Mese: <span>Febbraio 2011</span>

Sto scrivendo un articolo per Il Regno Attualità sulla presenza di Gioab in questo blog e per ciò vado rivedendo uno per uno i suoi commenti uniti a quelli che lascia nel blog di Tornielli con lo pseudonimo Sal. Faccio due richieste ai visitatori: lasciate a me di interloquire con Gioab e aiutatemi – chi ne sappia qualcosa – nella ricerca di informazioni sui TdG nella blogsfera. La seconda richiesta è semplice. Spiego la prima. L’arte della diatriba in cui Gioab è maestro intralcia la normale conversazione del pianerottolo ed egli riesce ogni tre per due a farci girare intorno a lui. Ovviamente ognuno è libero di continuare a intervenire come crede e nessuno qui sarà mai censurato. Ma vorrei provare, per quanto possibile, a contrapporre una qualche arte dell’interlocuzione a quella dell’ottimo Gioab. Me ne assumo io l’incarico: sono più vecchio di lui e da una vita diatribo su tutte le piazze reali e virtuali. Lui poi è suonato quasi quanto me: sarà una bella gara. Chi è daccordo con questo esperimento segua le mosse. Chi non lo condivide continui pure a interloquire con Gioab come meglio crede.

Il parroco di Brembate don Corinno ha detto alla messa delle 10 che le campane della sua chiesa suoneranno a festa ogni ora fino a sera «perchè ora Yara è un angelo». «La parola più forte è il nostro silenzio, lo smarrimento e l’angoscia che ci portiamo dentro, un peso che facciamo fatica a credere che abbia un senso», ha detto ancora. Fuori dalla chiesa c’è una foto di Yara con la scritta “Siamo smarriti aiutaci”. Ieri don Corinno aveva fatto visita alla famiglia di Yara: «Il padre mi ha detto ‘non dirmi nulla e abbracciami’». Vicino all’altare ci sono decine di candele rosse accese e tre tulipani bianchi per Yara «un angelo di Dio». Accanto ci sono biglietti che dicono ricordano la piccola come un «piccolo fiore», «una piccola grande stella» che per tutta la comunità «è stata una sorella, un’amica, una figlia».

Non sono mai stato in Libia ma la sento un poco come una mia terra perchè laggiù stette a lungo – credo tre anni – mio padre ventenne, con le truppe di occupazione, subito dopo la fine della prima guerra mondiale alla quale era stato chiamato dopo Caporetto, tra i “ragazzi del 1899”. Si chiamava Giuseppe e parlava più della Libia che della guerra. Gli era rimasta la passione per i datteri che sempre comprava a Natale. Sento molto quella stagione della sua prima giovinezza tra la sabbia e il mare, lo vedo che guarda nel sole e non comprende quello che vede. Cammelli tra refoli di sabbia. Fucilazioni all’alba all’interno del forte. Nella stessa condizione mi trovo io oggi quando guardo in televisione le folle, i morti, il dittatore che grida in un microfono. Tengo dentro di me quel mondo che non comprendo e che forse temo quanto dovette temerlo Giuseppe a vent’anni.

Scrivo in treno tornando a Roma da Novafeltria dove ieri ho incontrato genitori e docenti dell’Istituto complessivo Battelli [titolo della conversazione In che mondo vivranno i nostri figli? Alla ricerca di relazioni vere nel tempo di internet] e ho conosciuto Tonino Guerra, che il 16 marzo compie 91 anni e con il quale ho parlato di Libia e delle amministrative che sono in arrivo in quell’angolo di Marche che è passato alla Romagna e dei volontari che assistono gli anziani: “Ci vorrebbe un’esplosione di bontà, di questo ha bisogno il mondo. Far vedere la bontà all’umanità di oggi che poco la conosce. Chi è religioso dovrebbe essere buono, il resto è semplice. La mia mamma pregava con parole latine che non capiva, ma dovevano finire in ‘us’. Le dicevo: Mamma ma che dici, chi ti capisce? Un giorno mi rispose alzando una mano: Lui mi capisce”. Ho vistato a Pennabilli L’Orto dei frutti dimenticati e il Rifugio delle Madonne abbandonate. Ne riparlerò i prossimi giorni ma volevo dirvelo subito che sono contento di aver abbracciato Tonino che amo da tanto.

