«L’ho visto sofferente, ma mai triste. Egli, fin dall’inizio del suo pontificato, parlava di un nuovo Avvento. Sperava che, nella storia, si affermasse un tempo di gioia del cristianesimo»: così papa Ratzinger parla di papa Wojtyla in un colloquio con Andrea Riccardi che si legge a pagina 189 del volumone appena pubblicato dallo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio in vista della beatificazione del papa polacco: Giovanni Paolo II. La biografia (San Paolo, pp. 561, euro 24). Quel “tempo” di gioia non l’abbiamo avuto. O non l’abbiamo colto. Ci rifletto nel mio pezzo settimanale su Vino Nuovo. Il Corsera ha pubblicato mercoledì una mia pretenziosa recensione del volume di Riccardi con il titolo IL PAPA SOFFERENTE CHE PREDICAVA LA GIOIA.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
Alle 5,30 ho visto l’alba sul Mare Grande di Taranto dal balconcino della mia camera all’Hotel Il Delfino e ho guardato per mezz’ora sei uomini in barca che tiravano le reti e gridavano in mezzo al grido del mare. Quando hanno finito le onde si sono fermate come non avessero più interesse a tormentarli. Altro dono da un albergo avevo avuto ieri pomeriggio: la vista dei due mari e di tutta la città vecchia dalla terrazza dell’Hotel Akropolis. Mi era guida Giovanni Guarino straordinario conoscitore della storia e dei ragazzi di Taranto: passando per i vicoli e le piazzette salutava per nome quindicenni e ventenni dicendo “anche questo è un mio allievo” Allievi del suo teatro sperimentale e della sua scuola di vita. Sono spesso vite sottratte alla piccola mafia. Giovanni ti voglio bene.
Giuliano Ferrara ieri a RADIO LONDRA ha detto che Berlusconi “non ha chiesto di fare il premier”. Mi chiedo come sarà capitato.
E’ in libreria un mio volumetto intitolato CERCO FATTI DI VANGELO 2 pubblicato dalla EDB. Il “2” sta a segnalare che avevo già pubblicato un volume con quel titolo nel 1995 con la Sei quand’era diretta da Giuseppe Costa che ora dirige la Libreria Editrice Vaticana. Del nuovo testo si può vedere la copertina e leggere la premessa, l’indice e la quarta di copertina nella pagina ANTOLOGIA DELLE PUBBLICAZIONI elencata sotto la mia foto. Qui è già apparsa una recensione.
Sabato a Brindisi – prima di prendere l’aereo per il ritorno a Roma – mi sono fatto portare dagli amici Consiglia, Angelo e Pio nella chiesa di Santa Maria del Casale, dove già ero stato da re e vi ho passato un’ora in contemplazione delle meraviglie che contiene. Mi sono fermato più a lungo davanti al Giudizio Universale che è sulla controfacciata e ho salutato a uno a uno per conto di tutti voi – visitatori del blog – i Tre Patriarchi che lì sono raffigurati, sulla sinistra del portale: Abramo, Isacco e Giacobbe, “seduti su larghi scanni resi più comodi da morbidi cuscini” [così dice la guida che mi ha regalato don Pio Conte]. Abramo ha nel grembo Lazzaro, “vestito di bianco che reca candidi gigli tra le mani”. Isacco e Giacobbe avvolgono con i loro splendidi manti la moltitudine dei giusti. Dietro a loro sono le piante felici del paradiso.
Dei nostri morti ricordati Signore, splenda per loro la tua luce, vivano nella tua pace per sempre. Così oggi abbiamo pregato in casa per i morti del Giappone e per quelli della Libia e per tutti. Quando muore qualcuno noi lo adottiamo.
