Mese: <span>Maggio 2013</span>

Daria ti ricordi? Quel periodo strano in cui ero sempre contenta e spiritosa e quando io ti chiesi che cosa mi stesse succedendo tu mi dicesti che stavo vedendo la nuova Maria Daria. Quel periodo passò e x anni non tornò. Ora è tornato, ma tu Daria non ci sei più. – Scritta con pennarello rosso su una panchina della prima fermata Atac della Cristoforo Colombo subito fuori le Mura Aureliane. Da tempo non trovavo per Roma una scritta così interessante. L’amministrazione Alemanno – che forse sta per finire – cancella rapidamente i graffiti: la città è più pulita ma c’è meno da leggere. L’interesse della scritta è nella sua ambiguità. Interpreto che la scrivente a sorpresa riama Daria ma ora sa che da lei non può essere ricambiata.

Fu nella notte più nera della mia vita che un angelo fece luce e io dissi il mio sì. Dio è entrato in me e mi ha dato occhi nuovi e il desiderio di partecipare a molti quella luce. Chi ama vede“: parole di Raffaele Alterio prete napoletano non vedente. Ha raccontato in versi e in prosa la sua vicenda di uomo che perde la vista per un veloce glaucoma e che “torna vedente” per illuminazione interiore e da allora va svolgendo un “canto d’alta gioia alla vita”. Nel 2010 aveva pubblicato per Città Nuova un’autobiografia poetica intitolata Cinquant’anni di luce ed è apparsa ora, per la stessa editrice, una narrazione in prosa intitolata La pienezza della gioia. Lo saluto con un bicchiere di Vino Nuovo.

Una volta ero in un momento buio della mia vita spirituale e chiedevo una grazia. Poi sono andato a predicare gli esercizi alle suore e l’ultimo giorno si confessano. E’ venuta a confessarsi una suora anziana, più di 80 anni, ma con gli occhi chiari, proprio luminosi: era una donna di Dio. Alla fine l’ho vista tanto donna di Dio che le ho detto: ‘Come penitenza preghi per me, perché ho bisogno di una grazia, eh? Se lei la chiede al Signore, me la darà sicuro’. Lei si è fermata un attimo, come se pregasse, e mi ha detto questo: ‘Sicuro che il Signore le darà la grazia ma, non si sbagli: al suo modo divino’. Questo mi ha fatto tanto bene. Sentire che il Signore sempre ci dà quello che chiediamo, ma al suo modo divino. E il modo divino è questo fino alla fine: coinvolge la Croce, non per masochismo: no, no! Per amore. Per amore fino alla fine. Chiediamo al Signore la grazia di non essere una Chiesa a metà cammino, una Chiesa trionfalista, dei grandi successi, ma di essere una Chiesa umile, che cammina con decisione, come Gesù. Avanti, avanti, avanti. Cuore aperto alla volontà del Padre, come Gesù”. – Così Francesco stamane al Santa Marta.

Ho visto che Grillo e i suoi se la prendono con l’elettorato che non ha capito: comprendo la confusione del dopo doccia, ma dare la colpa agli elettori non aiuta. Da giornalista dico che l’errore è stato di non parlare ai media. Se Grillo va a Treviso e non trova nessuno in piazza e fa il comizio all’animaccia sua, dopo due ore tutte le televisioni e dopo 12 ore tutti i giornali raccontano – giustamente – che nessuno è andato ad ascoltarlo e che lui ha fatto la comica di se stesso. Se sui media passano solo le loro diatribe sugli scontrini è per lo stesso motivo: non danno interviste, non partecipano a nessun dibattito e dunque non restano che gli scontrini. “I media sono stati contro di noi”: questo era prevedibile, ma se voi li snobbate e quando vi chiedono interviste fate smorfie, loro – che sono scimmie – trasmetteranno le vostre smorfie. Spero che i grillini riflettano su questo punto: non sono contento della loro momentanea disfatta perché spesso i miei figli ragionano come loro. Mi sta a cuore che interagiscano con ogni interlocutore e non si limitino a fare smorfie tutt’intorno.

Sono in via di Porta Labicana, cammino verso lo Scalo di San Lorenzo e mi giro a cogliere la prospettiva delle Mura Aureliane e delle torri che le intervallano. Qui se ne vedono dodici bene in fila come per una parata e quasi leggere ora che sono in fiore le erbe che vi crescono in cima. Su una che si affaccia tra via dei Marsi e via dei Messapi c’è una scritta a grandi lettere di vernice bianca che dice QUANTO SEI BELLA. Lodo la generosità dello scrivente: ogni donna che passa la può prendere per sè.

