Mese: <span>Settembre 2012</span>

Ieri è stato proclamato “beato” ad Acireale Gabriele Maria Allegra (1907-1976): frate minore francescano, missionario in Cina, dedicò trent’anni della sua vita a tradurre in cinese l’intera Bibbia. Lo amo per questa impresa straordinaria e – ancor più – per aver chiesto ai confratelli di cantare il Magnificat al momento della sua morte. Il Magnificat gliel’hanno cantato anche ieri, in piazza Duomo, a ricordo di quel desiderio rivelatore. Così nel 1975 ebbe a commentare la sua impresa di traduttore: “Nei primi anni delle mia vita in Cina rimanevo sorpreso nel vedere i fedeli protestanti, che si recavano al loro Divine Service portando seco la Bibbia. I cattolici avevano invece il libro di preghiere e la corona del Rosario. Ora la situazione è completamente rovesciata. Abbiamo la versione della Bibbia stampata in due formati diversi; abbiamo tre edizioni diverse del Nuovo testamento, abbiamo una edizione dei quattro Vangeli ristampata diverse volte a decine di migliaia”.

Sono a Rimini per il Festival Francescano, come già dicevo nei commenti al posto di ieri. Il Festival ha il titolo Femminile, plurale e intende festeggiare l’ottavo centenario del taglio dei capelli di Chiara di Assisi (avvenne la Domenica delle Palme del 1211 o 1212), che è così narrato nella Leggenda di Santa Chiara Vergine, anonima, generalmente datata al 1256, a un anno dalla canonizzazione di Chiara: “Era prossima la solennità delle Palme, quando la fanciulla con cuore ardente si reca dall’uomo di Dio, per chiedergli che cosa debba fare e come, ora che intende cambiare vita. Il padre Francesco le ordina che il giorno della festa, adorna ed elegante, vada a prendere la palma in mezzo alla folla, e la notte seguente, uscendo dall’accampamento, converta la gioia mondana nel pianto della passione del Signore. Venuta dunque la domenica, la fanciulla entra in chiesa con le altre, radiosa di splendore festivo tra il gruppo delle nobildonne (…). La notte seguente attua la desiderata fuga, in degna compagnia (…). Abbandonati, dunque, casa, città e parenti, si affrettò verso Santa Maria della Porziuncola, dove i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, accolsero la vergine Chiara con torce accese. Lì subito, rinnegate le sozzure di Babilonia, consegnò al mondo il libello del ripudio; lì, lasciando cadere i suoi capelli per mani dei frati, depose per sempre i variegati ornamenti“. – E ciò vi basti.

Non ho scelto ancora per chi votare ma dico che mi piace la sfida di Renzi a Bersani: finalmente torna la vera politica, che è confronto reale, accettazione del rischio, scommessa senza rete sulle idee e sulle persone. Per la prima volta abbiamo delle vere primarie in casa pd e il merito è di Renzi che le ha provocate e un poco anche di Bersani che le sta accettando. “E’ un battesimo del Pd”, ha detto ieri Bersani: “Potremo dire che nel momento più basso della politica avremo avuto la generosità di guardare negli occhi qualche milioni di elettori”. Per come avevo partecipato alle precedenti primarie a risultato assicurato, cercando di aiutare i perdenti, vedi i post Andrò a votare Franceschini, Andrò a votare per Rosy Bindi.

Chi uccide sia messo a morte” affermava già il Codice di Hammurabi e quel principio l’afferma ancora il Codice dell’Autorità palestinese ma Egidia Arrigoni ha chiesto clemenza per gli uccisori del figlio Vittorio (avvenuta a Gaza nel 2011) che sono stati condannati all’ergastolo invece che fucilati. “Non aggiungete morte a morte” ha detto con semplicità rovesciando la sentenza delle antiche tavole. – E’ un mio ammirato SPILLO pubblicato domenica dal supplemento del Corsera LA LETTURA a pagina 5 con il titolo DA HAMMURABI AD HAMAS. Chi abbia voglia di pungicarsi con i miei minimi spilli veda alla voce Due parole in croce della pagina ARTICOLI DEL CORRIERE DELLA SERA elencata sotto la mia foto. – Qui parlammo a lungo di Vittorio Arrigoni e del suo motto Restiamo umani.

Vado a Recanati dai parenti e vedo la mostra Giacomo dei libri. La Biblioteca Leopardi come spazio delle idee: ricorda il bicentenario dell’apertura “filiis amicis civibus” [ai figli agli amici ai cittadini] delle tre sale rivestite di 14 mila volumi (oggi sono 25 mila) che Monaldo, il padre di Giacomo, aveva raccolto negli anni del tornado napoleonico che “fu tempo felicissimo per l’acquisto di libri – come narra nelle Memorie – perché se ne misero in commercio una massa immensa spettante non solo ai conventi soppressi, ma alli cardinali, prelati avvocati e gente di ogni classe che sloggiò in folla da Roma”. Esco dalla mostra – che è nel frantoio di Casa Leopardi e vi resterà fino a tutto il 2013 – con due doni di parole, uno di Monaldo e l’altro di Giacomo, che trasmetto ai visitatori nei primi commenti a questo post e che attestano l’ottimo italiano che qua circolava prima dell’unità d’Italia, tanto per prolungare una mia ciarla con quel burlone di Umberto Bossi che sostiene che la lingua italiana l’ha inventata Alessandro Manzoni “un grande traditore, una canaglia” riscrivendo il suo romanzo in “dialetto fiorentino”.

