Il blog di Luigi Accattoli Posts

«Ogni volta che vado a Bologna, mi fermo per una preghiera davanti alla lapide con i nomi dei caduti e penso che ci sarebbe potuto essere il mio. Perché gli altri sono stati presi e io lasciato? Me lo sono chiesto a lungo. Quel che è certo, è che Dio non spara nel mucchio come fanno i terroristi: c’è una logica che Lui solo conosce. Quando capisci che la vita ti è donata, non puoi che iniziare a prenderla sul serio e donarla a tua volta»: parole di Carlo Dionedi ad Avvenire del 31 luglio a p. 13: “Tra quelle macerie ho ritrovato la fede”. Al tempo della bomba Carlo, piacentino, aveva 21 anni. Nel 1988 ha sposato Lorena e oggi è papà di otto figli naturali e di uno in affido. La sua storia è adatta a questo giorno.

«Se correttamente intesa, la castità si rivela inscritta nella struttura stessa del desiderio come la virtù che regola la vita sessuale rendendola capace del Bell’amore. Casto è l’uomo che sa ‘tenere in ordine’ il proprio io. Lo libera da un erotismo apertamente rivendicato e vissuto, fin dall’adolescenza, in forme sempre più contrattuali e senza pudore»: sono parole del patrriarca Angelo Scola, che commento nel sito Vino Nuovo, confrontandole ad altre del cardinale Martini sullo stesso argomento.

Non serve a nulla lo so – ed è troppo facile così da lontano e quasi dall’altra parte – ma sto con Fini e lo voglio dire. Altrimenti a che serve un blog? Che qualcuno dissenta da Cesare, anche a Palazzo, mi pare il minimo. Sento che molti temono il conflitto istituzionale e su questo non so che dire ma oscuramente avverto che un certo tasso di conflitto sia salutare per una democrazia. Ne verrà un agosto agitato? Sempre meglio che addormentato.

Ecco una coppia in missione che ha sei figli maschi e ne adotta sul campo altri sei, tutti maschi, ma infine arriva – a dare soccorso alla mamma – una femminuccia, Maria Chiara Luce. Qui si parla di miracoli, cioè di meraviglie: leggi e stupisci. – E’ il mio pomposo avvio a una storia generosa che è nattata nel capitolo 10 “Coppie in missione come Aquila e Priscilla” della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto. Ne approfitto per avvertire i visitatori che la somma delle storie inserite in quella pagina si sta avvicinando a duecento. Invito tutti a dare un’occhiata: questo blog è uno specchietto per condurre le allodole a quella pastura.

Lunedì 26 abbiamo avuto il plenilunio di luglio ed era già una felice coincidenza quella rotonda chiarità con il giro tondo del nome di Anna che spetta a quel giorno. Ma per me c’era un’altra fortuna di cui mi sono accorto assistendo al sorgere del sole intorno alle 5 e 50: che vi arrivavo avendo letto – il giorno prima – in un volume dei lirici greci il frammento di Saffo che dice: “Le stelle intorno alla bella luna / coprono a un tratto il volto luminoso / quando al suo colmo in tutto il suo fulgore / argentea sulla terra”. Mi è capitato – dopo tante albe – di scoprire grazie a quella traduzione e al commento che l’accompagna [ambedue di Enzo Mandruzzato, Lirici greci dell’età arcaica, BUR 2007, pp. 179 e 389] una mia complicità con l’arguto traduttore e forse con la gentile poetessa: essa riguarda la percezione del momento in cui il riverbero nell’alto dei raggi del sole – che è ancora con il suo rosso sotto l’orizzonte – cancella le stelle e lascia sola la luna . “Poco prima del sorgere del sole – annota il Mandruzzato – le stelle si spengono all’improvviso e la luna brilla davvero come non mai”.

Gertrude è una trappista di Valserena, Pisa, trapiantata per amore del Vangelo dalla Toscana all’Africa: faceva parte del primo nucleo di 22 “sorelle” che diede vita alla fondazione di Valserena, e le fu chiesto in seguito di partire per Huambo, in Angola, nel 1980. E’ rientrata a Valserena nel 2009. Più che una trappista la diresti un marine, o un Paolo dei nostri giorni che attraversa “pericoli di fiumi, di briganti, nella città, nel deserto, sul mare, fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete” (2 Corinti 11). Ma è una donna e ha un sorriso per tutti, offerto “come un segno di speranza in un inferno di guerra”.
E’ il primo capoverso di una storia travolgente che puoi leggere nel capitolo 20 PREGHIERA PUBBLICA della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto. Per la segnalazione di un’altra storia legata a Valverena, vedi nella stessa pagina, al capitolo 11 IL GENIO DELLA CARITA’ Monica della Volpe: quattro donne in terra di Soria.

Bel guaio nascere gemelli. Sei lì ben piazzato ma Esaù ti batte sulla soglia. E tu, Giacobbe, che gli tenevi il calcagno, passerai la vita a riprenderti la primogenitura. Una sagra delle lenticchie che non finisce più.

Fino a otto anni fa circa ero un ateo irriducibile, ostile, superbo e irriverente nei riguardi di Dio, ciò nonostante l’incrollabile fede di mia moglie, battezzata dalle mani di Padre Pio nel 1959. Non ho celebrato il matrimonio in chiesa ed ho esentato dalla formazione religiosa i nostri figli. Per trentatré anni ho negato Dio e vissuto nel più radicale ateismo. Ma nel tardo pomeriggio del 10 aprile 2002 è cambiato tutto. Nel mio ufficio, nella normalità della giornata lavorativa, con la mente pensante a tutt’altro, ho incontrato e scoperto l’esistenza di Dio”: leggi la storia di questo “incontro” – che precipita in un ufficio del Politecnico di Milano – nel capitolo 20, PREGHIERA PUBBLICA, della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.

– Nonna mi prendi la luna?
– Pietro la nonna non ci arriva.
– Nonno me la prendi tu?
– Non ci arrivo neanch’io.
– Perchè non ci arrivi?
– Perchè è troppo in alto.
– Perchè è troppo in alto?
– Perchè lassù è la pista della sua passeggiata.
– Ma se ti alzi in piedi ci arrivi…
– Ecco che mi alzo e come vedi non ci arrivo.
– Nonno! Quasi la toccavi…

«Maresciallo, ho fatto una sciocchezza. Venga, ho appena ucciso una donna a Trinitapoli»: il maresciallo dei Carabinieri è di stanza a San Ferdinando di Puglia e si chiama Giuseppe Francioso. Riceve quella chiamata il 30 dicembre scorso. A Trinitapoli trova il conoscente accanto al cadavere di Diana Lasecchia. Nell’altra stanza un bimbo di dodici anni che dorme. Quel bimbo il maresciallo lo conosce: la mamma prostituta, il padre un pregiudicato che non l’ha voluto riconoscere. Il maresciallo lo seguiva da sei anni e una volta l’aveva avuto ospite in casa per un mese, in attesa che fosse accolto in una comunità. Vedendolo dormire a pochi passi dalla mamma morta decide di chiederlo in adozione. Chiama il figlio Benito, anch’egli carabiniere, gli dice di prendere il bambino e di portarlo a casa loro, da mamma Piera che è la mamma di Benito e la moglie di Giuseppe. Le pratiche per l’adozione hanno termine l’8 luglio e questo è il commento del ragazzino: «Sono contentissimo come una belva». La storia è narrata dal collega Fabrizio Caccia sul Corriere della Sera dell’11 luglio, a p. 20: Bimbo solo dopo il delitto e il maresciallo l’adotta.