Il blog di Luigi Accattoli Posts

Nella Rete c’è un sito che si chiama IL MONDO DI LUCY: parla di una bambina che è nata con una grave malformazione e che sta per compiere un anno. Riporto qui la presentazione del sito e vi invito a dare un’occhiata restando – se possibile – un tempo e due tempi senza dare giudizi. So che è grande impresa per i naviganti, specie quelli con pseudonimo pugnace. Fatelo per Lucy. E leggete il primo commento.

Questo sito parla di speranza, di una scelta fatta per amore,
che ha generato amore.
Potevamo scegliere il buio, potevamo allontanare tutto in un attimo,
con un semplice no.
Abbiamo scelto la vita, la vita di Lucy.
E Lucy ha illuminato la nostra.
Ogni pagina racconta di un piccolo passo fatto,
di un pezzetto di strada,
percorsa con fatica e con speranza.
Pensieri e riflessioni nati da un incontro,
dall’abbraccio di chi ci sta a fianco,
da un istintivo bisogno di descrivere quello che sta succedendo.
Con il desiderio profondo, impresso nell’anima,
di poter forse, un giorno,
essere di aiuto a qualcuno.
Anna e Gianluca

Chicco di grano caduto in terra è stata la vita di padre Luigi, che ha accolto come una chiamata della Provvidenza di Dio il suo ministero di vescovo in Anatolia. In questa terra turca, che aveva tanto studiato, monsignor Padovese ha voluto inserirsi e lasciarsi macerare, amando questo nobile popolo. Chicco di grano si è fatto padre Luigi diventando guida della Chiesa di Anatolia, una chiesa di minoranza, spesso sofferente e provata (…). Vogliamo, come Chiesa ambrosiana, insieme a tutte le comunità cristiane, accogliere e affrontare la sfida di essere sempre più coscienti della nostra identità cristiana e di saper offrire, senza alcuna paura, sempre e dappertutto, la testimonianza di una vita autenticamente evangelica: amando Cristo e ogni uomo sino alla fine. Perché da questa morte così cruenta possa rimanere un messaggio per tutta la Chiesa: la speranza è la parola di vita che possiamo riascoltare da padre Luigi, come l’estremo e definitivo messaggio che ci viene dal suo corpo dato e dal suo sangue versato su quel piccolo lembo di terra turca”: così oggi il cardinale Dionigi Tettamanzi durante la celebrazione nel Duomo di Milano per il vescovo Luigi Padovese (vedi post del 3 giugno). Un mio commento a un testo di Padovese nel sito VinoNuovo: Impensabile per l’islam.

“Incredibile – mi dice uno della città de L’Aquila – che cosa può venire da un terremoto: ora basta mettere fuori un manifesto e qualsiasi attività tu proponga, culturale o sociale, hai gente. Chi ha sofferto sta sveglio”.

Sono in partenza per San Miniato – Pisa – dove già sono stato felicemente e dove domani parlo a una “festa della famiglia”. Segnalo ai visitatori un mio articolo pubblicato oggi dal CORRIERE DELLA SERA a pagina 23 con il titolo: IL PRIMO “MEA CULPA” DI RATZINGER – COM’E’ DIVERSO DA QUELLI DI WOJTYLA. Questo l’attacco: “E’ la prima volta che Papa Benedetto chiede perdono a nome della Chiesa per una colpa dei suoi ‘figli’: lo fa per un ‘peccato’ di oggi e non della storia, come invece tante volte aveva fatto Papa Wojtyla ma come lui accompagna il ‘mea culpa’ con l’impegno a fare in modo che quel misfatto non si verifichi ‘mai più’. Appare dunque chiaro come in questa pedagogia della penitenza e della purificazione Papa Ratzinger segua le orme del predecessore e nello stesso tempo se ne distingua”. Da cardinale Ratzinger una volta aveva detto: “La Chiesa del presente non può costituirsi come un tribunale che sentenzia sulle generazioni passate“. Nell’articolo ragiono su quanto egli fece ad accompagnamento del “mea culpa” giubilare e concludo: “L’atto che ha compiuto ieri conferma ciò che aveva detto allora. E forse ora ne sappiamo abbastanza per aspettarci che se ascolteremo da lui altri ‘mea culpa’ essi riguarderanno i cristiani di oggi e non quelli di ieri”. Puoi leggere qui l’intero articolo.

Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più; promettere che nell’ammissione al ministero sacerdotale e nella formazione durante il cammino di preparazione ad esso faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l’autenticità della vocazione e che vogliamo ancora di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino, affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita”: così il papa, che sta parlando in piazza San Pietro per la conclusione dell’Anno sacerdotale. Qui l’intera omelia.