Giancarlo Bossi, il missionario del Pime rapito nel 2007 nell’isola di Mindanao (Filippine), è morto sabato nella clinica Humanitas di Rozzano sul Naviglio (Milano) per tumore ai polmoni: aveva 62 anni. Gli avevo parlato al telefono dopo la liberazione e l’avevo poi incontrato a Loreto all’inizio del settembre 2007. La sua semplicità – non attribuiva nessuna importanza al suo sequestro e al suo comportamento rigorosamente evangelico – mi aveva suggerito il titolo del testo teatrale che gli avevo dedicato nell’agosto di quell’anno distribuendolo in 12 puntate del blog: Parabola del missionario burlone e dei sequestratori. «Durante i 40 giorni del mio deserto nella foresta – disse a Loreto davanti a 300mila giovani –  mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio». E’ stato 32 anni nelle Filippine. Io pregavo ma anche loro pregavano è il titolo di un post che gli avevo dedicato a commento della liberazione.


			

«Sono giorni molto amari per tutta la politica e in particolare per il centrodestra. Ci sono immagini bruttissime, titoli sui giornali… C’è una sorta di separazione incredibile tra la politica e il Paese… Credo ci voglia un azzeramento totale all’interno del centrodestra»: così oggi nel suo blog il sindaco di Roma Alemanno. Quando uno parla con questa chiarezza del proprio schieramento forse merita di essere ascoltato. Lo dico anche per Renzi il rottamatore. C’è asfissia nella nostra politica, corruzione e asfissia, proviamo a prendere sul serio quelli che se ne accorgono.

Passavo per caso per la via In Miranda e ho visto come vengono trattate le antiche colonne del Foro della Pace, anzi i rocchi e le ruzzole superstiti di quel Foro, in granito e marmo africano, una quarantina, allineate a terra lungo una parete dello scavo. In questi giorni le sistemano in orizzontale su basi di cemento nell’area centrale del Foro, detto anche Templum Pacis, Tempio della Pace. Le mettono in bell’ordine a evocare l’antica gloria della pietra per la quale andò famoso questo spazio oggi in gran parte sepolto sotto la Via dei Fori. Ecco uno spezzone di colonna sollevato da una gru gigante, la più alta che io abbia visto mai a tirar su palazzi. Lo porta con delicata lentezza, per cinquanta metri, verso la base predisposta dai muratori guidati da un’archeologa con una cartella in mano tipo presentatore televisivo. Il capocantiere accompagna la colonna nel suo rischioso viaggio tenendole una mano sulla groppa come a un animale. “Quanto pesa” chiedo al manovratore della gru appollaiato su un trespolo a vertigine. Debbo rigridare la domanda con una mano alla bocca. “Quello che sta attaccato?” mi fa: “Settanta quintali”. Penso ai duemila schiavi e duecento paia di buoi che avranno sudato per 24 mesi l’alzamento dell’immenso colonnato, tra il 74 e il 75 della nostra era.

Vorrei mandare un messaggio di speranza a chi scopre di essere malato all’improvviso. Io sono sempre stato bene, quindi scoprire di avere la leucemia è stato un tuffo al cuore: so cosa si passa e vorrei dimostrare che è possibile continuare a vivere felici, anche mentre si combatte“: così ha parlato Luigi Laraia [37 anni, nato a Potenza e cresciuto a Bologna, lavora a Washington] partendo il 26 luglio da Washington in bicicletta. E’ arrivato a Vancouver il 30 agosto traversando l’America da costa a costa, circa 7.000 chilometri in 35 giorni, a sostegno di LLS (società per la cura di linfomi e leucemia). Gli mando un abbraccio e un bicchiere di Vino Nuovo.

Sono a Torino per l’anteprima al Cinema Massimo di una puntata de LA GRANDE STORIA di Rai3 intitolata LA CHIESA NEL MONDO.50 ANNI DAL CONCILIO alla quale ho collaborato: andrà in onda il 4 ottobre alle 23.00. Il filmato termina con il saluto alla luna di Giovanni XXIII e un uomo che assiste alla proiezione dice: “Mi viene in mente ora che quegli anni sessanta che iniziarono con il saluto alla luna di Papa Giovanni conobbero poi, sul finire del decennio, nel 1969, lo sbarco dell’uomo sulla luna”. Una signora aggiunge: “La luna è donna e gli anni sessanta sono stati il decennio delle donne”.

Aggiornamento del post in data 20 settembre 2012. In questo articolo pubblicato ieri da “Avvenire” trovate qualche notizia sul filmato di cui sono coautore e anche un’idea da me detta a Torino: I 50 anni del Concilio nello sguardo della tv.