Mese: <span>Ottobre 2008</span>

Possiamo trovare la nostra forza proprio nell’umiltà dell’amore e la nostra saggezza nella debolezza di rinunciare [a confidare in ogni altra nostra risorsa che ci potrebbe dare un qualche senso di superiorità sugli altri] per entrare così nella forza di Dio”; la vita cristiana infatti “suppone sempre la rinuncia alla propria superiorità e la scelta della stoltezza dell’amore”. Sono riflessioni che trovo illuminanti, svolte ieri dal papa durante la catechesi sull’apostolo Paolo – a motivo dell’Anno paolino – e la sua teologia della Croce: “La Croce rivela ‘la potenza di Dio’ (cfr. 1 Cor 1,24), che è diversa dal potere umano; rivela infatti il suo amore”. E ancora: “Lo ‘scandalo’ e la ‘stoltezza’ della Croce stanno proprio nel fatto che laddove sembra esserci solo fallimento, dolore, sconfitta, proprio lì c’è tutta la potenza dell’Amore sconfinato di Dio, perché la Croce è espressione di amore e l’amore è la vera potenza che si rivela proprio in questa apparente debolezza”. Ciò che segnalo in particolare – in vista di un’antologia della predicazione di papa Benedetto sull’amore: vedi post del 26 ottobre – sono le espressioni “umiltà dell’amore” e “stoltezza dell’amore”.

Prima è andata via la luce e la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura era ancora più bella, perchè finalmente la vedevi, senza più quei fari abbaglianti. Ma subito dopo è arrivata l’acqua: un fiume d’acqua che scorreva tra le navate, coprendo con le foglie dei platani e i foglietti della messa i mosaici del pavimento e salendo veloce al livello del primo gradino del presbiterio. Era appena entrato in Basilica il sindaco Giovanni Alemanno e io l’avevo salutato a nome di tutti, essendo il coordinatore della tavola rotonda sulle “ragioni della vita”. Ed ecco Giancarlo Elena, uno degli organizzatori, che dice al microfono: “C’è un fatto nuovo, l’acqua entra nella Basilica, dobbiamo trasferirci nella sala superiore”. Alla rinfusa transumiamo a centinaia verso quella sala, ma anche per raggiungere l’uscita che passa per la sacrestia dobbiamo camminare nell’acqua, che subito sulla nostra sinistra precipita a cascata nella cripta, scorrendo sotto la cancellata e scendendo a balzelloni per i gradini verso la tomba di Pio IX. Passando per un corridoio vediamo il chiostro allagato ancor più della Basilica. Continuano i tuoni e lo scrosio dell’acqua. Nella sala superiore, il padre Carmine De Filippis, ministro provinciale dei Cappuccini del Lazio, esclama: “Signor Sindaco, forse è un segno che tutto questo sia capitato mentre lei era qui: ci aiuti a salvare la Basilica! Sono 12 anni che frequento questo luogo e sarà già successo quattro o cinque volte un tale allagamento: noi viviamo nel terrore dell’acqua alta, come nella Roma dei secoli passati, dove la memoria delle generazioni era scandita dalle inondazioni del Tevere”.

Milano. Due giorni fa, in metropolitana. Sale un uomo, grosso. Cammina lungo tutta la carrozza piena. Io leggo, lui bestemmia forte. Si siede davanti a me. Ci guardiamo e mi fa: “Che esperienza, eh. Parlare con un uomo morto… io sono morto il 12 novembre 2003. Lo sa che esiste una vita dopo la morte? Esiste, esiste… ed è ogni giorno peggio”. Poi si alza, e scende, fermata Duomo.

“E’ necessario che si comprenda la necessità di tradurre in gesti di amore la parola ascoltata, perché solo così diviene credibile l’annuncio del Vangelo, nonostante le umane fragilità che segnano le persone”: l’ha detto stamane il papa nell’omelia di chiusura del Sinodo sulla “Parola di Dio”. Un’omelia concentrata sull’affermazione che “la pienezza della Legge, come di tutte le Scritture divine, è l’amore”. La segnalo (http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/22819.php?index=22819&lang=it) per l’antologia della predicazione papale sull’amore che vado costruendo (vedi post del 22 ottobre) e l’applico a me stesso, lettore della Bibbia in famiglia e anche fuori, compresa la Basilica di Santa Croce (post dell’11 ottobre).

