Mese: <span>Gennaio 2008</span>

Una piccola mamma venuta dal Darfur con cinque figli chiede aiuto a una volontaria di un centro di accoglienza a Torino. Visti i piccini la volontaria che è single li prende con sé nella sua casa spaziosa ma “solo per una settimana” – dice loro – perché non ha denaro per sfamare sei bocche. Trascorsa la settimana lei si è affezionata ai cinque pulcini piccoli e neri e li vuole tenere ancora. Telefona agli amici che fanno una colletta, le passano il denaro e la vanno a trovare per giocare con i bimbi e aiutare la donna a cercare un lavoro. – La donna nera rappresenta i rifugiati per protezione umanitaria, la volontaria i volontari che li soccorrono, gli amici che fanno la colletta è il comune di Torino che ieri ha deciso di offrire 300 euro come parziale rimborso spese ai cittadini che accolgono un rifugiato in “affido residenziale”. La notizia è oggi nella cronaca di Torino del quotidiano La Stampa ma meriterebbe la prima pagina di tutti i giornali. Essa è un segno che l’umanità non sta regredendo.

Come giornalisti che si occupano di informazione religiosa abbiamo deciso di rivolgere un appello agli editori di “Famiglia Cristiana” e di “Jesus” che hanno preannunciato l’intenzione di chiudere la redazione romana delle due testate, oltre che le sedi di Torino, Venezia e Bologna. Tutti ricordiamo la grande tradizione delle due testate e l’autorevolezza che si sono conquistate negli anni sul campo. È difficile credere che un editore tanto rilevante nel panorama dell’informazione italiana scelga di impoverire se stesso sguarnendo la sua presenza sul territorio nel Nord Italia, sua tradizionale roccaforte, e soprattutto rinunciando a quella nella capitale del Paese, cuore della vita politica e sociale e città che ospita le più importanti istituzioni ecclesiali, sia nazionali che della Santa Sede. Ogni ambito dell’informazione è importante, e impoverirlo è impoverire tutti, lettori e non lettori delle due testate, credenti e non credenti. La chiusura della redazione di Roma è difficilmente comprensibile per delle riviste prestigiose come “Famiglia Cristiana” e “Jesus”, che hanno inevitabilmente il loro baricentro nel mondo ecclesiale, civile e politico. La conseguenza di una tale decisione sarebbe quella di emarginare queste testate storiche non soltanto all’interno del variegato panorama giornalistico italiano, ma anche all’interno del pianeta dell’informazione di matrice cattolica. Per questi motivi ci appelliamo ai religiosi della Congregazione Paolina, affinché riflettano sulla scelta che forse, nella contingenza delle attuali difficoltà economiche, non è stata ponderata in relazione alle future conseguenze: la società civile italiana, il mondo cattolico e la Chiesa tutta hanno bisogno di una maggiore ricchezza e varietà dell’informazione, non certo di un suo restringimento, pena la perdita di un ingrediente prezioso per il bene della vita pubblica del nostro Paese.

Luigi Accattoli, Giorgio Acquaviva, Angela Ambrogetti, Bruno Bartoloni, Gabriella Bentivoglio, Angelo Bertani, Lucio Brunelli, Giovanna Chirri, Fulvio Fania, Giacomo Galeazzi, Renzo Giacomelli, Franca Giansoldati, Paolo Giuntella, Ignazio Ingrao, Antoine-Marie Izoard, Salvatore Izzo, Orazio La Rocca, Raffaele Luise, Roberto Monteforte, Elisa Pinna, Marco Politi, Paolo Rodari, Enzo Romeo, Luigi Sandri, Alessandro Speciale, Marco Tosatti, Andrea Tornielli, Aldo Maria Valli, Gian Guido Vecchi, Fabio Zavattaro

Una filippina emigrata in Giappone dice a un’amica dell’emigrazione: “Ho difficoltà con mio marito e non so se divorziare o continuare”. L’altra piange con lei, l’abbraccia e le fa: “Adesso io non so che cosa dirti, ma vieni con me alla chiesa e preghiamo, perché noi poveri ci aiuta soltanto Dio”. Ho cavato questa parabola dalla prima omelia del nuovo preposito dei gesuiti (vedi post precedente e testo dell’omelia al commento n. 4) perchè bene interpreta il motto con cui il padre Adolfo Nicolas si è presentato: che per i cristiani sia questa l’ora di evangelizzare “con la sola forza di Dio”. Dedico un secondo post e un secondo abbraccio al padre Adolfo perchè vedo che è già attaccato.

