tajà la strada e me fa ‘ma torna al tuo paese’. Mi’ nonna je dice: ‘Guarda che il suo paese è questo, è italiana, è mia nipote’. ‘Ma che italiana! I negri mo’ saranno italiani’. ‘Si parla così davanti ai giovani?’ je fa mi’ nonna e quello fa il gesto de mandamme a quer paese mentre io dentro de me ce l’avevo già mannato: ‘Ah razzista! Ah stronzo’. M’aveva preso p’a badante de mi nonna”.

Da cardinale, Bergoglio aveva affermato con audacia il convincimento che “pastorale non si oppone a dottrinale ma lo comprende” e che “il titolo di pastore include quello di maestro”. Prevedo che il Papa arriverà presto a formulare in termini magisteriali questo criterio, che guida sotto traccia la sua tenace opera di sganciamento dalla dominante dottrinale che eredita dai predecessori: è uno spunto retrospettivo e preveggente di una mia intervista all’Azione di Fabriano per i tre anni di Papa Francesco.

“Le critiche al Papa le spiego con il fatto che il camminare in terreni nuovi, cercare di rispondere a questioni che vengono poste con grande urgenza da un mondo che sta cambiando, è qualcosa che provoca preoccupazione; si cammina in un campo che, per molti aspetti, è oscuro”: così il portavoce Lombardi risponde a una domanda di Radio Vaticana in un’intervista per il terzo anniversario dell’elezione. Nel primo commento il resto della risposta.