«Entrando in ospedale il 25 aprile, alle Molinette di Torino, non credevo che ce l’avrei fatta, pensavo: “La mia vita l’ho vissuta, ho 79 anni, se devo andare vado, ma se posso restare lo faccio volentieri”. A riempirmi di angoscia non era la mia fine, ma il fatto di non potermi prendere cura di Adriana»: così racconta un torinese che ce l’ha fatta, Franco Aloia. Ce l’ha fatta con la moglie Adriana, mettendosi a rischio per salvarla, essendo Adriana colpita da Alzheimer dal 2004 e completamente dipendente da lui. Per assisterla Franco si è fatto ricoverare con lei, con lei ha contratto il virus e insieme sono poi guariti. Nei commenti riporto in parte e in parte riassumo il racconto della loro avventura che Mario Calabresi – già direttore dei quotidiani “La Stampa” e “Repubblica” – ha pubblicato nel suo sito il 24 maggio con il titolo “Storia di un amore in quattro settimane” e che ha poi aggiornato il 7 agosto.
Il blog di Luigi Accattoli Posts
L’episodio della donna cananea, cioè pagana, che ottiene da Gesù la guarigione della figlia, costituisce un unicum – un caso unico – nell’intera narrazione dei quattro Vangeli: in esso Gesù muta, o corregge, a seguito di un’invocazione d’aiuto, il proprio convincimento relativo alla missione di cui è portatore. Da inviato alla casa d’Israele, quale si professa in prima battuta; ad inviato all’intera umanità, quale si afferma con l’intervento a favore di chi non appartiene a quella casa. Nel primo commento riporto il testo e non aggiungo altro, tanto forte è l’insegnamento fattuale in esso contenuto. Nel secondo commento metto un riferimento all’uso che vado facendo di questo episodio nella mia ricerca di fatti di Vangelo.
“Mi spaventa la sofferenza degli altri ma non ho paura”: così riassume la sua avventura lo scrittore Andrea Vitali, tra i più letti, che in pandemia
– a 59 anni – è tornato a fare il medico di base a Bellano (Lecco), professione che aveva abbandonato sette anni addietro per darsi a tempo pieno alla scrittura dei suoi gialli che calamitano lettori d’ogni età. Nei commenti riporto brani di un’intervista al Corriere della Sera nella quale argomenta su questa scelta generosa ma non così nuova, avendo già una consolidata esperienza di medico volontario in una comunità psichiatrica della Val Seriana.
Saluto l’ardimentoso vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga, amico dei poveri, morto l’8 agosto a 92 anni, rileggendo con i miei visitatori il suo inno al vento dello Spirito, un aggiornamento del “Vieni Santo Spirito” che è ricco di insegnamenti vitali. Nel primo commento riporto il testo dell’inno, nel secondo riprendo la citazione di un altro suo testo che Francesco ha inserito nell’esortazione “Querida Amazonia”, nel terzo una scheda sul caro Pedro e il modo della sua sepoltura avvenuta ieri nella località di Ribeirão Cascalheira, Mato Grosso, Brasile, dov’è il Santuario dei Martiri della Caminhada.
Nella mia ricerca di storie di pandemia (questa è la sedicesima che riporto qui nel blog) ho trovato più di un ringraziamento a Dio da parte di chi ha sofferto la malattia e ne è guarito: il “grazie” più esplicito per questa “esperienza dura e pesante”, unito all’invocazione di “conservarne per sempre l’insegnamento”, è del vescovo siciliano Calogero Peri, di Caltagirone. Nei commenti la sua calda parola e qui il mio abbraccio a questo buon pastore.
Un giovane teologo laico che si è formato nello Studio teologico di Catania ed è ora dottore di ricerca a Lugano e al San Raffaele di Milano, ha pubblicato da EDB uno studio specialistico sulla “Sacramentalità dell’episcopato tra storia, teologia e liturgia” a cui ha posto il titolo provocatorio “Una Chiesa senza vescovi?”. Il libro – che ha la presentazione di Marcello Semeraro vescovo di Albano e segretario del Consiglio dei cardinali – è stato presentato ieri pomeriggio al Festival di mezza e state di Tagliacozzo: e io ero tra i presentatori. Ovvero facevo domande ai presentatori, che erano l’autore e il dottorando in teologia alla Gregoriana Antonio Allegritti, appartenente alla diocesi dei Marsi nella quale si trova Tagliacozzo. Nei commenti un brano del volume, l’indice, le mie domande ai relatori, ispirate all’intenzione di rendere la materia accessibile al pubblico di una festa di mezza estate.
Nel Vangelo di domani (Matteo 14, 22-32) abbiamo Gesù che cammina sulle acque e Pietro con lui. Un episodio leggero come una parabola a lieto fine. Un gesto lieve di Gesù, fantasioso e paradossale. Fuori da ogni ordinarietà. Nella fantasia del divino. Si potrebbero scegliere molti fuochi di lettura: io prendo il momento in cui Pietro riesce anche lui per un attimo a camminare sulle acque. Prima riporto il brano e poi accendo una lucetta interpretativa.
Il presidente Trump ancora e sempre corre in aiuto dell’onnipotenza divina sperando che questa suo soccorso l’aiuti, di rimbalzo, a vincere le elezioni. Se Joe Biden venisse eletto alla Casa Bianca, la sua elezione, ha detto l’altro ieri a Cleveland, in Ohio, “ferirebbe la Bibbia, farebbe male a Dio”. Infatti Biden – ha finemente argomentato – “è contro Dio, è contro le pistole, è contro l’energia, il nostro tipo di energia”. E’ così chiaro infatti che Dio vuole le pistole. Nel primo commento richiamo l’inveterato convincimento dei mammalucchi cristiani che il soccorso portato a Dio giovi nei sondaggi.
Capita – non tanto in Italia ma nel vasto mondo – che un parroco versando acqua sulla testolina del bimbo non dica “io ti battezzo” ma “noi ti battezziamo” e lo farà magari per coinvolgere nel rito la comunità: ma non può farlo – sentenzia la Congregazione vaticana per la Dottrina della fede – e quel battesimo non sarà valido e quel bimbo dovrà essere ribattezzato con le giuste parole che sono da sempre comandate. – E’ l’attacco didascalico di un mio articolo pubblicato oggi dal Corsera, che riporto per intero nei commenti.
“Ho visto la morte e mi sono sentito fonte del male” dice parole forti don Claudio Rubagotti, prete di Cremona, che ha fatto l’esperienza della terapia intensiva. Nei commenti riporto sue parole prese da un’intervista. Vi sono anche critiche alle decisioni del governo e dei vescovi. E’ la quindicesima storia di pandemia che racconto nel blog: per vedere le precedenti vai al quarto commento del post del 2 agosto.
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