Ho sognato che l’Italia in tre mosse faceva fronte all’incendio arabo, alla crisi economica e al disorientamento del premier: un governo di emergenza a guida Tremonti, aperto alla partecipazione di tutti e con astensione dei gruppi parlamentari non partecipanti; un salvacondotto per Berlusconi autorizzato a stabilirsi ad Antigua; un accordo tra i gruppi parlamentari per la riforma della legge elettorale e l’andata alle urne – sempre con il governo Tremonti – a fine legislatura. Era un bel sogno.

“In Terrasanta ti avvedi di quanto sia incredibile – anche nel senso di controcorrente – il messaggio di Cristo che ha scelto gli stolti per confondere i sapienti”: è un passaggio del Diario di Terrasanta appena pubblicato da Mauro Banchini nel sito della diocesi di Pistoia, di rientro da un pellegrinaggio ritmato da brani dei Vangeli alternati a notizie dell’insurrezione egiziana. “Non sappiamo che cosa possa accadere ma tranquilli, nessuno qui ha voglia di sprecare un proiettile per un gruppo di turisti” è una battuta della guida palestinese. Il 13 febbraio a Betlemme assistono a una manifestazione di giovani palestinesi che festeggiano la caduta di Mubarak: “Siamo contenti con loro anche se stando qui ti rendi conto di come siano infiammabili gli animi e ti chiedi che ne potrà venire”. Bevo un bicchiere di Vino Nuovo alla salute dei cari pellegrini di Pistoia.

«Penso che [il Presidente del Consiglio] abbia le sue ragioni e buoni mezzi giuridici per difendersi contro le accuse. Sia la nostra Costituzione, sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia»: lo dice il Presidente Napolitano nell’intervista a «Welt am Sonntag». Io la penso proprio così: Berlusconi vada al processo e nessuno lo dia per colpevole fino alla sentenza. Vedi per esempio quanto scrivevo nel post del 24 gennaio, intitolato CINQUE RISPOSTE SECCHE SU BERLUSCONI E LE RAGAZZE: “Berlusconi si deve dimettere per le risultanze provvisorie sulle feste di Arcore e il caso Ruby? No, ma deve accettare la convocazione che ha avuto dai magistrati“.

Il mio racconto di una risonanza magnetica – vedi post del 18 febbraio – ha allarmato amici e visitatori che commentano e mi scrivono per sapere di più. Nulla di grave. Zoppico con la gamba sinistra da sei mesi e non so perchè e non lo sanno spiegare – per ora – neanche i medici. Radiografia, elettromiografia e risonanza magnetica non hanno rilevato nulla. Non mi fa male e trovo che una leggera zoppia mi si addica. Grazie dell’affetto e degli auguri.

Se ti chiami Chiara non cercare di raggiungere Milano“: scritto con pennarello nero sul muro di facciata di un edificio di via Manin, a Roma, davanti all’ingresso del liceo Albertelli. Ipotesi interpretativa del gergo studentesco: “Questo messaggio è per una che si chiama Chiara, alla quale chiedo di non partire per Milano”. Leggo sui muri delle scuole per imparare la lingua dei ragazzi.

Ho fatto una risonanza magnetica alla clinica Villa Margherita a Roma, la terza o quarta che mi capita di fare negli anni. “Depositi qui tutto quello che si può smagnetizzare”. Poi quel simpatico bombardamento di suoni, sempre più forti. Ho conosciuto una collega giornalista che dopo una risonanza restava stralunata per due giorni. “Abbiamo aumentato l’intensità degli impulsi ma forniamo questa cuffia che garantisce una minima protezione”. Mi è parsa un’immagine del bombardamento mediatico al quale tutti siamo esposti. I rumori sono sempre più forti e ancora non abbiamo le cuffie.