Il blog di Luigi Accattoli Posts

Antonio Thellung, cristiano libero e fantasioso amico, pubblica un altro libro, il più suo nel titolo,  Elogio del dissenso (Edizioni la Meridiana), e lo presenta al Centro Russia ecumenica di don Sergio Mercanzin che i visitatori del blog conoscono come amico di Milingo. Antonio propone un dissenso “affettuoso” – che cioè sappia presentare le proprie ragioni senza mettere mai alla prova la comunione ecclesiale – e suggerisce alle autorità della Chiesa di accoglierlo “benevolente”. Come si farebbe in famiglia. Sostiene che la parola scomunica, “la più anticristiana tra tutte”, dovrebbe essere “cancellata” dal linguaggio della Chiesa. Io non so se tutto ciò sia praticabile, ma dico che se lo fosse sarebbe bello. E dunque sostengo il sogno di Antonio e segnalo ai visitatori il sito con cui si presenta a chi vuole ascoltarlo: www.elogiodeldissenso.it Questo il suo biglietto da visita: “Felicemente sposato, padre, nonno e bisnonno, è stato educato al dissenso da figli e nipoti. Fondatore di comunità, ricercatore, pilota d’auto, pittore, scrittore, per molti anni si è dedicato all’assistenza di malati terminali. Raggiunta ormai l’età che comprime il futuro sta tentando di non sprecare il presente“. Io l’ho conosciuto nell’attività di assistenza ai malati e assicuro che la sua amicizia vale un tesoro.

L’impero cristiano, il papato mondano, il cristianesimo come chiave della civiltà sono le forme “sempre nuove” in cui nella storia si è “continuamente ripresentata” la tentazione di “assicurare la fede mediante il potere” che è la terza e ultima delle tre che Gesù respinge nel deserto – quando il diavolo gli offre il dominio del mondo – e che papa Benedetto tratta nel secondo capitolo del suo volume su Gesù. Vedi in particolare le pagine 61-67. Nell’ultima di queste pagine trova conclusione il forte ragionamento dell’autore su quale sia il vero apporto del cristianesimo alla storia dell’umanità, dal momento che dobbiamo fare “mea culpa” e riconoscere come forme della tentazione originaria ogni proiezione o riduzione della fede cristiana a grandezza mondana. Una conclusione centrale per l’autore e per i suoi lettori:

Qui sorge però la grande domanda che ci accompagnerà per tutto questo libro: ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio (…): ora noi conosciamo il suo volto, ora noi possiamo invocarlo (…) Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco. Sì, il potere di Dio nel mondo è silenzioso, ma è il potere vero, duraturo. La causa di Dio sembra trovarsi continuamente in agonia. Ma si dimostra sempre come ciò che veramente permane e salva (67)

In Clausura di Espedita Fisher (vedi post del 23 aprile) c’è Attilio, un amico o fidanzato che compare ogni dieci pagine, ma sempre di spalle. Non che guardi sempre in una direzione, ma – ci avverte lei – come certi girasoli “non si volta mai dove dovrebbe”. Sentiamo per esempio che Espedita ha fatto un “inter-rail fino a Vilnius con Attilio” e che lui poi “ha proseguito fino a Riga”. Lei “gira un corto” e ci informa che “nessuno ha voluto guardarlo, neanche Attilio”. Quest’uomo va dallo psicanalista e gli “piacciono le grandi storie, non è il cinico che sembra”. L’informazione più coinvolgente l’abbiamo a pagina 88 e riguarda la pipì che lei trattiene per un’intera intervista mentre “lui si ferma a farla praticamente dappertutto, a volte ho il dubbio di uscire con un cane”. Attilio sostiene che lei ha “le carte in regola per il monastero perchè ci entrano solo le brutte”. Le scatta una foto “davanti al ritratto di Teresina che è nella cattedrale di Vienna” ma non condivide l’emozione “forte” di lei che incontra Lucio Dalla al Quirinale. Attilio ha doti sue e “arriva dappertutto anche senza cartina, lo odio per questo”. Compie lunghi viaggi per accompagnarla nell’inchiesta ma si interessa “veramente” solo a ciò che mangia. Il suo “ronfare” la tiene sveglia, nonostante che dorma “nella stanza accanto”. Lei gli racconta i suoi sogni e lui la guarda “di traverso” e chiede: “Perché non sogni mai me?”. Alla fine della lettura comprendiamo che la vista di spalle si addice alla sua anima: “Attilio è un bravo ragazzo, ma ha paura di esporsi, io il contrario”. Ma restano inesplorate circostanze che potrebbero essere decisive per chi volesse conoscerlo meglio: se veramente sia tornato “in Italia da solo” interrompendo un viaggio in Spagna perché gli era “più facile rinunciare a me che alla matriciana” e se in definitiva si sia dimesso “dal lavoro in fabbrica” come a un certo punto “aveva deciso”, facendola sentire “responsabile” perché una volta gli aveva detto “Vieni via da quell’inferno! Non vedi com’è bello il sole?” Credo che Attilio sia il più vivo tra i personaggi voltati dall’altra parte che compaiono nella nostra letteratura di inizio millennio.