«Dio mio, non dovevi farmi questo». Sono le parole di un uomo che ha perso sotto le macerie de L’Aquila due sue figlie. – E’ l’attacco di uno degli ultimi articoli di Gianni Baget Bozzo (1925-2009), il prete e politologo genovese che ha scritto per tanti quotidiani e soprattutto per La Repubblica, quand’egli era di sinistra (per un ventennio, a partire dal 1976) e per Il Giornale quand’era ritornato a destra (gli ultimi quindici anni). Don Gianni morirà un mese dopo questo articolo, l’8 maggio. Mi piace considerare una preghiera pubblica questo suo testo estremo e pieno di fede. Lo riprendo qui anche per fare memoria di un caro amico a un anno e un mese dalla partenza. Propriamente io vorrei intendere come preghiera quell’esclamazione del terremotato che grida a Dio «non dovevi farmi questo» ma non sono riuscito a sapere chi l’abbia pronunciata, forse in un servizio televisivo, forse in una radiocronaca, chissà. E allora attribuisco quella preghiera al narratore che l’ha resa celebre, cioè a don Gianni che per tutta la vita ha cercato i segni dell’amore di Dio nel nostro tempo e ne ha dato conto nei media con grande inventiva. [Segue nel primo commento]

Il tenore Andrea Bocelli in un video su Youtube racconta di sè per aiutare le donne in difficoltà a non abortire. Parla di una giovane che arriva in ospedale con dolori all’addome e non sa di essere incinta. «I dottori le misero del ghiaccio sulla pancia e poi le dissero che avrebbe fatto meglio ad abortire perché il bambino sarebbe venuto al mondo con qualche forma di disabilità. Ma la giovane e coraggiosa sposa decise di non interrompere la gravidanza e il bambino nacque: quella signora era mia madre e il bambino ero io. Sarò di parte, ma posso dirvi che è stata la scelta giusta e spero che questo possa incoraggiare altre madri che magari si trovano in momenti di vita complicati ma vogliono salvare la vita dei loro bambini». Alla fine accenna un canto: «Voglio vivere così… col sole in fronte…». Bocelli è nato con una forma di glaucoma congenito che lo ha reso quasi cieco. Vedi sul “Corriere della Sera” di oggi l’intero servizio del collega Mario Porqueddu.

E’ difficile non amarsi è impossibile dimenticare. Arrivederci“: una scritta letta in via Misasi, a Cosenza, in vicinanza della libreria delle Paoline. Mi viene segnalata da un visitatore che si firma Andreacs e che così la commenta: “Curioso quell’arrivederci finale: una promessa d’amore eterno o una minaccia di stalking?

«L’esperienza fatta nell’islam rimane parte integrante del mio cammino verso l’incontro con Dio. Un cammino che ha avuto una svolta decisiva quel giorno in cui ho cominciato a dire il mio “sì” a Gesù nella chiesa di Mersin, e che ha trovato il suo compimento nella vocazione cristiana e in quella sacerdotale»: così parla un gesuita turco di 38 anni che diventerà sacerdote a Roma il 26 giugno. Si chiama Antuan e quelle parole le diceva cinque anni addietro in un colloquio con la rivista MONDO E MISSIONE che puoi leggere qui. Qui invece trovi il sommario dell’ultimo numero di POPOLI che contiene un’interessantissima intervista ad Antuan in vista dell’ordinazione, così riassunta: “Il 26 giugno a Roma diventerà sacerdote il primo gesuita turco, che celebrerà la sua prima messa nella chiesa di Ankara dove 13 anni fa è diventato cristiano. Antuan Ilgit racconta in esclusiva a Popoli la sua storia“.

Benedetto a Cipro: tre giorni di parole e gesti benefici. Che vedo riassunti nell’abbraccio che ha scambiato il pomeriggio di sabato, a Nicosia, con un maestro sufi che si chiama Cheik Mohammed Nazim Abil Al-Haqqani, di 89 anni. Aspettavo da sempre l’incontro di un papa con un sufi. “Santità ha mai letto il Corano?” chiesi una volta a Giovanni Paolo in aereo, mentre volavamo verso Casablanca: agosto 1985. “Non per intero – mi rispose – ma ho letto i mistici musulmani che sono molto simili ai nostri, per esempio a Giovanni della Croce“. Da allora mi chiedevo perchè non incontrasse mai dei sufi, che sono i cultori della mistica islamica. Ieri sono stato accontentato e racconto la mia contentezza con la cronaca della Radio Vaticana: “Il breve incontro si è svolto all’esterno della nunziatura prima della Messa odierna nella Chiesa della Santa Croce. Il leader sufi ha spiegato che vive dietro la Chiesa, nella parte Nord di Cipro, e di essere venuto per salutare il Pontefice. Si è scusato per il fatto di aver aspettato seduto. “Sono molto anziano”, ha detto. E il Papa ha risposto: “Sono anziano anch’io!”. Nazim ha poi donato al Papa un bastone istoriato, una targa con parole di pace in arabo e un rosario musulmano. Il Pontefice, da parte sua, gli ha donato una medaglia: quindi si sono abbracciati in un gesto di affetto fraterno. Nazim ha chiesto infine a Benedetto XVI di pregare per lui. “Certamente lo farò – gli ha risposto il Papa – pregheremo l’uno per l’altro”.