Dal treno. Prima nebbia sulle vigne vendemmiate e primo giro della seminatrice nel campo qui davanti.

Conosco un poco Pietro Maso perchè me ne parla don Guido Todeschini – quello di Telepace – che l’aiuta come può fare un prete. Leggo della sua prima giornata di lavoro fuori dal carcere, vedo i titoli cattivi di un paio di giornali e gli mando un saluto: in bocca al lupo, Pietro! Mando un saluto anche a Elettrodata, la ditta che dà fiducia a chi vuole ricominciare e a don Guido che lì ha condotto Pietro che un giorno uccise il padre e la madre. Leggo che qualcuno gli ha gridato contro “ammazzatelo” e io gli grido “coraggio”.

“L’amore è divino” ha detto stamane Benedetto all’udienza generale, proponendo quasi un rovesciamento linguistico dell’affermazione biblica “Dio è amore”, Deus caritas est (1 Giovanni 4,8) e io segnalo il brano per l’antologia che vado raccogliendo di suoi detti riguardo all’amore (vedi post del 19 ottobre): “Ciò che colpisce – nel famoso inno contenuto nella Lettera ai Filippesi (cfr 2,6-11) – è il contrasto tra l’abbassamento radicale (del Figlio, ndr) e la seguente glorificazione nella gloria di Dio. E’ evidente che la strofa sull’abbassamento è in contrasto con la pretesa di Adamo che da sé voleva farsi Dio, è in contrasto anche col gesto dei costruttori della torre di Babele che volevano da soli edificare il ponte verso il cielo e farsi loro stessi divinità. Ma questa iniziativa della superbia finì nella autodistruzione: non si arriva così al cielo, alla vera felicità, a Dio. Il gesto del Figlio di Dio è esattamente il contrario: non la superbia, ma l’umiltà, che è realizzazione dell’amore e l’amore è divino. L’iniziativa di abbassamento, di umiltà radicale di Cristo, con la quale contrasta la superbia umana, è realmente espressione dell’amore divino; ad essa segue quell’elevazione al cielo alla quale Dio ci attira con il suo amore“.

“Mio padre diceva che abbiamo bisogno della memoria e dei sogni per andare avanti. Vi ringrazio per averlo onorato, in questa giornata, facendo appello alla vostra memoria e proponendo i vostri sogni”: così Marcin Geremek sabato mattina ad Arezzo, dove ritirava il premio “Verso l’Europa” attribuito al padre Bronislaw Geremek (1932-2008), che sono felice di aver conosciuto e di averne potuto dare una minima testimonianza pubblica (vedi post del 17 ottobre e terzo commento a esso). 

Pompei. Due dormono a terra nel sottopassaggio della stazione ferroviaria, ma quanto ordinati. Su un piumino bene disteso, vestiti e con sopra una coperta matrimoniale a vivi colori. Lei dalla parte del muro, con dietro la testa un trolley accostato alla parete. Ai piedi – bene appaiati – i sandali dell’uno e dell’altra, appena fuori del piumone. Ricordano i sandali nell’atrio delle moschee.

“La forza della carità è irresistibile: è l’amore che veramente manda avanti il mondo!” l’ha appena detto il papa a metà dell’omelia davanti alla Basilica di Pompei, dove sono anch’io al caldo sole. La segnalo come una delle parole calde del papa teologo che vado raccogliendo in questo blog e che hanno a filo conduttore il concetto della carità come cuore del cristianesimo (vedi post del 13 settembre). Sempre nell’omelia Benedetto ha avuto quest’altro passaggio forte sul fondamento della carità che manda avanti il mondo: “Il Signore ‘ti rinnoverà con il tuo amore’ dice Sofonia (3, 17) con stupenda espressione rivolgendosi a Gerusalemme. Sì, l’amore di Dio ha questo potere: di rinnovare ogni cosa, a partire dal cuore umano, che è il suo capolavoro e dove lo Spirito Santo opera al meglio la sua azione trasformatrice”.