Parole di Vangelo sono venute dal nuovo superiore dei gesuiti Adolfo Nicolás con l’omelia della Messa di ringraziamento seguita alla sua elezione, avvenuta sabato 19 gennaio. Ha ricordato le parole di uno dei confratelli che si congratulava con lui: “Non ti dimenticare dei poveri”. E ha così continuato: “Forse questo saluto è il più importante. I poveri, gli emarginati, gli esclusi; in questo mondo della globalizzazione aumentano coloro che sono esclusi da tutto. Tutti coloro che vengono diminuiti, perché la società ha posto per i grandi ma non per i piccoli; tutti coloro che si trovano in situazioni di svantaggio, che sono manipolati; tutti questi sono forse per noi le nuove nazioni, le nazioni che hanno bisogno del profeta, del messaggio di Dio che è per tutti”. Mando un abbraccio al padre Nicolas.

Corvi sulla brina nel campo di grano visti dal treno. Nebbia intorno. Contento dell’inverno di sempre.

Dio mio, difendimi dal mondo! Ti prego, difendimi dal mondo”. Una voce dolorosa mi assale dal fondo della navata. Scruto perplessa la penombra della chiesa, dove sono entrata a cercar tregua dalla vampa estiva al di fuori. Davanti all’altare intravvedo un uomo in ginocchio: i capelli unti, le spalle lise. E’ un barbone, il viso ancora giovane ma già stremato: è l’incipit del libro “In viaggio con l’arcangelo” della eco-femminista Grazia Francescato (Idea libri 2000) che leggo solo ora, richiamato a esso dal ricordo della giovane Grazia che ebbi collega alla Repubblica nascente. Viaggio terrestre e celeste introdotto da quattro pagine di Guido Ceronetti, il pungente Guido che un poco mi sorprendo a scoprire amico della lucente Grazia. Ma la sorpresa è subito vinta dal ricordo di un’altra preghiera randagia attestata dal Ceronetti, gemella di quella udita da Grazia nella chiesa di Santa Maria Maddalena in Roma. Eccola: “In questa città ho paura, nessuno mi conosce, solo Dio”. Ceronetti questa invocazione la riportò nella sua rubrica “Oggi”, sul quotidiano La Stampa, l’8 aprile 1995 con l’annotazione: “Graffito nei pressi della Stazione di Roma Tiburtina, 1994”.

Driver ti amerei all’infinito. Lamu“: letto su un muro di Palazzo Anguillara a piazza Guiuseppe Gioacchino Belli, in Roma.

Sono stato a piazza San Pietro ed ero contento di esserci. Con tanta gente, il sole e la parola serena del papa. C’erano anche politici dichiaranti, cartelli altisonanti, qualche bandiera profittatrice e grida fuori luogo. Come quelle di un tipo agitatissimo che da dietro la mia spalla muoveva braccia e parole verso il cardinale Ruini: “Salvi l’Italia”. Il cardinale lo guardava stringendo gli occhi al riverbero della luce. Non si aduna tanta gente senza che qualcuno dia i numeri. Ma la folla tutto digeriva. Anche un uomo vestito di sacco, con i piedi nudi che declamava: “Sentinella che vedi? Vedo un popolo profugo che piange nel vespro”.

«La fede non va imposta in modo autoritario, può essere solo donata in libertà». Papa Ratzinger ci sorprende una volta di più (…) il Pontefice sembra “proporre” Gesù Cristo e la fede cristiano-cattolica come uno dei percorsi buoni (per quanto concerne il suo ministero, il percorso privilegiato) per «trovare la via verso il Futuro». A Roma s’è persa un’ottima occasione per capire finalmente chi sia Ratzinger: non quello che molti di noi pensano sia. Non vuole imporre, ma consiglia. Auspica, non ordina. Aiuta, non costringe (…) Merita d’esser letta e riletta, l’allocuzione che il Papa filosofo avrebbe fatto alla Sapienza.
Così Dario Fo sul Messaggero del 17 gennaio. Considero le sue parole il frutto migliore del fattaccio della Sapienza. Dice “occasione persa” e a me invece appare colta. Il messaggio del papa avrebbe avuto meno ascolto se l’avesse letto di persona perchè l’attenzione sarebbe andata agli sberleffi dei contestatori come era successo con Giovanni Paolo nell’aprile del 1991. Non sarebbe stata svelata, inoltre, l’intolleranza di quel laicismo. Forse a portare frutto è stata l’umiliazione – o l’umiltà – inaspettata della rinuncia. La cancellazione della visita è stato un fatto spiacevole e il papa ne sarà amareggiato ma spero che qualcuno gli possa spiegare il buon acquisto delle parole del comico e premio Nobel di cui mi rallegro. Ho sempre apprezzato il Dario Fo di Mistero buffo e ultimamente quello che spiegava i Trionfi del Mantegna o la facciata del duomo di Modena. Quando interpreta le sculture medievali Fo è per me come un gemello del Benigni che legge Dante. Che sia arrivato a una giusta interpretazione di papa Ratzinger mi pare una buona notizia: se c’è arrivato lui, maestro dello sberleffo, vuol dire che tanti ci stanno arrivando.

L’homo sapiens invita il papa per fare figura.

I sapientini gridano per fare la controfigura.

Il papa non va per non fare brutta figura.

“Che figura” dice l’homo sapiens.

“Che figurini” gridano i sapientini.