Mese: <span>Aprile 2009</span>

Un uomo di poco più di trent’anni, nudo e in stato di semiincoscienza ma con evidenti segni di percosse, è stato condotto la scorsa notte in un ospedale di Gerico; subito ricoverato, si trova attualmente in coma farmacologico, ma i medici sperano di riuscire a salvarlo. I sanitari hanno riferito che il ferito è giunto al pronto soccorso sulla vettura di un altro uomo, dall’accento marcatamente straniero, che l’avrebbe raccolto esanime sulla corsia d’emergenza, al km 132 della superstrada che collega Gerico alla capitale, e gli avrebbe prestato i primi soccorsi. Ma dopo aver pagato le spese del ricovero e trascorso il resto della notte al capezzale del ferito, l’extracomunitario si è dileguato senza che la polizia potesse interrogarlo sulle circostanze del ritrovamento. La magistratura ha aperto un’inchiesta: l’ipotesi più probabile è che l’uomo, del quale non è ancora nota l’identità, sia stato vittima di una rapina, e si spera che qualche testimone (dal luogo dell’aggressione sono sicuramente transitati altri veicoli, oltre a quello del soccorritore) si presenti spontaneamente all’autorità giudiziaria. Non si esclude però che ad aggredirlo sia stato il suo stesso soccorritore, per futili motivi o altro: di notte la zona è abituale ritrovo di coppie gay.- “Mistero sulla superstrada: prima lo picchia, poi lo porta all’ospedale” così forse finirebbe intitolata, nella cronaca di un nostro quotidiano, la storia del samaritano narrata da Gesù nel capitolo 10 del Vangelo di Luca. Così la propone provocatoriamente il Centro San Domenico di Bologna nell’invito a un dibattito sui media, del quale si riferisce nel primo commento a questo post.

“Mi hanno amato! Personalmente”: scritto su un sedile di un vagone della “Cumana”, che collega Napoli a Torregaveta passando per Bacoli e Capo Miseno. Amo leggerlo come un ringraziamento. Pieno e stupìto. Ringrazio Alessandro Iapino – frequentatore di questo blog – che l’ha segnalato.

“Ringrazio il Signore per avermi regalato, per un pezzo della mia vita, Patrizia, Alessandra e Antonella. Persone meravigliose che mi hanno gratificato della loro presenza, del loro affetto, del loro sorriso. Ora non sono più con me, ma questa mancanza mi permette di constatare quanto grande era il dono che avevo ricevuto”: parla così Patrizio Cora, aquilano, che nel terremoto ha perduto la moglie e le due figlie di 22 e 27 anni. Qui puoi leggere l’intera intervista pubblicata oggi da “Il Sussidiario”: http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=18517. Un abbraccio a Maurizio! Le sue parole mi appaiono come il miglior commento a quanto ha detto stamane il papa alla gente di Onna: “Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato“.

Un brindisi per Maioba dottore in teologia! C’eravamo Francesco73, Nino e io nell’aula C12 della Gregoriana, oggi pomeriggio, a tifare per don Marco Statzu che difendeva la tesi di dottorato intitolata “Mistica dell’incarnazione. Per una conoscenza affettiva di Dio tra generazione eterna e opera interiore della grazia”. Moderatore il professore Elmar Salmann, il secondo lettore – non so ripetere il nome – gli ha fatto “domande cattive” ma don Marco si è difeso con mite fermezza. Alla fine i docenti si sono felicitati riconoscendogli d’aver mostrato – in dialogo con tre grandi cristiani: Meister Eckhart, Karl Rahner e Michel Henry – una possibile via per rendere “meglio comprendibile alla sensibilità contemporanea” il dogma dell’Incarnazione. Alcune suggestive espressioni di sintesi della tesi: Essere figli nel Figlio significa conoscere Dio, L’incarnazione è condensazione di Dio nella potenzialità umana, Ripartire dalla fenomenologia della vita di Gesù, La generazione eterna passa nelle trame della storia di ogni uomo. Felicitazioni al nuovo dottor theologiae a nome dell’intero pianerottolo.

