Il blog di Luigi Accattoli Posts

C’è chi mi ha definito “un ragazzo in gamba”, chi mi considera “senza spina dorsale”. Chi mi ha invitato “a fare quattro passi” e chi mi chiede di “sedermi a prendere un caffé”. Sono le prime gaffe che, “su due piedi”, mi vengono in mente. – Così Simone Fanti dalla sua sedia a rotelle, nel blog INVISIBILI del Corsera. Invito i visitatori a visitarlo. Nelle storie di vita che vado raccogliendo mi occupo spesso del riscatto dei disabili: loro che puntano i piedi e si fanno accettare, gli altri che li trattano alla pari. Il disabile che ironizza sulla sua condizione e sul disagio che provoca intorno è una forma di quel riscatto. La più leggera e dunque la più comunicativa.

Kimberley Motley è stata pure criticata perché non si copre la testa con il velo. In tribunale non mette mai la gonna, perché sostiene che sia meglio somigliare il più possibile ad un uomo per essere ascoltata“: è una bellissima donna americana di 36 anni che rischia la vita per fare l’avvocato delle donne in Afghanistan. Vedi la sua storia sul Corsera di ieri. Mi ricorda Giovanna d’Arco che fu condannata anche perché portava i pantaloni. Ho fiducia nelle donne ribelli che – io credo – ammansiranno gli islamisti. Kimberley come Giovanna e l’Afghanistan di oggi come l’Europa medievale. Un bacio a Kimberley e a tutte le studentesse di Asir, Arabia Saudita, che si ribellano all’autoritarismo islamista.

Luzi, Cimitero delle fanciulle (da Avvento notturno 1940): “Ma l’amore? E i balconi della sera? / le braccia abbandonate / dal sole alla profonda luce nera / negli orti ove dirada / impallidendo ignota la contrada / chi preme più, chi bacia?” – Qui forse è la luce della notte, o della morte. – Ancora in Luzi, “L’alta, la cupa fiamma ricade su di te” (da Quaderno gotico 1947), primo verso di una poesia dove sono questi altri: “il luminoso spirito notturno” e “un desiderio prossimo a sgomento, / una speranza simile a paura” . Sempre di Luzi, “tetra la vampa” in Annunciazione (ivi), dove troviamo anche “luminosi erebi” (Erebos, greco: regno dei morti); e “tenebre assolate”: “Questo mezzogiorno, queste assolate tenebre” (in Rosales, BUR 1983, p. 99; ivi, p. 113: “facendo luce nella mia / tenebrosa nullità”). – Puoi cavare ossimori da Luzi come marmo dall’Apuania.

Gli ha lasciato il rossetto sulla guancia e ora gliela pulisce con la mano come si fa con una mela prima del morso.

Sono felice perché Roberto Benigni in mattinata al Quirinale – per la conclusione del 150° dell’Unità d’Italia – ha letto Voce di vedetta morta di Clemente Rebora, poesia nella quale sono le parole “ove l’uomo / e la vita s’intendono ancora”. Nel primo commento l’intera poesia. Visitatore vedi di condividere – se puoi – questa mia felicità.

Nel post precedente nominavo con entusiasmo una lapide funeraria che avevo visto a Nocera Superiore, sul fondo della vasca del Battistero di Santa Maria Maggiore, a ricordo di Allia Blesilla – dolcissima sposa – e delle sue rare virtù, morta all’età di 26 anni, due mesi e dodici giorni. Attirato dal nome Blesilla ho angariato don Natalino Gentile, che aveva guidato me e gli altri ospiti nella visita, per averne l’immagine che dedico ai visitatori e due volte alle visitatrici.

Giornata lieta a Nocera Inferiore dove ieri ho ricevuto insieme a Franca Zambonini il Premio Euanghelion. I due doni: la visita in mattinata al Battistero paleocristiano di Santa Maria Maggiore – vale il viaggio a Nocera: che aspettate a partire? – e la cena in una casa famiglia con vivi racconti di affido: “Tre figli nostri e cinque che abbiamo accolto”. L’affollarsi composto intorno alla vasca di quelle quindici coppie di colonne come diaconesse in tuniche colorate. Dentro la vasca la lapide a ricordo di una Blesilla, nome così dolce che mi stupisco di non averlo incontrato fino a ieri. I racconti della casa famiglia valgono di più e su di essi tornerò. Non abbiamo motivo di piangere sulla crisi della fede cristiana se dalla fede vengono – ovunque – tali meraviglie.

Il 7 marzo se ne è andata ottantanovenne Norina Galavotti: una delle “madri di vocazione” di Nomadelfia, che aveva fatto suoi figli nei decenni 74 orfani e bambini abbandonati. Nata a Mirandola in provincia di Modena, dal 1944 con don Zeno, io l’ho conosciuta in occasione della visita di papa Wojtyla a Nomadelfia nel maggio del 1989 e al suo linguaggio sono venuto intitolando negli anni un capitolo dei miei volumi CERCO FATTI DI VANGELO: “Madri e padri di vocazione”. Leggo qui che ultimamente aveva detto: “Ho 88 anni, vi assicuro che la mia è stata una vita meravigliosa. Dico sempre: ‘Signore, ti ringrazio, perché ho provato delle gioie che le nostre mamme che ci hanno messo al mondo non hanno mai provato’. Ho versato tante lacrime: se la mia stanza avesse le sponde, ci vorrebbe la barca per entrare. Se tornassi indietro, non farei nulla di diverso da ciò che ho fatto”. Al capitolo 12 Madri e padri di vocazione della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto puoi leggere un suo profilo contenuto nel primo dei miei volumi recanti quel titolo, che è del 1995.

Convegno di famiglie, i bambini tutti a una tavola con i loro animatori. Arrivati al dolce uno di tre anni corre a un tavolo dei grandi, cava dalla bocca un cioccolatino che stringe tra le dita gocciolanti e grida la domanda: “Mamma, volevo potere?”