Mi sembra che, se vediamo il panorama della situazione del mondo di oggi, si può capire — direi anche umanamente, quasi senza necessità di ricorrere alla fede — che il Dio che si è dato un volto umano, il Dio che si è incarnato, che ha il nome di Gesù Cristo e che ha sofferto per noi, questo Dio è necessario per tutti, è l’unica risposta a tutte le sfide di questo tempo (…) Il libro “Gesù di Nazaret” — un libro personalissimo, non del Papa ma di quest’uomo — è scritto con questa intenzione: che possiamo di nuovo, con il cuore e con la ragione, vedere che Cristo è realmente Colui che il cuore umano attende“.

Sono due passaggi improvvisati del discorso che il papa ha tenuto oggi ai vescovi italiani. Trovo simpatica la battuta con cui ha riassunto l’intenzione di non considerare quel lavoro “un atto magisteriale”, come aveva detto nella premessa, ma un messaggio da uomo a uomo. Credo sia la prima volta che Benedetto parla del libro dopo la pubblicazione.

“Quando Dio piange la fiamma può spegnersi”: scritto con pennarello nero su un vecchio manifesto di Alleanza Nazionale a piazza San Silvestro, a Roma. Amo immaginare che lo scrivente non fosse mosso da una particolare intenzione riguardo alla vita interna ad Alleanza Nazionale, ma abbia fatto riferimento alla fiamma tricolore come a un qualunque simbolo di Frate Foco. Forse a voler dire che se Dio piange può spegnersi il fuoco che ci riscalda, o il sole che segna i nostri giorni, o la passione che ci anima.

Chi non conosceva da vicino gli scritti del cardinale e teologo Ratzinger è restato sorpreso il Giovedì Santo di quest’anno ad ascoltare – con l’omelia della messa “in coena Domini” – quanto il nostro papa simpatizzi per la comunità degli Esseni e il suo verosimile rapporto con “Gesù e la sua famiglia”: l’ipotesi che egli abbia festeggiato la Pasqua seguendo il calendario degli Esseni e che la sua – quindi – sia stata una “cena” senza agnello. Forse il papa ha concesso troppo a un’ipotesi suggestiva, forse non è ragionevole supporre che Gesù potesse fare suo un calendario alternativo a quello del Tempio, ma qui non mi interessa quella questione da specialisti, voglio solo segnalare un’altra occasione in cui Benedetto esprime quella stessa simpatia: ed è il primo capitolo del volume su Gesù (vedi post del 6 maggio e precedenti), dedicato al battesimo nel Giordano. Descrive la scoperta dei papiri di Qumram e così prosegue:

Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumram presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa (34)

Ecco un brano che ci dice quanto sia viva e recettiva la ricerca del volto di Gesù condotta da Ratzinger in tutta la sua vita e l’entusiasmo da cui fu preso – in gioventù – quand’ebbe a conoscere i testi di Qumram. Entusiasmo di chi meglio poteva intendere, grazie a quel raffronto, le parole e i gesti di Gesù. Il segreto di un libro scritto dal papa sta anche in queste curiosità che suscita e appaga. Il cristiano Ratzinger può entrare in diatribe, esprimere preferenze e struggimenti, esporsi in ipotesi che un papa non oserebbe stante la responsabilità che porta. Ed ecco l’idea di muoversi senza rete, come sospendendo la propria pretesa magisteriale, per dire tutto e meglio attirare l’interesse dei contemporanei e contribuire – anche per questa via – a far conoscere Gesù all’umanità di oggi. Per porsi pienamente come apostolo il papa scende dalla cattedra e cammina con noi per un tratto di strada.