Papa Francesco stamane per la prima volta in visita a una parrocchia romana, quella dei Santi Elisabetta e Zaccaria a Prima Porta. “Il Papa è in Vaticano, qui è venuto il vescovo” ha detto nel saluto iniziale. Alla fine della celebrazione i bambini della Prima Comunione gli hanno cantato la “Benedizione di San Francesco”, che dice “Il Signore benedica te” e il Papa nell’atto di ricevere quella benedizione si è tolto la mitria e si è inchinato come aveva fatto nel primo affaccio dalla Loggia di San Pietro dopo l’elezione. Nel primo commento richiamo un “inchino per la benedizione” – anzi un inginocchiamento – da parte del cardinale Bergoglio che è all’origine dei suoi inchini da Papa.

Aggiornamento al 27 maggio. Qui si può leggere un mio irrilevante articolo di commento al gesto del Papa pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” con il titolo La nuova liturgia dell’inchino.

Gran festa oggi per me, a motivo della proclamazione a beato, in Palermo, di don Giuseppe Puglisi. Più tardi inserirò una memoria del suo martirio ma fin d’ora volevo annunciare la festa ai visitatori. Il primo riconoscimento di un martire di mafia: altri ne seguiranno. Il segno del sangue cristiano su una delle frontiere più ardue dell’umano. Festa grande.

Aggiornamento del post. La memoria del martirio di Puglisi si può leggere nella pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto, al capitolo primo NUOVI MARTIRI, paragrafo terzo MARTIRI DELLA GIUSTIZIA, con il titolo: Giuseppe Puglisi: «Morire per dei nemici è ancora più difficile». Qui [capitolo 14 della stesa pagina: Dalla droga dall’Aids dalla strada e da ogni male] un altro mio testo sul racconto di uno degli uccisori: Salvatore Grigoli “Sparai un colpo alla nuca a don Puglisi”.

Per il compleanno di una figlia le faccio trovare sul cuscino Ossi di seppia di Montale aperto alla pagina di “Esterina, i vent’anni ti minacciano”. Loda la chiusa dove Esterina si tuffa nel mare baldanzoso: “Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra”.

In San Pietro i nostri vescovi stanno celebrando con il Papa una “Solenne professione di fede”: così è stato denominato l’incontro con riferimento all’Anno della Fede. Prima della celebrazione, rispondendo al saluto del cardinale Bagnasco, il Papa ha detto – con poche parole a braccio, stando in piedi, dopo aver chiesto che gli portassero il microfono – che “il dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche è cosa vostra”. Pare dunque superato quel commissariamento pontificio che era nella tradizione e che era stato rafforzato da una lettera del cardinale Bertone al cardinale Bagnasco nel 2007 al momento del primo mandato. Francesco ha invitato i vescovi a “lavorare per ridurre un poco il numero tanto pesante delle diocesi, un lavoro che è difficile ma so che c’è una commissione per questo”. Avremo dunque una maggiore autonomia del nostro episcopato e andremo forse a una nuova riduzione delle diocesi.

Le parole che ho messo nel titolo Papa Francesco non le ha mai dette, ma sabato – durante la conversazione della veglia – ne ha dette di equivalenti che mi paiono assai interessanti e che sono queste: “Quando io vado a confessare – ancora non posso, perché per uscire a confessare… di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema – quando io andavo a confessare nella diocesi precedente, venivano alcuni e sempre facevo questa domanda: ma, lei dà l’elemosina?” – Il ragionamento sull’elemosina, che era quello che stava a cuore al Papa, l’ho riportato in un commento al post di quel giorno e a esso rimando per quel contenuto più importante. Qui mi occupo delle parole che vengono prima e che mi pare nessuno abbia letto tra le righe e spazi inclusi. Facendone questa lettura appuntita io vi trovo la confessione che al Papa non va questa faccenda che egli non possa uscire “di qui” senza creare problemi e che sia intenzionato ad affrontarla perché non può – non vuole – restare staccato dalla diocesi: “ancora non posso” penso voglia dire che forse un giorno potrà. E che si tratti della diocesi – non d’altro – lo chiarisce dicendo quello che faceva “nella diocesi precedente”. Questo è un Papa che soffre di claustrofobia e non solo gli va stretto l’Appartamento papale ma anche il Vaticano. Nel primo commento richiamo una parola che ebbe a dire da cardinale sulla necessità di “pensare il nuovo”. A mio parere sta pensando a qualcosa di nuovo.