Mese: <span>Agosto 2012</span>

“Volevo darle il mio abbraccio di fratello” disse il cardinale Carlo Maria Martini incontrandomi nel 1990 dopo un grave lutto. Gli ricambio quell’abbraccio di fratello ora che si allontana da noi, richiamando una delle sue parole che mi sono state di aiuto di fronte al pensiero della morte: “Per la paura della morte non vi sono rimedi facili (…). Se non ci affidiamo a Dio come bambini, lasciando a Lui di provvedere al nostro avvenire, non arriveremo mai a fare quel gesto di totale abbandono di sé, che costituisce la sostanza della fede“. Vedo qui il contesto di quelle parole. Sto scrivendo su Martini sia per LIBERAL sia per il CORSERA. Domani linkerò i due testi.

Ecco i due link:
LIBERAL: I tre segreti della sua predicazione
CORRIERE DELLA SERA: Così parlò ai cardinali nel preconclave del 2005

Tutti i profeti, da Mosé a Gesù fino a Maometto, hanno sempre predicato e messo in pratica il perdono“: parole di Izzledin Abuelaish, medico palestinese che ha avuto tre figlie e una nipote uccise da un tank israeliano a Gaza ed è autore del volume “Non odierò” (Piemme 2011). Ha detto quelle parole il 23 agosto al Meeting di Rimini e a esse io brindo con un bicchiere di Vino Nuovo. Qui, volendo, l’intera testimonianza di Izzledin a Rimini.

Rientro a Roma da Milano passando per Siena, attirato a calamita dal “pavimento svelato” del duomo, che mai avevo visto fino a oggi. Una camminata di due ore tra sibille e profeti, cavalli e selve, città di sfondo alle battaglie. L’eleganza della sacerdotessa Ellespontica accompagnata a un leone e a una lupa che si danno la zampa. Absalon tradito dai capelli: “Il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Absalon rimase impigliata nel terebinto” (2 Samuele 18). Ho visto Absalon appeso al terebinto mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre. E Ioab il barbuto che lo trafiggeva con tre dardi. Un consiglio: se viaggiate per l’Etruria passate per Siena, il pavimento dei pavimenti resta “svelato” fino al 24 ottobre. “Divina bellezza” è il titolo che è stato dato a questa “scopertura straordinaria del pavimento a commesso marmoreo della Cattedrale di Siena”.

“Alla Grecia è stata sempre compagna assidua la povertà” leggo in Erodoto, Storie VII 120 mentre ascolto al telegiornale un frettoloso aggiornamento sulla Grecia che rischia di uscire dall’euro. E mi torna l’immagine arguta di un professore di latino e greco che ho avuto al liceo: “Poveri greci, costretti a coltivare un paese sassoso e ad accontentarsi di una manciata di spighe e di fichi secchi”.

Carrugio di Sestri. Donna alla foto lusingata e intimorita.

Lo chiamano Golfo Paradiso ma lei sfoglia Glamour di settembre che ha appena acquistato. Ha gli occhiali da sole e nulla potrebbe distrarla.

Sulla figura del corvo ho scritto per LIBERAL uno dei testi più intelligenti che mi sia capitato di leggere. Eccone l’ottimo avvio: Nella vicenda Vatileaks va esplorato uno strato più profondo oltre il primo simbolico e favolistico al quale si appassionano i più e che mette in scena il corvo Gabriele che canta e la volpe Nuzzi che afferra il “pezzo di carne” che il cantore lascia cadere. Dietro le quinte di quest’opera buffa c’è la vicenda drammatica di un buon uomo – Paolo Gabriele – che non sopporta il “sistema” di potere vaticano nel quale stranamente si trova inserito e immagina di poterlo scuotere con lo “shock mediatico” della fuga dei documenti. Convinto della necessità che nella Chiesa si debba “far luce su ogni fatto”, quest’uomo – nella sua forse provvida modestia – si fa dichiarato imitatore di una figura tragica del Vaticano recente che è Renato Dardozzi (1922-2003), il quale per una vita raccolse documenti scottanti e ne lasciò una valigia agli eredi perché li pubblicassero. E furono pubblicati – guarda casa – da Gianluigi Nuzzi, lo stesso giornalista al quale si è rivolto Paolo Gabriele che aveva avuto una buona “impressione” di quel primo volume rivelatore. E’ questo il più profondo da chiarire nell’oscura vicenda. Occorre far luce sul filo rosso che collega il mirato lascito testamentario di Dardozzi alla confusionaria iniziativa di Paolo Gabriele: segnalo questa pista maestra ai colleghi giornalisti capaci di indagine, agli storici e anche, per il poco che li può interessare, agli inquirenti vaticaniContinua a leggere.

Giovanna Vicenzi e Gian Battista Melini già da fidanzati decidono di farsi genitori adottivi di Enrico, un bimbo affetto da tetraplegia mista cerebropatica; confermano quella decisione da sposi e la rinnovano con entusiasmo nel luglio del 2012 con questa conversazione al compimento del trentesimo anniversario di quello che chiamano “un provvidenziale incontro”. E’ il promozionale cappello di una forte storia che ho appena inserito nella pagina CERCO FATTI DI VANGELO, capitolo 12 “Madri e padri di vocazione”, con il titolo Enrico è per noi un angelo con una sua missione.

“Si chiamerà Giovanni” dice raggiante la ragazza con il pancione. Ci trovo un sacco di significati.

Sono stato oggi a Barbagelata, comune di Lorsica, entroterra di Chiavari, dove ho animato una giornata del Campo interparrocchiale dell’intera Val Fontanabuona, sul tema “Chiesa e mondo a mezzo secolo dal Concilio”. Mi raccontano delle case bruciate dai tedeschi e durante una pausa cammino e leggo: “Barbagelata caposaldo di ribelli distrutta dal fuoco nell’agosto del 1944 per mano dei nazifascisti. Anche da quel rogo nacque la libertà”. Siamo qui a 1115 metri e si vede giù in basso la falce del golfo del Tigullio, dov’è Sestri Levante e dove sono ora in vacanza. Chiedo l’origine del nome Barbagelata, non me la sanno dire. Li invito a inventare e non si fanno pregare: “Nel tempo antico qui avevano tutti delle gran barbe e bevendo alle fonti le bagnavano e d’inverno gelavano”. Montanari con la vocazione del giornalismo. Ma attenti e pieni di domande e grati dell’incontro. Grato io di averli conosciuti.