“Preghiamo per la mamma di Raffaella che si è sposata ieri”: bella intenzione della “preghiera dei fedeli” proposta domenica da una bambina di prima comunione nella parrocchia romana di Santa Maria ai Monti. Possiamo immaginare che Raffaella sia una dei comunicandi, figlia di una coppia di fatto. Forse la mamma aveva detto alla bambina: “Io e papà non possiamo fare la comunione con te perchè non siamo sposati”. La bambina li avrà esortati: “Perchè non vi sposate?”. O magari sarà stato quel parroco che mi è parso così sveglio a suggerire ai due il matrimonio, per accompagnare in bellezza la bambina al grande passo. In quella classe di catechismo avranno fatto festa per quelle nozze tempestive. Ed ecco la lingua della preghiera che si fa elastica al tempo di Dico!

Amici del blog, abbiamo superato – in un anno – i tremila commenti, che a quest’ora sono 3.029 (erano mille il 25 ottobre scorso). L’affluenza media giornaliera è ora di 400 viste, la più alta l’abbiamo avuta l’11 maggio: 694. Il totale dei “visitatori diversi” è venuto crescendo ogni mese e in aprile è sato di 5.190. Ho scritto il primo post il 14 marzo dell’anno scorso, ma per due mesi il blog non era pubblicizzato e non c’erano visitatori. Il primo visitatore a lasciare un commento è stato Tonizzo il 19 maggio, seguito – lo stesso giorno – da Francesco73. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e scritto. Per me è stata anche una fatica scrivere in un anno più di trecento post, ma lo vedo come un impegno a tenere una conversazione allargata. Un saluto a ognuno che di qui è passato e un abbraccio a chi ha lasciato un commento! Luigi

Biblioteca della Camera, tre giorni addietro. Si presenta il volume di vari autori Ancora famiglia? La famiglia tra natura e cultura (AVE editore) curato da Renato Balduzzi e Ignazio Sanna. Ne parlano il ministro Rosy Bindi, Giovanni Giacobbe e Gad Lerner. Io sono il moderatore. Verso la fine Ignazio Sanna arcivescovo di Oristano (vedi post del 28 febbraio) lascia la sala per correre all’aeroporto e saluta noi sul palco. Il ministro gli chiede: “Preghi ancora per me?”. ”Più di prima” è la risposta dell’arcivescovo.

Essendo stato in Brasile con il papa (vedi post dal 10 al 14 maggio) affermo che è stato un viaggio importante con il quale Benedetto XVI ha riaffermato e fatta propria la scelta preferenziale per i poveri incoraggiando una “vicinanza” concreta alle loro necessità, ha onorato il martirio dell’arcivescovo Romero; ha invitato gli episcopati a far fronte agli abbandoni della Chiesa con una rinnovata evangelizzazione sottoponendo a critica la pastorale ordinaria e spronando a un rilancio missionario. Il tutto in sostanziale continuità con la predicazione latino-americana del predecessore. Come atti e gesti sono stati significativi la canonizzazione del primo santo brasiliano, Frei Antonio de Sant’Anna Galvao, conosciuto come “uomo di riconciliazione e di pace” e la visita alla Fazenda da Esperança, comunità di recupero per tossicodipendenti. In quella visita, sabato 12 a Guarantinguetà, si è visto un Benedetto straordinariamente emozionato dal prolungato colloquio con tutti i giovani presenti, portatori di storie terribili che in parte gli erano state narrate da loro stessi. In polemica con valutazioni apparse sui media aggiungo che non ha senso parlare di fallimento della missione papale per mancanza di folle, o di un irrigidimento integralista del papa teologo che avrebbe approfittato di questa occasione per chiudere i suoi vecchi conti con la teologia della liberazione, per fare marcia indietro sul riconoscimento wojtyliano di responsabilità cattoliche nell’oppressione degli indios e per estendere la scomunica dell’aborto ai parlamentari che ne votino le leggi.

(Segue come primo commento a questo post)