Sono tornato a messa alla Trinità dei Pellegrini – la parrocchia personale romana dedicata alla forma straordinaria del rito romano – e di nuovo mi sono trovato bene, o forse meglio delle altre volte (vedi post del 15 e 17 giugno, 27 luglio 2008), magari perché sto imparando ad apprezzare il grande silenzio del canone, l’ottimo canto gregoriano, il rigore biblico e liturgico dell’omelia. I partecipanti non sono aumentati: stamane erano una settantina come il luglio scorso. Uno ha scattato una foto con il telefonino ai celebranti in processione. Quello che raccoglieva le offerte aveva un cagnetto in una borsa a tracolla. Un paio spiegavano tutto alle donne che erano con loro, forse non credenti. Il prete è sempre quello. Inalterato il suo scrupolo di non fare battaglie di sorta con l’omelia. Ha commentato il Vangelo – che era quello del Buon Pastore, in Giovanni 10 – con altri passi biblici e con altri passaggi della liturgia di oggi, senza dire nulla delle pecore e dei pastori dei nostri giorni. Ho già lodato il prete lefebvriano ascoltato a metà marzo nella Cappella di Santa Caterina, sempre a Roma (vedi post del 15 marzo), per il fatto che predicò senza neanche citare lo tsunami mediatico che allora investiva la Fraternità San Pio X. Ecco io sogno questo: che anche i celebranti della nuova liturgia imparino a staccare la loro parola dai fatti correnti. Il celebrante parla di Dio, non dei referendum, dei motu proprio e del preservativo.

Papaveri lungo i binari e neve sui monti dell’Abruzzo perseguitato dal terremoto e dal cattivo tempo. Torno da Chieti dove ieri avevo una conferenza. Alla fine mi hanno chiesto che cosa pensassi dei movimenti nella Chiesa: ho risposto che io amo tutto quello che si muove, terremoti esclusi.

“Fanculo tutti”: letto a Firenze su un muro a destra della ferrovia per Roma, poco dopo Rovezzano. Il 22 luglio 2007 in un commento a un post intitolato “Tenerezza romanesca” avevo registrato un analogo ottativo deprecativo scritto su un parapetto di Ponte Milvio a Roma: “Andate tutti a cagare”. Lì quel pensiero inclusivo era rivolto agli autori dei graffiti amorosi che coprono le pietre del ponte. Quest’altro messaggio augurale è per chiunque guardi dal treno. Chi ha detto che l’umanità vada smarrendo l’attitudine a pensare in grande?

In giro per conferenze (lunedì a Roma, martedì a Modena, ieri a Reggio Emilia, oggi a Genova, domani a Chieti) leggo le scritte sui muri, leggo i testi del nuovo Giovanni Lindo Ferretti, Ultime Notizie di Cronaca e leggo il giornale. Amo questo Ferretti che assiste la mamma inferma: “una madre in bilico / tra ieri e l’eterno”. “Tornato a casa” e tornato imprevedutamente cristiano: “nello Shabbat della contemplazione / e la Santa domenica nostra di Resurrezione” (vedi post del 19 gennaio 2007). Nel Corsera leggo la cronaca dei naufraghi che ci arrivano dalla Tunisia via Malta: “Adesso – dice Ekos – dovete farmi parlare con la mia famiglia e farmi vedere Esceth per seppellirla con rito cristiano perché noi siamo cristiani”. Un reduce come Ferretti e un naufrago come Ekos parlano cristiano in una lingua totalmente nuova. Forse ci aiuteranno a riamare il cristianesimo.

Sono contento della decisione di Berlusconi di partecipare al 25 aprile, come già per il soccorso agli immigrati respinti da Malta. Non approvo l’assenza da Ginevra sul razzismo e l’ininterrotta passerella sul terremoto. Due a due: per un governo che non ho votato, il pareggio è già qualcosa. Qui un mio commento alla presenza della Santa Sede a Ginevra: http://www.liberal.it/media/110160/21_04_liberal_05.pdf

“Il mio viaggio più bello sei tu. Forever”: letto sulla recinzione in lamiera di un cantiere in piazza Cittadella, a Verona. Questa scritta, copiata lo scorso novembre e conservata in un foglietto nella tasca sinistra della giacca, mi è tornata alla vista domenica mattina ascoltando in chiesa il salmo responsoriale: “Dica Israele: il suo amore è per sempre”. Ecco da dove vengono tutti i “forever”, “for ever”, “4 ever” che troviamo sui muri delle città: vengono dal Salmo 117 e non lo sanno.