Umberto Veronesi – amico di momenti difficili – ha proposto un manifesto per la donna nella vita pubblica che afferma: “La conduzione della società intera deve essere almeno per metà in mano alle donne”. L’ha pubblicato il Corsera mercoledì 19 a pagina 3 con il titolo: ALLE DONNE META’ DEI POSTI – LO SPIEGO IN DIECI PUNTI. Condivido e riporto i dieci punti nei primi dieci commenti a questo post. Egli nel manifesto dice ancora: “Metà dei parlamentari dovrebbero essere donne e la stessa percentuale dovrebbe essere garantita per legge nelle regioni, nelle province e nei comuni. E’ necessaria la parità numerica ai vertici delle carriere universitarie e nelle direzioni del sistema ospedaliero e assistenziale”. Condivido. E aggiungo con parole mie che la donna è meno violenta e meno pericolosa dell’uomo, è più dotata di sguardo per cogliere l’umanità circostante. E’ meno esposta ai furori fisici, mentali e ideologici. E’ più attrezzata per l’addomesticamento della pianta uomo. Se fosse più coinvolta nelle decisioni collettive la società sarebbe migliore. Veronesi dice di aver maturato il suo convincimento “esplorando il mondo femminile nel momento del dolore, della sofferenza e della paura esistenziale”. Ne so qualcosa. Lo ringrazio e gli voglio bene.
Sono per una conferenza a Ostuni e poco mi posso collegare. Approfitto di un internet point per inserire un post che ho scritto in aereo in risposta a un visitatore che si firma Marco. In un commento di tre giorni addietro avevo riportato un motto del libro intervista del papa [Luce del mondo, pubblicato il novembre scorso] proponendolo come un invito a leggerlo: «Considerare il Vangelo nella sua vitalità, semplicità e radicalità, renderlo di nuovo contemporaneo». Marco aveva chiesto: “Sì, ma come?” Ora provo a dire. Ovviamente non mi riferisco a “come” quell’impresa potrebbe essere affrontata dal papa o da Marco, ma da me: parlo solo per me. Dicendo il mio “come” forse renderò chiara la mia consonanza con le parole del papa. Io ritengo di potere e dovere contribuire – da gionalista – a “rendere di nuovo contemporaneo il Vangelo” cercando e narrando i segni della presenza dell’amore di Dio nell’umanità di oggi. Quei segni che chiamo anche “fatti di Vangelo” e che sono l’argomento centrale delle mie conferenze. Qui – Marco – trovi una presentazione aggiornata di quella mia ricerca.
Questa è per me una giornata felice: ho appena ritirato in Sala Stampa Vaticana il volume del papa intitolato Gesù di Nazaret. Seconda parte e passerò le ore a leggerlo e a scriverne. Che potrei desiderare di meglio: un altro cristiano – il papa – che parla di Gesù e io che lo racconto in giro. Mando un saluto a chi non ha simpatia per Benedetto e gli dico che forse potrebbe imparare ad amarlo leggendo questi volumi su Gesù (il primo trattava della vita pubblica “dal battesimo nel Giordano fino alla trasfigurazione”, questo va “dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione”, ne è annunciato un terzo sui “Vangeli dell’infanzia”) e la prima enciclica che prende il titolo dalle vertiginose parole della Prima lettera di Giovanni “Dio è amore”: Deus caritas est (2006).
Il venditore di campanacci [vedi post del 3 maggio 2010] sul mezzogiorno mette il naso alla libreria Feltrinelli di Largo Argentina. Entra, chiede di una commessa, gli dicono che non c’è. Esce ed è salutato calorosamente, sul marciapiede, da un conoscente che scende dal bus 30. Si abbracciano. L’omino dei campanacci ha un ripensamento, rientra nella libreria e cerca ancora la commessa che forse un giorno gli aveva chiesto un particolare campanaccio. “Mi raccomando, diglielo che l’ho cercata” fa a un commesso che sta sistemando gli scaffali, insofferente di quel tipo che non gli pare da libreria. L’ominio se ne va mormorando qualcosa come parlando ai suoi campanacci: “Non ho fatto i soldi da giovane, non li faccio certo ora”.
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