Anno: <span>2016</span>

“Con questa mia visita seguo le orme dei miei Predecessori. Papa Giovanni Paolo II venne qui trent’anni fa, il 13 aprile 1986; e Papa Benedetto XVI è stato tra voi sei anni or sono. Giovanni Paolo II, in quella occasione, coniò la bella espressione ‘fratelli maggiori’, e infatti voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede. Tutti quanti apparteniamo ad un’unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo. Mi auguro che crescano sempre più la vicinanza, la reciproca conoscenza e la stima tra le nostre due comunità di fede”: così ha parlato Francesco questo pomeriggio nella Sinagoga di Roma. Nei commenti altre parole del Papa e mie.

“Vorrei ringraziarvi tutti per la vostra gentilezza e la vostra pazienza”: Carlo Savini, invalido, così scrive agli autisti dell’Atm [Azienda trasporti milanesi] che ogni giorno l’aiutano a salire e scendere dal bus con la sua carrozzina e gli permettono di raggiungere il liceo Parini. La sua lettera, che è una parabola della gratitudine, è pubblicata oggi dal “Corriere della Sera”. La riporto nel primo commento e nel secondo metto altre parole di Carlo affidate al Corsera. Nel terzo un mio spunto d’accompagnamento. Mando un bacio a Carlo.

Primo “venerdì della misericordia” di Papa Francesco, che oggi pomeriggio ha visitato senza preavviso, nella periferia romana, una casa per anziani e un’altra per persone in stato vegetativo. Nei commenti l’informazione fornita dal portavoce vaticano e un mio commento volante.

Festeggio l’arrivo del libro di Francesco con Andrea Tornielli, “Il nome di Dio è misericordia” (Piemme, 113 pagine, 15 euro): godibile in ogni pagina, senza gossip ecclesiastico, concentrato sul tema giubilare. Ci dice da dove il Papa abbia preso il convincimento della centralità di quel “nome” di Dio, che comporti tale centralità, come sia maturata la decisione dell’Anno Santo. Già ne avevo scritto qui l’altro ieri ma poi diverse testate mi hanno chiesto articoli e interviste. Ne riporto brani nei primi commenti.

Il vescovo Nunzio Galantino, segretario della Cei, riconosce il dovere dello Stato di legiferare sulle «unioni di tipo diverso» che vengono crescendo nella società ma trova il disegno di legge Cirinnà avvolto in un «velo di ipocrisia» per togliere il quale ritiene necessario lo scorporo della questione delle adozioni e l’eliminazione dei rimandi al «diritto matrimoniale». Quanto a un eventuale Family Day dice che la Cei non lo promuoverà ma neanche lo impedirà e se un vescovo vorrà parteciparvi dovrà farlo a titolo personale e senza pretendere che vi partecipino gli altri: è il cappello di una mia intervista a Galantino pubblicata oggi dal Corsera a pagina 15 con questo richiamo in prima: «Sì a una legge sulle unioni civili ma non si parli delle adozioni».

Sto leggendo il libro intervista di Francesco con Andrea Tornielli, “Il nome di Dio è misericordia” (Piemme, 113 pagine, 15 euro). Sono andato a prenderlo all’Augustinianum dove veniva presentato e sono scappato per un appuntamento non rinviabile. Ne ho scorso qualche pagina in metropolitana e a pagina 21 ho trovato lo spunto per il titolo che ho messo qui sopra, che riguarda l’importanza che ha avuto l’esperienza di confessore nella maturazione del suo convincimento sulla centralità della misericordia nel messaggio di Gesù. Nel primo commento la citazione di questo passaggio. Poi, a lettura completata, ne inserirò altri che vado segnando mentre leggo.

Piero Macchi, un imprenditore di Varese che ha costruito una grande impresa, la Enoplastic, dona in morte ai 250 dipendenti un milione e mezzo di euro. Nei commenti le parole della figlia Giovanna al Corsera del 9 gennaio e il link alla lettera con cui Carla Macchi, moglie dell’imprenditore, ha accompagnato il dono ai dipendenti. Una storia che dice qualcosa sull’etica del lavoro e delle relazioni umane che è tra le migliori risorse della società lombarda.

Il Signore mandò Pietro a Gerusalemme e gli chiese di guardare che ci fosse per strada. Pietro riferì: “C’è tanta gente che piange”. “Un’è munnu” [non è mondo] rispose il Signore e lo rispedì in città. Tornato Pietro disse di nuovo: “Ora c’è tanta gente che ride”. Il Signore di nuovo: “Un’è munnu”. La terza volta Pietro riferì: “In città ci sono tanti che piangono e tanti che ridono”. “Ora è munnu”, disse il Signore. – Nel primo commento la fonte di questa “parità”, ovvero parabola, che mi arriva dalla Sicilia in morte di chi la narrava.

L’editoriale del numero di dicembre del “Regno” annuncia che la rivista continua, ovvero riapre con un nuovo assetto: “Stiamo perfezionando un accordo con il Centro Editoriale Dehoniano perché la testata Il Regno giunga a una costituenda Associazione di donne e di uomini che la facciano vivere nel segno della continuità e del rinnovamento”. Mi arriva ora questa notizia e ne sono felice, essendo un collaboratore della rivista bolognese da 43 anni. Nei commenti altri passaggi dell’editoriale e due link di accompagnamento.

Sono stolti gli immigrati che hanno molestato e derubato donne a Colonia la notte di Capodanno. Stoltissimi, se sono loro. E’ stolta la copertina d’anniversario di “Charlie Hebdo” che punta il dito sulle fedi e oltre: “L’assassino corre ancora”. Stolti i bombardamenti di tutti sulla Siria, che moltiplicando morti e terroristi. Stolto il conflitto tra sciiti e sunniti che si riscatena all’anno nuovo. Stolta la corsa della Corea del Nord al suicidio nucleare. Stolta la passione degli statunitensi per le armi in casa. Guardo la Stella che splende sulla nostra stolta gara.