Leo Matzneller, 77 anni, di Merano, insegnante in pensione, sperimenta per più di quattro mesi tutte le pene del Covid, compresa l’intubazione e la tracheotomia, ma infine guarisce, matura una viva gratitudine verso quanti l’hanno avuto in cura, ritrova “la voglia e la forza di pregare”, decide di ricambiare la “grazia” della guarigione con un rinnovato impegno nel volontariato della Caritas e della Comunità Cenacolo e facendosi “attivista per la pace”. Nei commenti riassumo la sua odissea ospedaliera e riporto alcuni brani di un suo testo intitolato “La mia storia di paziente Covid 19” che circola fotocopiato negli ambienti associative dei quali Leo è animatore.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
La chiamata di Mario Draghi al Governo mi appare buona. Stante poi che l’unica alternativa sarebbe il voto subito, in pandemia e sforando su tante scadenze, la carta Draghi mi pare da proteggere con cura. Io non dispongo di nessun’arma per tale protezione, se non la preghiera. Prego dunque per Draghi, per Mattarella, per Conte, per Fico, per Salvini. Per tutti i politici, essendo grande ora la loro responsabilità. Prego anche per i politici che non condivido per nulla: per Renzi che fa cadere Conte e per Di Battista che non vuole Draghi. Perché tutti siano – siamo – aiutati nelle scelte.
Il mio libretto su Baget Bozzo [Gianni Baget Bozzo – Per una teologia dell’omosessualità. Gli scritti del prete e politico di Genova che anticiparono Papa Francesco – Luni Editrice, Milano 2020, pp. 144, euro 18,00] è piaciuto a Giuliano Ferrara che l’ha recensito sul “Foglio” di sabato 30 gennaio. L’ha detto “aureo libretto” e mi ha qualificato come “magnifico vaticanista”: non mi era mai capitato. Nel sito dell’editrice Luni si può leggere la magnifica recensione.
William Armati, bergamasco di Calcinate, 59 anni, postino, vive per dieci mesi una vicenda covid con terribili complicazioni, dalla terapia intensiva al coma, all’amputazione di una gamba. Quando torna a casa, l’8 gennaio del 2021, sono passati 297 giorni dal primo ricovero, nel marzo del 2020. Intervistato dal Tg1 delle 20 del 22 gennaio 2021 si dice grato d’essere “ancora al mondo”, esprime compassione per chi ha avuto una sorte più grave della sua e fa appello ai compagni di ricovero e a ogni malato: “Reagite, se ce l’ho fatta io, tutti devono avere speranza”.
Il Papa ieri ha riproposto con parole impegnative il progetto di un Sinodo nazionale italiano che da cinque anni volteggia a modo di un condor sonnambulo sulla nostra sonnacchiosa dirigenza ecclesiastica. Francesco ha detto che la Chiesa italiana “deve incominciare un processo di Sinodo nazionale”, ha ricordato d’averne già parlato al Convegno di Firenze del 2015 ed ha aggiunto che questo è il momento di “riprenderlo” e di “incominciare a camminare”. Nei commenti le parole di Francesco e una mia nota freddina.
Samar Sinjab – 62 anni, medico di famiglia di origini siriane con lo studio a Mira, Venezia – muore di covid il 9 aprile 2020 affidando al figlio Rafi – anche lui medico – i suoi pazienti come fossero dei familiari. Aveva continuato fino all’ultimo a fare visite in studio e nelle case non disponendo di altro strumento di protezione oltre alla mascherina chirurgica. Nell’ultimo messaggio prima della terapia intensiva raccomanda al figlio di non dire ai pazienti del suo ricovero perché non si spaventino. Nei commenti le parole della donna narrate dal figlio e una scheda su questa famiglia di medici immigrati.
Per sapere che cosa trovi alla fine del percorso, vai al primo commento.
Padre Pio fece la Spagnola: a tre riprese fu costretto a letto dalla febbre tra il settembre e il dicembre del 1918. Quel virus micidiale a San Giovanni Rotondo – che aveva allora diecimila abitanti – fece 330 morti. A Pietrelcina, dove Padre Pio era nato, morirono anche una sorella di nome Felicita – di 29 anni – e un bimbo di questa che aveva quattro anni e si chiamava Pellegrino. Stefano Campanella, cultore della storia del santo, ha appena pubblicato un libretto intitolato “La pandemia di Padre Pio”, ricco di informazioni e interessante per il paragone tra il dramma pandemico che viviamo oggi e quello che fu vissuto allora, ma anche per lo spirito cristiano con cui lo visse il cappuccino con le stimmate. Nei commenti alcuni spunti che prendo dal volumetto.
Ieri, lunedì 25, ho fatto il “secondo accesso” al Day Hospital del Gemelli che mi accompagna nel dopo Covid: prelievo per l’emogas, prova del saturimetro in movimento, test di funzionalità polmonare, visita dello pneumologo, visita otorinolaringoiatrica e test della percezione dei sapori e degli odori. I singoli specialisti paiono soddisfatti della mia risposta ai test: “Ma la valutazione d’insieme la daremo solo con il terzo accesso”. Che sarà domani. Racconto in dettaglio la faccenda perché ormai tutti abbiamo a che fare con il Covid e conviene quantomeno impararne la lingua.
Apprezzamento dell’ospedale come luogo dove “sovrabbonda” l’amore e schiettezza nel racconto della prova: sono i due elementi più vivi delle riflessioni sull’esperienza del Covid che il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, affida a vari canali nel periodo della malattia e in quello immediatamente seguente. Viene curato nell’ospedale di Santa Maria della Misericordia di Perugia a partire dal 31 ottobre, dal 2 al 13 novembre è in terapia intensiva, rientra a casa, a Perugia, il 3 dicembre dopo una degenza supplementare di due settimane al Gemelli di Roma. Riporto nei commenti il saluto del 2 dicembre in videoconferenza ai vescovi del Consiglio permanente della Cei, alcune espressioni sulla durezza della prova affrontata che ho preso da vari testi, un brano di plauso all’umanità degli ospedali contenuto in un’intervista del 19 dicembre.
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