“Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente“: così ha parlato ieri papa Benedetto in Benin alle autorità dello Stato, al Corpo diplomatico e ai rappresentanti delle principali religioni del Paese. Ecco – qui e nei primi due commenti – alcuni passaggi del suo inno alla speranza: “Occorre diventare veri servitori della speranza. Non è facile vivere le condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti. Il potere, qualunque sia, acceca con facilità, soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni“. Mi piace sentire il papa che mette in guardia dal potere e dall’interesse religioso, elencati tra quelli che “accecano facilmente”.
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Nell’anniversario della partenza di Adriana Zarri per l’Ovesturia dedico ai visitatori la sua PREGHIERA D’INVERNO in cui sono queste parole che mi sono d’aiuto e che faccio mie: “Facci attendere, Dio, senza stancarci, / senza timore di morire per sempre (…) / Aprici gli occhi, o Dio, / facci vedere ciò che non si vede”. L’intera poesia è nel primo commento.
“Quando durante la liturgia c’è il segno della pace, ci si dà la mano. Se non c’è nessuno vado a prendere la zampina della mia gatta”: così Adriana Zarri nel libro intervista con Domenico Budaci Tutto è grazia (Aliberti 2011). A un anno dalla morte di Adriana – vedi post del 18 novembre 2010: “Ho vissuto e attendo” – dedico ai visitatori quelle sue gentili parole, come un saluto dall’eremo in cui viveva. Nei primi due commenti una spiegazione di quel “segno di pace” con la micia Arcibalda.
Monti e i suoi ministri hanno appena giurato e io mi sento già meglio. Quelle tre donne forti alla Giustizia, agli Interni e al Lavoro. Tagliati sei ministeri compreso quello di Calderoli detto della semplificazione: e questa mi pare una buona semplificazione. Anche l’età dei ministri è rassicurante: il più giovane è il mio amico – già presidente del Meic – Renato Balduzzi, 56 anni. Il premier Monti ha i miei anni: dunque l’età giusta. Ci sono sei lombardi che – immagino – hanno il compito di incastrare i lumbard. Ma ciò che mi aiuta ad avere un minimo di fiducia in più rispetto al gabinetto uscente è la certezza che questi professori di fronte a una qualsiasi operazione dolorosa – poniamo le pensioni o il contributo di solidarietà – non si metteranno a dire: colpirebbe chi vota per noi. Buon lavoro dunque miei validi coetanei.
Sono amico sia di Gianni Letta sia di Giuliano Amato e li vedo bene nel governo Monti: sono seri, capaci, galantuomini. Di parte ma non settari. E’ il momento di fare spazio a uomini siffatti. Bocchino e Capezzone mi fa senso solo a dirli.
Un nipotino di nome Pietro che ha quattro anni – già noto da queste parti – mi ha chiesto ultimamente in rapida sequenza: “Quanto è grande il mondo? E quanto dura il tempo? E noi perchè ci siamo?”
«Dovreste vederli, i miei alunni, quando mi incontrano ogni tanto, come si emozionano e sorridono e scherzano e tutti hanno lo stesso sguardo felice per gratitudine»: parole di Armando Rossitto, preside a Lentini, Siracusa, che lascia l’incarico e saluta alunni e colleghi. A lui – e a tutti i giusti della scuola che mai sapremo ricompensare – offro un bicchiere di Vino Nuovo.
Sono contento che Berlusconi – costretto dai mercati – abbia lasciato e che il ruolo di premier vada a chi meglio comprende il mondo che ci circonda e da esso meglio è compreso. Ma credo che la sua uscita da Palazzo Chigi vada guardata con il rispetto che è dovuto a chi fu posto in quel ruolo dal voto degli elettori. Io così la guardo. Auguro a Berlusconi di potersi infine riposare e difendere al meglio nei tribunali e trovare una qualche pace dopo tante battaglie. Se gli fossi amico gli consiglierei di lasciare la politica. Ritrovare la pace può essere un’impresa che chiede ogni energia. Immagino anche che la sua uscita dalla politica aiuterebbe la stessa politica a ritrovare un equilibrio dopo la tempesta.
«Quando Mario e Nicoletta in platea si sono avvicinati a mia figlia Francesca, figlia di un carcerato, ho capito che mi avevano perdonato»: parole di Francesco Ranieri uno dei 13 carcerati segnalati dal Premio “Carlo Castelli” per la solidarietà 2011. Le dedico ai visitatori accompagnandole con un bicchiere di Vino Nuovo.
Sono a Padova sulle tracce di Francesco Canova – 1908-1998, medico, fondatore di Medici con l’Africa – in vista di una pubblicazione che potrebbe avere questo titolo: “Francesco Canova. Un cristiano creativo che porta in Africa 1328 medici”. Chi ha spunti me li dia. E’ bellissima persona restata fino a oggi in ombra. Sto provando a illuminarla. Una frase: “La luce è un gran medico”. Un gesto simbolico: innamorato della Terra Santa – dove passa dodici anni a fare il medico “in missione”, tra il 1935 e il 1947 – chiama la prima figlia Giordana.
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